I miei pensieri

SOPRA LE DUNE

I viaggiatori esperti nell'attraversamento del deserto sanno che la dirdezione di marcia deve essere orientata sulla stabilità della volta celeste e non sull'ingannevole mutevolezza delle dune, che porterebbero inevitabilmente a sbagliare percorso.
Metaforicamente, questo basilare principio di viaggio è anche “trasportabile” nel vissuto di ogni persona alle prese con le insidie del suo cammino esistenziale.
Molti si trovano spiritualmente a malpartito proprio perché incapaci di assumere i giusti punti di riferimento: per conseguenza, si ritrovano sistematicamente fuorviati dall'alternanza di emozioni ed umani punti di vista che disegnano gli instabili profili delle “dune” della loro vita.
Anche se corrono a perdifiato, questi disorientati viaggiatori sbagliano percorso e quindi non si avvicinano alla meta... finché non trovano Chi li aiuta ad alzare lo sguardo verso il Cielo.

"Viaggio nel tuo tempo,
per te accenderò una stella polare,
e sarò l'Eco della tua preghiera"
(Swami Roberto)


OGNI GIORNO UN UCCELLO...

"Ogni giorno un uccello trovava requie sui rami secchi di un albero solitario in mezzo a una pianura desertica.
Un giorno passò proprio là una tromba d'aria che coi suoi fulmini incenerì quell'albero.
L'uccello fu costretto a volare a lungo.
Alla fine, spossato, giunse in una foresta di alberi carichi di frutti."
(Apologo popolare)

Per qualcuno... l'opportunità karmica di abbandonare l'aridità di una esistenza ormai appiattita in una “pianura desertica”... può presentarsi con i caratteri apparentemente sventurati di una tromba d'aria:
L'incenerimento dei vecchi punti di riferimento obbliga a volare a lungo... e così permette di scoprire l'altrimenti irraggiungibile foresta di alberi carichi di frutti.


ASTENSIONE PROIBITA

Chi più chi meno, un po' tutti nella vita possono fare esperienza di momenti in cui, scottati dagli errori commessi, ci si fa prendere dalla paura e così ci si rifugia in una pausa di riflessione, per non sbagliare di nuovo.
 A volte, però, può anche succedere che questo rimedio si riveli peggiore del danno... e ciò accade quando la pausa si prolunga fino a trasformarsi in quella sorta di “letargo” in cui scivolano coloro che si consegnano all'inerzia e all'apatia, vivacchiando ai margini della propria esistenza.
Non a caso l'indolenza è l'anestetico più immediato per ottenere appunto l'in-dolentia, ovvero l'assenza di dolore, e così molti, per evitare di fare delle scelte errate, fanno la scelta peggiore, quella di non scegliere.
In questo modo, purtroppo per loro, si negano la possibilità di frequentare le lezioni che la vita incessantemente dà anche, se non soprattutto, attraverso gli errori commessi, che possono sempre essere preziose occasioni per imparare e ravvedersi.
E' assolutamente “vitale” non dimenticare mai che il cammino spirituale non ammette astensioni e l'unica scelta sterile è proprio quella di  “non scegliere”, deplorevole caratteristica di quegli ignavi che, per dirla come Dante, sono peccatori “che mai non fur vivi”, e pertanto sono “indegni” anche dell'inferno.

"Nel mondo dell'azione ogni attività è vita, ma l'inazione è la morte.
Vi è il bene e il male, ma non c'è la via di mezzo.
Il parlare del giusto è “sì, sì; no, no” e non contempla il forse.
Gesù accoglie i peccatori e i saggi, MA RESPINGE I TIEPIDI.
Datti da fare!"
                          (Swami Roberto)



ELASTICI... E CAMALEONTI

Un po' tutti possono sperimentare quanto sia raro incontrare persone dalla mente aperta, disposte a cambiare idea di fronte ad eventi che mostrano aspetti della realtà nuovi, diversi da quanto loro pensavano in precedenza.
La libertà di cambiare idea è forza dello spirito che, nella dimensione del divenire, si evolve fino a riscoprire l'essere... in un viaggio di esperienza in esperienza che l'apertura mentale consente di percorrere fruttuosamente.
Si tratta peraltro di un percorso per nulla agevole, contrastato dai continui attacchi dell'ottusità e dell'amor proprio e disseminato di numerosi trabocchetti.
Uno di questi è il rischio di confondere l'intelligenza di cambiare idea di fronte all'evidenza... con la furbizia di cambiare idea quando opportunisticamente serve.
Infatti, con la scusa di essere “elastici” tanti sono in realtà “camaleontici”, e cambiano idea solo per motivi utilitaristici, spesso per camuffarsi meglio.
A differenza dei camaleonti-animali, per i quali la mimetizzazione è un naturale processo di auto-difesa, per i camaleonti-uomini il camuffamento è una tattica artificiosa utile ad evitare tanti fastidi tra i quali, per citarne solo qualcuno, l'essere identificati con un'idea giusta ma minoritaria, o anche l'essere chiamati a lottare per una causa equa ma impopolare.
Così, se il camaleontismo trionfa in politica, dove molti rimbalzano da una poltrona all'altra, anche nelle religioni non si scherza: sono infatti numerosissimi i paladini della morale ambiguamente elastica, all'occorrenza adattata per accontentare chi conviene.
Ovviamente l'elasticità virtuosa non ha nulla a che fare con l'opportunismo, con la demagogia o con la vigliaccheria... e si esprime unicamente a seguito di una mutata comprensione della realtà, ben lungi da qualsiasi compromesso.
Solo questa è spiritualità autentica.


DIVERSAMENTE UGUALI

Almeno dai tempi della rivoluzione francese è noto a tutti che l'uguaglianza è un principio irrinunciabile per una società umana che voglia dirsi “civile”, rispettosa degli identici diritti fondamentali di ogni persona.
A distanza di secoli è evidente che questo obiettivo è ancora ben lungi dall'essere generalmente raggiunto... viste le condizioni anche drammatiche in cui vivono le popolazioni di numerose nazioni, in varie parti del pianeta.
Invece... in quella parte di mondo “sviluppato” dove si è in effetti giunti ad elaborare sistemi legislativi fondati su principi egualitari tra tutti i cittadini... si è anche diffusa una imbrogliona "controfigura" del nobile principio dell'uguaglianza, vale a dire l'appiattimento, una subdola dottrina conformista orientata verso una civiltà di "tutti uguali" che mette al bando ogni forma di diversità.
“In varietate concordia”... “nella varietà c'è concordia” dicevano gli antichi, consci dell'importanza anche sociale di rispettare la diversità, ed è proprio questo il primo passo “rivoluzionario” da fare per imboccare la strada che porta a costruire l'uguaglianza autentica, che non è livellamento quanto invece capacità di rispettare pienamente chi è diverso da sé.
Solo partendo da questo basilare principio si può costruire una società dell'uguaglianza che sia realmente fraterna e che consenta a ciascuno di esprimere la sua singolarità spirituale, “diversamente-uguale” a quella di qualsiasi altro componente dell'unica famiglia umana.

« Chi è il prossimo?
Il prossimo non è solo colui che cerchi, o che desideri avere accanto...
È soprattutto colui che incontri senza averlo desiderato.
Il prossimo è il differente, il diverso da te, l'altro.
Riconoscerlo è donargli uno spazio vitale e far trionfare il rispetto: Il primo “spazio” di un essere umano, il principale, è nella sensibilità di un altro uomo che lo aiuta e lo rispetta.»

(Swami Roberto)


DARE... E NON CERCARE

"Qual è il senso della mia vita?"...
Questa “classica” domanda esistenziale attraversa prima o poi la mente di qualunque essere umano, e attorno ad essa ruotano le risposte e le riflessioni di religioni, filosofie ed ideologie varie.
Il quesito è così “impegnativo” e fondamentale, che tante persone non riescono purtroppo a trovarvi soluzione, mentre molte altre si trovano a doverlo riaffrontare a più riprese, perché anche le risposte che si pensavano ormai acquisite possono a volte rivelarsi insoddisfacenti, con la conseguenza che tutto viene rimesso in discussione.
Questo “terremoto” può scatenarsi anche all'interno di quella “categoria” di persone, i credenti, che grazie alla fede in Dio dovrebbero in teoria aver trovato la Soluzione per eccellenza, e che invece non di rado cadono vittima di dubbi e crisi interiori che li costringono a tornare al punto di partenza, ovvero ad interrogarsi su quale sia il senso della loro esistenza.
In realtà il problema esistenziale rischia di restare tale fintantoché non si giunge a riformulare in modo diverso la domanda chiedendosi:
"Quale senso voglio dare alla mia vita?"
Il significato dell'esistenza non è infatti “qualcosa” da cercare, bensì da dare... e la nostra esistenza assume il senso che noi, e soltanto noi, vogliamo attribuirle.
Così, la nostra vita ci mostra la pienezza del suo significato nella misura in cui vogliamo per davvero  “consacrarla” a Dio nella concretezza della nostra abnegazione e della nostra capacità di amare il prossimo.
Viceversa nessuno, neppure Dio, può farci dono di quel senso che possiamo trovare soltanto in noi stessi... senza bisogno di cercare altrove, come invece fanno quei “credenti” che si limitano ad aderire superficialmente ad un senso religioso che rimane esterno a loro, accontentandosi di “credere” di aver così trovato il senso della loro vita.

“Se la tua educazione, i tuoi valori, non ti rendono in grado di fare servizio disinteressato e di comportarti con rispetto e umiltà davanti alle persone anziane, sappi che la tua educazione è falsa, così come i tuoi valori.
È inutile che ti vanti della tua cultura, se poi sei confinato in “miseri” ideali.
Apri il tuo cuore a Dio, l'Unico che può dare un senso al tuo esistere.
Non andar fiero della bellezza, della giovinezza, della forza, della posizione sociale o della ricchezza, poiché son tutte cose destinate a svanire, e tu con esse, se in loro ti identifichi.
La vera umiltà è la pienezza del rispetto verso tutti e te stesso”.

                         Swami Roberto



AIUTARE... E FARSI AIUTARE

Di fronte alle difficoltà della vita, per un credente è normale rivolgersi a Dio per chiedere il suo aiuto, mentre può risultare molto meno normale saper chiedere, in contemporanea, anche l'aiuto del prossimo... perché farsi aiutare da qualcuno richiede sempre un piccolo, e talvolta anche grande, bagno di umiltà... che umanamente molti preferirebbero evitare.
Senonché, si trova evidentemente in contraddizione quel credente che chiede aiuto all'Onnipotente senza contemplare la possibilità che Lui risponda a tale richiesta attraverso le persone che fanno parte della sua vita, mediante le quali il Signore può in ogni momento decidere di fargli giungere il suo provvidenziale aiuto.

Questa "incongruenza" può rendersi visibile anche in chi, per esempio, sa essere virtuosamente generoso nell'aiutare gli altri, ma è poi incapace di chiedere agli altri l'aiuto di cui egli stesso ha bisogno:
In quel caso si accende un segnale d'allarme spirituale... perché la Carità è un po' come una strada a doppio senso di marcia, che è pienamente percorsa da chi sa dare e al contempo sa anche ricevere.

« Il servo di Dio è colui che accetta serenamente anche di essere il prossimo di qualcuno. Alle volte, farsi aiutare richiede più umiltà del poter aiutare.»
(Swami Roberto)



IMPUTATO INNOCENTE

L'Amore, nelle sue varie sfaccettature, è spesso oggetto di una “equazione esistenziale” che caratterizza numerose vite:
« avvicinarsi all'Amore = soffrire »...
e per molti le esperienze personalmente vissute diventano la "prova" di questa uguaglianza che, per conseguenza, porta a temere l'Amore.
Però, proprio in questa conclusione si nasconde una tremenda "fregatura" perché, quand'anche il personale vissuto dovesse confermare che avvicinarsi all'amore significa soffrire, è profondamente sbagliata la deduzione che appare “implicita”: "allora il colpevole è l'Amore".

In realtà a causare tante sofferenze non è l'Amore bensì l'egoismo, che continua a resistergli ostinatamente arroccato in difesa dei suoi spazi di opportunismo ed indifferenza.
Così, sovente il cuore umano viene lacerato non dall'Amore in sé, quanto piuttosto dalla resistenza all'Amore posta in essere dai propri personali limiti... ed è la malevola astuzia dell'ego che induce ad addossare la colpa della sofferenza al suo avversario, dipinto come il nemico.
Ne esce un inganno spesso fatale per l'Amore, imputato innocente che viene condannato all'esclusione da troppe vite... finquando la voce dell'eterna Giustizia non torna ad essere ascoltata:

« Quando si Ama non si soffre... o la sofferenza stessa è amata, perché la Carità è dono di Dio: 
L'Amore è Dio in persona.»
            (Swami Roberto)








VUOTI... E PIENI

Il fine di tanti pellegrini in marcia sulla via dello spirito è quello di tornare ad essere "Uno" in Dio, combattendo i limiti della propria umana imperfezione.
Un po' per tutti loro, la vita è una sorta di traversata oceanica battuta da frequenti tempeste e disturbata anche da una miriade di ingannevoli sirene “profane”, che complicano non poco la rotta verso il Sacro.
L'unità con Dio è poi un approdo oltremodo difficile, che è portato a buon fine solo da quanti riescono a sgombrare la propria interiorità dall'ego, che è incompatibile con la perfezione dello spirito.
E' questo il motivo per cui sovente Dio può trovare spazio in chi meno te l'aspetti, ovvero in quei “piccoli” che, nonostante gli errori, sono capaci di “svuotarsi” di egoismo... e non in quei “grandi” che restano inesorabilmente “pieni di sé”.

« Se preghi così:
"Io Ti desidero, o Dio; riempi il mio vuoto di Te", 

ricordati di cancellare "io",
e avrai totalmente Dio ».

   (Swami Roberto)








RIMPIANTO... E RIMEDIO

Nella vita di molti il passato esercita una “pressione” soffocante, legata ad una sua peculiare caratteristica: l'irrevocabilità.

Infatti, come tutti sanno, il passato non si può cambiare e neanche Dio può far sì che quanto è stato... non sia stato.
Di fronte a questa evidenza, molte persone sono prese da un senso di “irrimediabilità” che a volte si impadronisce della loro vita, opprimendola con le nuvole cupe del rammarico e del rimpianto.
In realtà questo triste scenario ruota attorno ad un grosso... e grossolano equivoco: quello di pensare che l'immodificabilità di ciò che è stato, comporti anche la sua irreparabilità sul piano spirituale.
Invece il nostro spirito, che vive nel tempo ma non è subordinato al tempo, non smarrisce mai il potere di cambiare il senso del suo esistere... ed in ogni attimo noi possiamo decidere di nobilitare la nostra vita rimediando agli errori compiuti.
Questa è la consapevolezza che fa svanire l'oppressione "imbalsamatrice" del passato, permettendo di colorare l'esistenza di serenità e di speranza.


LA MIGLIORE DIFESA...

Un pericolo a cui è esposto ogni essere umano, è costituito dagli attacchi di cattivi pensieri e basse passioni, due nemici che spesso riescono ad intaccare il suo piano interiore mettendolo in grave difficoltà.
Di solito questi attacchi hanno luogo in modo progressivo attraverso un processo che, per fare un esempio, la tradizione mistica del Cristianesimo orientale generalmente riassume in 5 fondamentali tappe:

1) la prima suggestione al male;
2) un "discorso" con la suggestione;
3) la lotta contro la tentazione;
4) il consenso al peccato;
5) la schiavitù del peccato, delle passioni.

I primi tre livelli contrassegnano il crescente turbamento della tranquillità dell'anima e della vita spirituale, mentre dal quarto comincia il vero e proprio "peccato", che esiste laddove il male viene compiuto deliberatamente, con il consenso della volontà.

Un po' tutte le dottrine spirituali insegnano che per contrastare questa deriva interiore è necessario assumere adeguate contromisure, e parole quali “vigilanza”, “sobrietà”, “purezza” ben descrivono gli atteggiamenti normalmente consigliati per difendersi dagli attacchi dei nemici sottili.

Però... non sempre viene tenuta nella giusta evidenza una verità che è possibile cogliere con una metafora calcistica: chi pensa solo a difendersi prima o poi un gol lo prende, per cui la miglior difesa... è quella di spingersi in attacco, anticipando le mosse degli avversari.
Infatti, il modo migliore per difendersi da pensieri malvagi e passioni istintive è proprio quello di "giocare d'anticipo", impegnandosi a costruire azioni di carità per il prossimo.
Così facendo si potrà sperimentare che l'amore e la solidarietà verso gli altri sono talmente coinvolgenti... da non lasciare spazio a nient'altro.

« La carità cristiana non è solo un teorico amore universale per l’umanità, ma è soprattutto culto al Signore; Lui si rende visibile in ogni persona che vi è accanto, in attesa che voi possiate esprimergli Amore. Rammentate sempre che colui che può essere ritenuto dalla società l’ultimo tra tutti gli uomini, rappresenta comunque Dio!»
       (Swami Roberto, tratto dal libro "Ascoltando il Maestro" vol.2 pag.194)



ALIBI CONVENIENTI

Oggigiorno l'iniquità è così “onnipresente” e dilagante, che i più ormai considerano la giustizia un sogno irrealizzabile, che non vale più la pena inseguire.
Un po' dappertutto, ma soprattutto nel mondo del lavoro, la slealtà e le scorrettezze sono infatti gli ingredienti indispensabili per raggiungere successo e carriera... e i pochi ingenui che cercano di “fare gli onesti” quasi sempre sono irrimediabilmente tagliati fuori.
Anche su grande scala, la disparità di diritti e di opportunità tra gli esseri umani è una piaga sociale terribile, così generalizzata e radicata da essere praticamente irrimediabile.
Infatti, la “ragionevolezza” umana ha da tempo “archiviato” la Giustizia nel settore delle utopie, e in tantissimi si sentono giustificati da questo alibi: “la giustizia nel mondo è irrealizzabile, quindi ognuno è legittimato... ad arrangiarsi come può”.
Chi si giustifica in questo modo, ignora una fondamentale realtà: la spiritualità non conosce alibi.
Così, anche se la meschinità generalizzata fa apparire i giusti come una “specie in via d'estinzione”, ogni singola persona conserva sempre e comunque l'inestinguibile responsabilità di schierarsi, o meno, dalla parte della giustizia.
La Giustizia vive realmente nell'individuale volontà di dare a ciascuno ciò che gli spetta di diritto, con equità, e nessun fattore esterno può impedire ad un animo umano di accogliere la Benedizione dell'Amore divino: “Beati quelli che sono affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati”.



I DUE CONTINENTI

Nel pianeta degli esseri umani, il continente di coloro che cercano “di più”... è molto più abitato del continente di coloro che cercano “di meglio”.
Per cercare “di più” sono sufficienti requisiti elementari: basta aver imparato ad addizionare e a moltiplicare, e l'intero universo si presenta come un'appetibile terra di conquista, dove la lista di quantità da accumulare è interminabile in quanto i numeri vanno da 0 ad infinito.
Così, ogni “di più” conquistato sarà portatore del desiderio del “di più” che manca, senza che mai questa ricerca possa avere fine.
Invece, cercare “di meglio” non è un processo matematico, e per questo risulta assai più arduo metterlo in pratica.
Ci riescono soltanto coloro che escono dalla dimensione delle infinite quantità, per entrare in quella delle indefinibili qualità...
La ricerca del “meglio” è una esplorazione intensiva che richiede l'utilizzo di una potenzialità spiritualmente eccellente: la sensibilità, ovvero la lente di ingrandimento che permette di osservare la realtà in “alta definizione”.
Solo così ci si può avviare a cogliere l'essenza più profonda del vivere, senza perdersi nella rincorsa di obiettivi quantitativi, destinati a sfuggire sempre.


MIRA...GGI e MIRA...COLI

Miraggi e miracoli sono due parole che hanno un significato ben differente.
Eppure, quasi in ossequio alla radice etimologica comune, tanti oggi le parificano pensando che i miracoli... siano in realtà dei miraggi.
Se per gli atei non può che essere così, in altri casi questa equiparazione è molto meno comprensibile: mi riferisco ai tanti cosiddetti “credenti” che considerano i miracoli come “roba da sognatori”.
Ora... assodato che avere fede non significa essere dei creduloni, che fede può mai essere quella che pone dei limiti all'Onnipotenza Divina? Sicuramente una “fede” paradossale, che peraltro ha un potere realissimo nella vita di tante persone: quello di trasformare i possibili miracoli... in miraggi!
Precludere ogni spazio all'intervento del Soprannaturale significa infatti inibire l'Amore provvidenziale di Dio, che non obbliga nessuno a chiamarLo in causa.
Pertanto, coloro che non credono nel miracolo non devono fare nessuna fatica per dimostrare di “aver ragione”: Dio li accontenta subito, fino a “mimetizzarsi” per non essere invadente... ovvero per rispettare divinamente anche l'umano “diritto” all'incredulità.


LA TRIBU' DELLE BRACCIA CASCANTI

Del mio primo viaggio in aereo ricordo l'emozione del "debutto" e la nuova esperienza di sfrecciare nel cielo a 500 e più km/h provando la sensazione di essere fermo nel vedere ferme tutte le persone e le cose intorno a me.
Poi, gettato uno sguardo fuori dall'oblò in fase di atterraggio, la sensazione veritiera della velocità con cui ci stavamo avvicinando all'aeroporto.
Non credo che quanto vi sto raccontando possa sembrarvi di particolare interesse, ma io ve ne parlo perché questa comunissima esperienza mi fa oggi pensare a qualcos'altro, che succede su grande scala e che ricalca un po' lo stesso meccanismo.
Anche nella società umana, quando tutto si muove nella stessa direzione... apparentemente tutto resta fermo, come all'interno di un aereo, fintantoché all'esterno non diventa visibile un qualsiasi punto fermo, che richiama alla realtà.
Così, per esempio, può accadere che tanti, o anche tutti, “corrano” a grande velocità nella direzione della superficialità e dell'opportunismo provando però la sensazione di non muoversi affatto... fintantoché “qualcuno” decide di non conformarsi e, uscendo all'esterno del gruppo, costituisce quel punto fermo che fa rilevare agli altri la direzione in cui si stanno muovendo.
Tantissimi di coloro a cui “cascano le braccia” di fronte al mondo che va a rotoli, si guardano bene dal diventare quel “qualcuno” che qualsiasi persona può essere.
Per quanto mi riguarda... oltre 15 anni fa ho deciso di uscire dalla "tribù delle braccia cascanti", e mi sono consacrato Ramia di Anima Universale.


SIA FATTA LA TUA VOLONTA'

Padre Nostro che sei nei cieli, sia fatta la tua volontà”.
Quale bene potrebbe mai realizzarsi per l'essere umano, al di fuori della Volontà di Dio?
Invece, nelle sue infinite espressioni la preghiera di innumerevoli fedeli è molto lontana da questa “elementare” consapevolezza, per essere fittamente intrecciata con una miriade di complicate e limitate aspirazioni frutto dell'umana volontà.
Troppo spesso prevale questa parziale interpretazione di ciò che si pensa sia bene... ma che in realtà potrebbe anche non esserlo.
Infatti, chi può essere certo che una soggettiva aspirazione coincida con il Volere di Dio, nel quale è contenuto il sommo Bene di ciascuno?
In fondo, la preghiera più bella è custodita in quella poche, semplici parole con le quali inizia il "Padre Nostro", che conosciamo da quando eravamo piccoli.
Però, bisogna essere proprio “grandi” per riuscire a viverLe con pienezza... immuni dal fatalismo e rincuorati da una confidente serenità.


PADRONI SENZ'ANIMA

E' evidente per tutti che il mondo animato, di cui fanno parte gli esseri viventi, è ben distinto dal mondo inanimato, formato dalle “creazioni” dell'essere umano che manipola gli elementi della natura per produrre un'infinità di cose materiali utili ai suoi scopi.
L'essere umano è un “creatore” di oggetti che, paradossalmente, spesso si  fa prigioniero della sue creazioni, come accade a quanti “ci mettono l'anima” in ciò che è inanimato, e dedicano in toto se stessi al mondo anziché a Dio. Gli oggetti cominciano allora a comandare questi loro “animatori”, ovvero tengono in scacco chi si fa prendere dalla paura e dall'angoscia di non possedere abbastanza o di perdere ciò che possiede.
In questa trappola cadono molti che si lasciano irretire fino a barattare la propria eterna dignità divina con ciò che è destinato a finire...

“L'oggetto in sé è morto e quindi non fa figli, non pensa, non si preoccupa di qualcuno che soffre, non ama... come fate o come potreste fare voi! Usate allora gli oggetti che vi circondano, usate il vostro lavoro, usate il denaro essendone voi i padroni, smettendo di essere schiavi di infinite paure.
Tutta la forza che si è dedicata al mondo prima o poi finisce nella tomba... mentre non finisce nella tomba la carità, la gratitudine, l'amore per il Signore, Dio della Vita, e per il prossimo”.
            (Swami Roberto)


LA PROVA DI DUE GRANDEZZE

Di tutte le cose che si potrebbero dire sul valore sommo della libertà di cui l'essere umano dispone, oggi penso ad un aspetto fondamentale: il nostro libero arbitrio è... come dice Swami Roberto... “la prova che Dio ci tratta alla pari”.
Infatti l'Amore Divino ci lascia sempre assolutamente liberi, nel perfetto rispetto della nostra dignità spirituale eterna... e la libertà di cui disponiamo costituisce la prova di una duplice immensità:
la grandezza dell'Eterno Padre, che non è mai "padre-padrone"... e la nostra grandezza spirituale.
Fossimo inferiori a Lui, Dio sarebbe scriteriato a concederci questa assoluta libertà, e sarebbe anche menefreghista nel non intervenire per impedire agli uomini di essere autori del male che purtroppo devasta la terra.
"Voi siete dei", disse Gesù... ed infatti Dio, che non è un “onnipotente-dittatore”, ci tratta come suoi pari.
D'altronde, l'onnipotenza di un padre-despota non sarebbe vera grandezza, bensì il limite di un essere costretto a comandare per esercitare il potere coercitivo di colui che vuole farsi obbedire con la forza.
Invece, il Misericordioso ci ama rispettando perfettamente la nostra libertà, sulla quale Lui esercita l'Autorità propria della Grandezza autentica, che non ha bisogno di comandare per farsi seguire.
Così, tutto dipende sempre dalla nostra libera volontà al punto che... e qui ricordo un altro pensiero di Swami Roberto... è come se in ogni istante Dio ci dicesse: “offri la tua libertà, affinché Io sia Uno in te, e tu Uno in me”.
La nostra libertà è la costante prova della grandezza dell'Amore divino, inalterato ed inalterabile anche di fronte all'assurdità di un uomo che è capace di distruggersi con le sue stesse mani.
Sì... la libertà nelle mani dell'uomo può essere “croce o delizia”... ma in essa Dio ha scolpito l'inalienabile rispetto dovuto alla grandezza spirituale di ogni persona, che resta perennemente libera di risollevarsi da ogni grettezza per scegliere finalmente la Luce, facendosi abbracciare dal Padre.


FIORI RARI

Pensate ad un rigoglioso giardino botanico, con una grande varietà di fiori, uno diverso dall'altro.
Poi pensate alla figura di un sapiente giardiniere che con amorevole cura annaffia ogni singolo fiore nella giusta misura, diversa caso per caso, evitando così che ci siano fiori che marciscono per la troppo acqua... ed altri che ne patiscono la mancanza.
Solo grazie all'occhio sapiente del giardiniere l'intero giardino può crescere florido, donando i profumi ed i colori più belli in un equilibrio armonioso che poggia sul rispetto della diversità.
Se ora, metaforicamente, “vestite” di questa immagine la società degli umani e pensate che ogni persona è un po' come uno di questi differenti fiori, ciascuno con esigenze diverse... allora potete “vedere” Dio come un perfetto giardiniere di anime, che si prende cura singolarmente e specialmente di ciascuno di noi.
L'Eterno Padre ci ama perfettamente, ma in un modo differente caso per caso, perché ogni essere umano è unico ed irripetibile ed è proprio la nostra individuale peculiarità a richiedere un “trattamento personalizzato”.
Senonché... sono molti i credenti che disconoscono la sapienza del sommo Giardiniere, e Lo accusano di favorire alcuni e di svantaggiare altri.
Così... diventano un po' come dei bellissimi "fiori rari” coloro che sono capaci di riconoscere ed accogliere con gratitudine il perfetto Amore di Dio.


pianetiI DUE PIANETI

"Affrontare i problemi"
oppure "evadere dai problemi" sono due approcci antitetici che distinguono le persone che praticano la spiritualità... da quelle che credono di farlo.
Il "mondo" di chi intende la spiritualità come un'opportunità per fuggire dai problemi è assai popolato. Qui abitano quanti mirano a raggiungere il "benessere" interiore utilizzando il sistema più immediato: allontanarsi dai fastidi dell'esistenza girando il proprio sguardo altrove.
In sostanza questo è l'atteggiamento di chi considera la spiritualità alla stregua di un diversivo, e così cerca e pratica quella fede-evasiva che gli permette di vivere in una realtà "ovattata"... in una sorta di dimensione parallela costituita fra l'altro da pellegrinaggi-viaggi verso santuari suggestivi perché esotici... da percorsi iniziatici affascinanti perché strani... da svariate tecniche interessanti perché di moda.

Invece... nel "mondo reale" abitano coloro che intendono la Spiritualità come un mezzo per maturare nella capacità di affrontare i problemi della vita.
Qui vive chi lotta per rivoluzionare se stesso... per essere protagonista attivo nella società... per diventare un "guerriero" di amore e di speranza, sempre disponibile ad andare incontro al prossimo.

E' questo il pianeta della Spiritualità con la esse maiuscola che impedisce di chiudersi in se stessi e obbliga ad aprirsi al mondo... ma al contempo proietta ciascuno dentro di sé, permettendogli di conoscersi fino in fondo.
Solo gli abitanti di questo pianeta riescono ad incontrarsi con la loro autentica coscienza, che non molla mai e si fa sentire sempre, per spronarli ad essere veri come lo è lei... trasparente di Luce Divina.
Qui si trova la spiritualità che fa fare cose più grandi di se stessi.



VASI COMUNICANTI

Uno “stile” di vita che raccoglie numerosi proseliti è quello che si ispira ad un concetto ben noto ai costruttori nautici: creando dei “compartimenti stagni” la barca non affonda anche in presenza di qualche falla.
Mettendo in pratica un principio analogo, molte persone dividono la loro vita in settori rigorosamente separati gli uni dagli altri, per “galleggiare” meglio.
Così, tanti creano una separazione tra i diversi aspetti del vivere, e per esempio distinguono ciò per cui vale la pena “impegnarsi” eticamente, e ciò in cui “ci si può lasciare andare un po'” senza pregiudicare la propria auto-stima morale.
Solo che... non si può essere onesti in famiglia, e disonesti nel lavoro... né si può essere responsabili nella vita privata, e irresponsabili nella vita sociale... perché ciascuno di noi è un tutt'uno indivisibile, e i diversi ambiti della nostra esistenza sono dei vasi comunicanti... in continua correlazione.

« Pensieri puri, parole vere e azioni rette siano seriamente
il tuo programma di vita.
Sii Uno con la Coerenza della Verità e dell'Amore, e
otterrai la liberazione da ogni Karma:
La liberazione dal ciclo delle nascite e delle morti, per essere Uno con Dio. 

L'Amore sia sempre con te.»
   (Swami Roberto)



FEDE... MA NON PAUROSA

Com'è risaputo, negli esseri umani la percezione del pericolo e quindi la paura fungono da “attivatori” di tutta una serie di reazioni istintive che determinano straordinari ed anche inconsapevoli comportamenti di autodifesa.
Più grande è il pericolo... e più forte è la reazione immediata volta ad evitarlo, a salvaguardia della propria incolumità.
Si tratta di un meccanismo "automatico" così efficace, che c'è pure chi ha pensato di servirsene per infimi scopi, ingigantendo spauracchi di ogni tipo per influenzare i comportamenti di altri esseri umani.
Anche l'individuale esperienza religiosa può finire in questo vortice, ed infatti non sono poche le Chiese che ottengono seguaci con un sistema collaudato: minacciando punizioni divine e prospettando terrificanti luoghi di dannazione eterna, si possono accogliere frotte di fedeli che, di fronte al pericolo, scappano a gambe levate nella direzione opposta, cercando rifugio in una fede salvifica che è fondamentalmente figlia del terrore.
Ma che fede può mai essere quella che nasce dalla paura? E l'amore... si può forse amare qualcuno per paura?
Evidentemente no. Eppure, è proprio su queste basi che tantissimi costruiscono il loro rapporto con Dio.


UNA DIFFERENZA... CHE FA LA DIFFERENZA

Nell'odierna società multiculturale un tema "di attualità" è quello della difesa della personale identità di fede.
Al riguardo, la preoccupazione principale di alcune Chiese è quella di insegnare ai propri fedeli a prendere le distanze dai credenti delle altre confessioni religiose, secondo il principio che per difendere la propria identità è necessario rimarcare la linea di "separazione" da quanti hanno una fede diversa.
Certo... coltivare e custodire la propria identità religiosa è un principio importante e condivisibile, ma l'attuarlo mediante una campagna di “separazione” presuppone un'equazione di partenza profondamente sbagliata, che mette sullo stesso piano  “separare”“distinguere”
Tra queste due parole apparentemente simili, esiste una differenza... che fa la differenza.
Separare significa dividere... laddove distinguere significa invece discernere al fine di riconoscere le differenziazioni.

Le istituzioni religiose che si preoccupano esclusivamente di separare, dimostrano di avere una opinione molto bassa dei propri fedeli: poiché li reputano incapaci di distinguere, impediscono loro ogni forma di dialogo religioso per paura che si confondano. Per conseguenza crescono i muri, le divisioni e le contrapposizioni.

In realtà... chi è autenticamente padrone della propria identità religiosa, e segue con consapevolezza e coerenza il proprio peculiare cammino spirituale... non può avere paura di dialogare con un fedele di un'altra religione, e neanche eventualmente di tenerlo per mano pregando insieme l'unico Dio, pur se chiamato in modo diverso.
Infatti, chi sa discernere è capace di distinguere... per cui, non correndo il rischio di confondere, non ha neppure bisogno di separare.
Ecco perché il messaggio cristiano di Anima Universale porta sempre a cercare il dialogo sulla base di ciò che unisce... al fine di costruire la fratellanza autentica, che nasce dal rispetto della diversità.

« Chi ha rispetto per tutte le religioni afferma:
IO CREDO in Dio,
Padre e Madre
di tutte le genti.
IO CREDO nella fratellanza,
al di là di ogni razza, credo e cultura.
IO CREDO nell'Amore,
il comun denominatore che unisce in Sé
tutti gli esseri viventi.
»

       (Swami Roberto)



LIBERTA'...
DA CONQUISTARE


Nell'espressione della propria individuale libertà, l'essere umano utilizza tre facoltà unite tra di loro in un rapporto "fraterno":
Il "fratello maggiore" è il pensiero, che precede le "sorelle gemelle" parola ed azione... visto che "di solito"emsmile ... gli esseri umani pensano, prima di parlare e di agire.
Ci sono però tanti casi nei quali la parola e l'azione vorrebbero sovvertire l'ordine costituito, e non si preoccupano poi tanto di quel che pensa... il pensiero.
Infatti per molte persone la sola priorità è quella di poter dire e fare quello che vogliono... appagando in questo modo il loro bisogno di una libertà senza limiti.
Senonché... se si aspira unicamente a sentirsi liberi di parlare e di fare come meglio si crede... si rischia di dimenticarsi di pretendere anche la libertà “primogenita”, quella del pensiero.

GuinzaglioProprio questo è ciò che accade a quanti cadono in un equivoco di fondo... ovvero quello di credere di essere intellettualmente liberi "per diritto acquisito"... quando invece la libertà di pensiero va cercata e poi conservata con un lavoro che richiede un impegno continuo, volto a difenderla da vari nemici: l'informazione manipolata, la morale pre-confezionata, l'opportunismo lusingatore... e molto altro ancora.

E' su questo piano che ciascuno è chiamato a giocare la partita più importante a difesa della propria dignità spirituale, perché senza la reale libertà di pensiero, le due sorelle più piccole sono libere un po' come un cagnolino tenuto al guinzaglio.
 



GREGGI... E MASSE

A seguito di una delle più celebri definizioni che Gesù dette di Sé stesso... “Io sono il buon pastore” (Gv 10,11)... nella tradizione cristiana è normalmente usato anche il termine “gregge" per definire l'insieme di fedeli al seguito... appunto... del loro pastore.
Senonché, un rischio che incombe sui fedeli di qualsiasi Chiesa, è quello di essere più inclini a fare da massa, piuttosto che da gregge... e quale enorme differenza esiste tra i “pecoroni” della massa... e le "pecore" del gregge!
I primi costituiscono il "magma" indistinto che i sacerdoti-demagoghi manovrano secondo logiche "quantitative"...
Le seconde formano invece quel gruppo di fedeli che cercano il pastore che li sappia guidare chiamandoli “per nome” (Gv 10,3)...  e dunque seguono Colui che si prende cura della loro singola individualità, fungendo così da “porta” (Gv 10,9) aperta verso la loro salvezza.
Ma è questa una differenza... tra la massa e il gregge... che può anche apparire una insignificante inezia, a quanti amano la rassicurante strada del "così fan tutti".
Questi fedeli “di massa” non potranno che trovare ostico comprendere... per davvero... questa frase di Swami, che mette in guardia dal rischio della "fede da pecoroni":

« Gli insegnamenti spirituali non devono essere accettati ciecamente in nome della fede, ma vagliati alla luce della ragione.
Fede e ragione insieme!
Sono queste le ali della vostra elevazione spirituale.
Interrogarsi, riflettere, confrontarsi, approfondire, insomma usare il dono dell'intelletto, non sono optional. »

      
(Swami Roberto)




FEDE... E NON PAURA

Anche se la Fede e la paura non sono tra loro conciliabili, nella vita di molti credenti può accadere che proprio la paura reciti un ruolo di primo piano... magari accompagnandosi ad una fede "timorosa"... oppure diventando una sorta di “pro-memoria” per coloro che si ricordano di rivolgersi a Dio soltanto quando sono “impauriti” a causa di un particolare problema.
In realtà, la Fede è ben altro rispetto ad una occasionale reazione dettata da fattori contingenti, e quei credenti che si accontentano di farla convivere con la paura dimostrano di non averla ancora fondata su quella "roccia" che possono trovare soltanto dentro se stessi.
Per esempio, questo è il caso di chi si limita a credere sulla base di ciò che altri raccontano di Dio... di chi aderisce soltanto per abitudine al credo proposto dalla cultura religiosa alla quale appartiene... di chi accetta passivamente i dogmi imposti dall'istituzione ecclesiastica...
In questi e altri casi simili, viene purtroppo a mancare l'esperienza diretta di Dio e, per conseguenza, viene a mancare anche quella stabilità che è compagna inseparabile della fede veritiera.

Infatti, è soltanto cercando e trovando Dio dentro di sé, che è possibile rendere salda la propria fede, altrimenti... è come se qualcuno cercasse di farsi raccontare il profumo di un fiore annusato da qualcun altro: anche se quest'ultimo usasse le parole più appropriate per descrivere la sua esperienza, chi lo ascolta non potrebbe mai “gustare” pienamente quel profumo, perché soltanto il suo olfatto potrebbe farglielo realmente conoscere.
Allo stesso modo, non si può pensare di rendere incrollabile la dimensione della propria fede, se non si decide di superare la condizione del “fedele religioso” che si limita a conoscere Dio attraverso le parole e le esperienze degli altri.

La strada per uscire da questo vicolo cieco, scacciando la paura e liberando finalmente la Fede, è quella di cercare una relazione consapevole con Dio, quale indispensabile fondamento di una Fede certa.
Questa strada io la trovai tanti anni fa, quando la via spirituale del Cristianesimo ramirico mi permise di allontanarmi dai palliativi della fede paurosa ed opportunista.








ORIGINALE... E SOSIA

Nella vita di tutti i giorni può capitare di incontrare due “figure” così somiglianti, da non riuscire quasi a distinguere l'originale... dalla copia contraffatta.
Mi riferisco alla convinzione... e all'ostinazione... entrambe inquiline dello sterminato universo degli umani pensieri.
La convinzione è ancella del Sé che vuole essere discepolo leale del Vero, ed è anche disposta a mettersi in discussione pur di seguirlo...
mentre l'ostinazione è schiava dell'ego, che pensa di essere già padrone della Verità e quindi non accetta di essere contraddetto, né tanto-meno si “abbassa” a ripensamenti.
In ambito religioso c'è una triste sproporzione tra la penuria di fedeli animati da salde convinzioni... e l'abbondanza di integralisti arroccati su incrollabili ostinazioni.
D'altronde, i molti che sostengono che la propria religione è fondata da Dio, ed è l'unica religione vera e giusta, si immettono in un vicolo cieco: per non essere costretti a rimangiarsi questo “lignaggio” esclusivo, sono obbligati a difendere a spada tratta interpretazioni e dogmi ereditati dalla propria tradizione religiosa... per non dover mettere in discussione dalle fondamenta l'accampata superiorità divina del proprio credo.
E' proprio sulle basi di questa dilagante mentalità religiosa esclusivista, che la sosia-ostinazione ha purtroppo gioco facile nello spacciarsi per l'originale-convinzione.

Tanti anni fa io non riuscivo ad accettare le religioni proprio perché in generale le vedevo ostinatamente ancorate al passato... così arroganti da attribuire a Dio anche le interpretazioni degli uomini... incapaci di svincolarsi da un'anacronistica concezione della morale.
Poi, attraverso le vicende che vi ho già in parte raccontato, ho fatto il mio incontro con una religione “diversa”, ed ho “riconosciuto” in Anima Universale la mia Chiesa, grazie alle risposte che qui ho finalmente trovato rispetto ai problemi sollevati dalla mia coscienza.
Da lì è nata la mia convinzione e la mia fede... sfociata poi nella vocazione di essere Ramia.

Eh si... solo smascherando la “sosia-ostinazione”, con i suoi figliastri fanatismo ed intolleranza, sarà possibile per tanti giovani tornare ad apprezzare “l'originale-convinzione”... l'ancella della Verità che non ha difficoltà ad accettare la sfida di affrontare in modo aperto gli interrogativi posti dalla coscienza.



LE DUE STRADE...

L'origine di tanti meschini atteggiamenti umani si colloca nella differenza che esiste tra due aspirazioni solo apparentemente equivalenti: il voler primeggiare... e il voler dare il meglio di sé.
Chi percorre la strada del primeggiare, deve per forza paragonarsi agli altri per esserne migliore, ed è su questa base comparativa che può innescarsi l'ammaliante ruolo dell'invidia, perfida ispiratrice che induce molti a denigrare e danneggiare gli altri pur di prevalere su di loro.

Chi invece imbocca la strada del "dare il meglio di sé", si concentra unicamente sulla valorizzazione dei propri talenti, e così si mette nelle migliori condizioni per poterli esprimere pienamente, tenendosi lontano dalle fuorvianti "lusinghe" di gelosie ed invidie.
Ovviamente... quanti credono nella bontà sono “obbligati” a proporsi di essere migliori di coloro che per esempio praticano la cattiveria...
Però, dopo aver lasciato alle spalle questo scontato punto di partenza, chi percorre la strada del "dare il meglio di sé" non si preoccupa di essere primo... ma "soltanto" di essere pienamente se stesso... realizzando così il "primato" che spiritualmente conta, perché non ottenuto a spese di qualcuno.





 
PERSONE... ed INDIVIDUI

Ogni nostro giorno è animato da un numero indefinito di persone, mondi paralleli che a volte ci ignorano, altre volte ci sfiorano, e sovente ci incontrano.
Molti di questi mondi restano però sconosciuti gli uni agli altri, perché tante persone proiettano all'esterno solo un'immagine di sé, e questa è una caratteristica in qualche modo annunciata da un termine... "persona"... la cui matrice lontana ha un attualissimo significato.
Furono i latini a chiamare in questo modo gli esseri umani, mutuando questo vocabolo dalle rappresentazioni teatrali dell'epoca.Infatti, negli spettacoli inscenati nel mondo antico gli attori usavano delle maschere con tratti fisiognomici esageratamente marcati (le “per-sonar”, che significa “suonare attraverso”), con cui rendevano facilmente riconoscibili al pubblico i personaggi da loro rappresentati, amplificando anche il suono della voce grazie alla particolare conformazione della bocca delle maschere.
Anche nel presente, tantissime persone rispettano la lontana matrice della parola, al punto che conducono una vita non da individui ma da personaggi, indissolubilmente legati al ruolo recitato nel vivere sociale.

Ebbene... è solo posando questa maschera della reputazione... che è possibile far emergere la propria originalità di individuo unico ed irripetibile, vivendo per davvero la propria vita.

« Non confonderti con quelli che hanno scelto la noia, ma rivestiti di vita perché è un lusso troppo facile il sentirsi inutili.
Riscopri la bellezza della tua originalità

       (Swami Roberto)







LIBERI... E NON LIBERTINI

Com'è noto, per indicare una condotta di vita licenziosa e disordinata si utilizza la parola “libertinaggio”.
Il termine trae origine dai liberti, gli antichi schiavi affrancati dalla schiavitù che, una volta liberati dal giogo dei loro padroni, sovente si lasciavano andare a comportamenti dissoluti quale forma di ribellione al loro passato contrassegnato da privazioni ed angherie subite.
Lo scorrere dei secoli ha scandito il passaggio da antiche a nuove forme di schiavitù, e parallelamente anche il libertinaggio si è evoluto in forme più moderne.
Tra le innumerevoli sfaccettature della questione, io metto il famigerato relativismo, che è una specie di libertinaggio applicato alla fede.
Infatti il relativismo è spesso conseguente ad una fuga dalla schiavitù religiosa, ovvero è un atteggiamento in cui incorrono molti di coloro che si ribellano al giogo delle dottrine impostate sui dogmi e sul moralismo bacchettone.
Anche oggi, come al tempo dei liberti, chi si emancipa da una schiavitù rischia peraltro di piombare dentro ad un'altra, cadendo dalla classica padella alla brace... perché chi non ha mai imparato a governare la propria coscienza, si trova impreparato a gestire in modo responsabile la conquistata libertà.
Ciò accade a tanti di coloro che sono riusciti a fuggire da una religione che li soggiogava, ma non riescono a seguire la via dell'autodeterminazione, perché sono incapaci di governare con equilibrio la propria libertà spirituale.
Crescere spiritualmente significa affrancarsi da ogni forma di schiavitù, liberandosi sia dal giogo delle regole morali imposte, sia dalla volubile sregolatezza relativista...
Lo spirito è veramente libero solo quando è vivificato dall'auto-disciplina della coerenza, orientata verso la carità.

« Che si tratti di libertà sociale o interiore, la libertà è tale solo quando è una conseguenza della Verità, in ogni campo. 
Per comprendere se si tratta di libertà autentica e totale devi osservare se da essa scaturisce Amore.»
(Swami Roberto)




SENSO... E CONSENSO

Tra gli incontri che si possono fare nella vita, c'è anche quello con chi bada innanzitutto a scansare le responsabilità.
Sono proprio in molti a scegliere la convenienza di accodarsi sempre a qualcosa o a qualcuno per non esporsi in prima persona... per rischiare il meno possibile.
Questi cultori del consenso non tracciano mai autonomamente un percorso di vita che sia veramente il loro, e preferiscono vivere di riflesso percorrendo le orme già tracciate da altri.
Un settore dove questa tattica è assai praticata, è quello della religione.
Qui infatti abbondano i “mostri sacri” con curriculum millenari che rappresentano la scelta ideale per quanti cercano un percorso sicuro sul quale riporre il proprio consenso, senza rischiare moralmente alcunché.
Purtroppo per loro aderire ad una fede in questo modo, ovvero solo “per consenso”, significa ingrossare le fila dei celebri “tiepidi” ai quali si rivolse Gesù.
Ci vuole ben altro, per dare un senso spirituale alla propria vita.


ADAGIARSI... O ABBANDONARSI ?

Di fronte alle imprevedibili e sempre nuove prove della vita... è risaputo quanto sia importante sapersi abbandonare in Dio, per attingere da Lui aiuto e consolazione.
Però... tantissimi confondono l'abbandonarsi con l'adagiarsi, e così indulgono in un atteggiamento di passiva attesa... che Dio faccia tutto Lui... da solo.Nello spazio compreso tra queste due parole... abbandonarsi e adagiarsi... risiede uno dei più grandi equivoci in cui incorrono tanti fedeli delle varie religioni, nell'ambito del loro personale rapporto con Dio.
Si tratta di un “moderno” malinteso che “riavvolge il nastro” di millenni di storia umana e fa ripiombare schiere di odierni fedeli in una condizione per nulla lontana dal fatalismo con cui i loro antenati religiosi interpretavano la propria vita, riconducendone i destini ad un cieco ed inesorabile volere degli Dei.
In realtà, l'abbandono in Dio non ha nulla a che fare con la passività, o con la rassegnazione... e neanche con la comodità di chi sta seduto sul divano di casa aspettando che la “manna piova dal cielo”.
Intendere l'abbandono in Dio come un “aspettare quel che capita”... significa fra-intendere.
Così facendo, ci si getta tra le braccia dell'apatia e dell'inedia.
Invece, chi si rivolge con amore confidente all'Eterno Padre nell'attiva volontà di affidarsi totalmente a Lui, vive l'autentico abbandono in Dio... che lo porterà a mettere in moto ogni sua risorsa interiore per affrontare in modo positivo le prove della vita.
Ecco la persona spirituale: pronta a lottare con ogni sua forza per assecondare gli afflati della speranza, coraggiosa nel disegnare i suoi obiettivi e al contempo spiritualmente matura per non ipotecare a propria misura i piani provvidenziali dell'Eterno Padre, e quindi per non opporsi ad essi.
Sì... gettarsi tra le braccia di Dio significa compiere un atto di piena e attiva volontà per “abbandonare”... cioè per “lasciare definitivamente”... le lusinghe dell'ego con i suoi calcoli, le sue fisse, le sue paure, ed i suoi comodi... tra i quali quello di adagiarsi.
Ecco la strada per riuscire ad accettare spiritualmente ciò che il futuro riserva, affrontando le prove della vita nella consapevolezza che l'esistenza umana si svolge secondo un piano karmico intrecciato con la Misericordia del Padre...
Questa è la via dell'abbandono in Dio, l'Amore perfetto che risponde alla buona volontà di quanti VOGLIONO farsi abbracciare da Lui.



LIBERTA' OBBLIGATA

La libertà è sacra e solo attraverso di essa l'essere umano può vivere pienamente la sua vita spirituale.
Pertanto, è chiaro ai più che la libertà deve essere difesa... sempre!
Eppure, nella realtà ci sono due modi ben diversi per farlo:
Molti difendono la loro libertà nella convinzione che proprio l'essere liberi sia il fine, la condizione irrinunciabile nella quale vivere una sorta di esaltazione di una libertà scevra da ogni forma di restrizione.
Pochi invece sono coloro che difendono la libertà quale mezzo, strumento indispensabile per elevare il proprio spirito ad un piano più alto nel quale la Libertà, quella con la L maiuscola, ha anche il coraggio di rinunciare a sé stessa per servire la Verità.
Infatti, la Verità è una, e non ammette di essere “conciliata” con delle “libere” scelte che la contraddicono.
Così, chi vuole essere discepolo della Verità è chiamato a “disciplinare” la sua libertà, indirizzandola in una direzione “obbligata”: quella della coerenza con quanto ha interiormente compreso della Verità stessa.
Questa è l'unica direzione che porta verso Dio, che ha eternamente rinunciato alla libertà, per essere Amore e Verità perfetta... sempre!


MEMORIA... DEL CUORE

Anche se è risaputo che lo scorrere del tempo è nemico della memoria, destinata ad affievolirsi con il passare degli anni, esiste un tipo di memoria che non necessariamente è soggetta al logorio dell'età, al punto che può capitare di riscontrarla più facilmente negli anziani che nei giovani.
Volendo descriverla... la si potrebbe definire come la “memoria del cuore”, caratteristica di quanti sanno essere indelebilmente riconoscenti per il bene ricevuto.
Mi riferisco evidentemente alla gratitudine, una "perla rara" totalmente sconosciuta a quei seguaci dell'egoismo che, magari, possono anche ricordarsi tutto cerebralmente... ma sono affetti da una clamorosa smemoratezza nel cuore, e così si "dimenticano" di essere grati per ciò che ricevono nella loro vita.
Sono questi i “vuoti di memoria” peggiori, perché l'oblio che intacca i cuori fa molto più male di quello che colpisce i cervelli.

« Ogni giorno ringrazia Dio
con tutto il cuore. 

Lui ricambierà la tua gratitudine
con abbondanza. 

Fai la prova,
e vedrai meraviglie! »

       (Swami Roberto)








GLI ULTIMI SARANNO I PRIMI  

Le radici della parola “umile” provengono etimologicamente dal latino humilis (der. di humus, terra), un termine che per lunghi secoli nell'antichità è stato usato unicamente in senso spregiativo a designare le persone “poco elevate da terra”, ovvero di “bassa condizione”, di “sentimenti scarsamente elevati”, di “misero valore”.

Fu l'avvento della Buona Novella evangelica che stravolse questo significato decretando il “primato” morale dei miti, degli umili e dei pacifici... sugli aggressivi, sui superbi e sui violenti.
"Se qualcuno vuol essere il primo, sarà l'ultimo di tutti e il servitore di tutti", diceva Gesù ai dodici che discutevano su chi tra di loro fosse il più grande, e fu proprio questo sconvolgimento del concetto di grandezza che nobilitò la parola umiltà, facendola assurgere al rango di virtù cristiana.
All'epoca si trattò di un messaggio rivoluzionario... e tutt'oggi continua ad esserlo, visto che l'ego umano è riluttante a servire ed anzi... vuole essere servito e riverito.
Eppure, per chi vuole essere cristiano il messaggio di Gesù non lascia scampo: la vera forza è quella di servire... per amore.

Rinunci al peccato quando ti separi dalla ricerca della comodità; per seguire Cristo devi portare la Croce Karmica e pensare al prossimo prima che a te stesso.
Se non incominci a servire colui che ti sta accanto, come potrai ritenerti un servitore del Signore, che neppure vedi?
Tu veramente rinunci al peccato solo quando rinneghi te stesso”.
            (Swami Roberto)


VOLENTI O NOLENTI

La Volontà divina è perfetta, immutabile, e Dio non ama ad intermittenza, a seconda delle situazioni.
Similmente la volontà umana è "buona" nella misura in cui, pur nei limiti legati all'imperfezione di ogni persona, essa tende ad avvicinarsi all'immutabilità dell'amore divino mostrando sempre più una caratteristica che, “tradotta” in termini umani, è possibile definire come perseveranza nel bene.
Infatti, dimostra di essere veramente buona soltanto quella volontà umana che, rifiutandosi di scoraggiarsi o di rassegnarsi, è capace di manifestarsi con continuità anche di fronte alle difficoltà.
In questa condizione la forza di volontà diventa un po' come l'acqua di un fiume alimentata senza sosta dalla sorgente perenne della verità interiore: anche di fronte ad un nuovo ostacolo che ne blocca il percorso, il fiume si ingrossa progressivamente fino a trovare prima o poi uno sbocco verso il mare.
“Chi vuole sul serio qualcosa trova una strada, gli altri una scusa”... recita un antico proverbio palestinese. In effetti molto spesso gli esseri umani preferiscono togliersi d'impiccio trovando mille scappatoie per sostenere che “qualcosa”... “non è proprio possibile farlo”, piuttosto di ammettere una verità troppo responsabilizzante: “volere è potere”.
Volenti o nolenti... solo la nostra volontà è causa del nostro destino karmico e la qualità delle nostre aspirazioni determina la qualità del nostro futuro.


CAMPO VISIVO

Questa mattina... che per me è un po' diversa dalle altre, visto che oggi è il mio compleanno :-) ... mi sono annotato una frase del filosofo Arthur Schopenhauer: “ogni uomo confonde i limiti del suo campo visivo per i confini del mondo”.
Mentre la leggevo, mi è tornato in mente anche un aforisma orientale che, seppur in modo meno "serioso", tocca la stessa questione dicendo: “Una rana che vive in fondo a un pozzo giudica la vastità del cielo sulla base del bordo del pozzo”.

Ora... se per una rana vivere in fondo ad un pozzo non è un problema... per gli esseri umani il “pozzo” di una mentalità “ristretta” è una limitazione dalla quale conviene sicuramente evadere, per andare verso quegli spazi aperti dove si trovano le esperienze, i termini di confronto e le nuove informazioni che permettono di ampliare i propri personali orizzonti.
Però, per un credente questo passo non è ancora risolutivo... perché la nostra dignità spirituale è pienamente rispettata solo quando... rendendoci conto che l'intero universo altro non è che un immenso “pozzo” racchiuso nei confini infiniti dello spazio e del tempo... riusciamo a rivolgere il nostro sguardo anche a ciò che sta oltre.
E' questa la decisiva estensione del nostro "campo visivo": quella che ci fa orientare il tempo della nostra vita verso l' "eterno presente" di Dio.  



Un Battesimo in Anima Universale
CONVINZIONI...
E NON CONVENZIONI

C'è una parola assai usata che va presa con le pinze, perché dietro ad un significato palesemente apprezzabile ne cela anche uno molto meno nobile.
Mi riferisco alla “Rispettabilità”... uno status ambito da quanti mirano a costruirsi una posizione sociale che sia appunto rispettata da tutti, quale prova di dirittura morale e quindi di onorabilità.
Come non stimare chi riesce a consolidare una buona reputazione, riconosciuta e generalmente condivisa?
Però, spesso la rispettabilità sociale nasconde un risvolto molto meno edificante, laddove raggiungerla e difenderla significa aderire ad un sistema di convenzioni che impone il “sacrificio” di alcune delle proprie peculiari convinzioni.
Duemila anni fa la società “perbene” preferì il delinquente Barabba al sobillatore "rivoluzionario" Gesù, ed anche oggi coloro che decidono di vivere seguendo le orme del Cristo non riscuotono certo gli applausi della società, anzi... è molto più probabile che incontrino il rifiuto, l'emarginazione, lo sguardo sospettoso di tanti rispettabili benpensanti, infastiditi da chi si mostra privo di deferenza verso i dettami del conformismo.
Non è facile allontanarsi dalle carezze del consenso sociale, costruito il più delle volte su un intreccio di reciproche adulazioni, ma la strada che porta a raggiungere la vera nobiltà d'animo prima o poi mette ogni persona di fronte ad un bivio: quello che si divarica ad indicare da un lato la via della rispettabilità sociale... e dall'altro la via del sincero rispetto della propria coscienza spirituale, che non è di questo mondo.
La vita del Signore Gesù fornisce un esempio assai esplicito: portare nel mondo il messaggio “rivoluzionario” dell'Amore di Dio significa anche uscire dai canoni della rispettabilità, accettando di essere “crocifissi” dalle sferzate della morale sociale “usurpata”.
Ben lo sanno i fedeli ramirici, che sulla loro pelle sperimentano ogni giorno come il cammino cristiano di Anima Universale richieda convinzioni... e non convenzioni.


IL PRINCIPIO... D'ORO COLATO

L'informazione è fondamentale per non vivere “fuori dal mondo”, l'informazione è indispensabile, viva l'informazione!... a patto di non scordarsi che non si tratta di un'entità astratta, alla quale si possa attingere in modo asettico.
L'informazione la fa chi informa e, trattandosi dunque di una “creatura umana”, bisogna fare attenzione ai rischi annessi e connessi.
Scontato, non è vero? Mica tanto, visto che chissà per quale oscuro incantesimo, i più attribuiscono un credito incondizionato a ciò che viene loro propinato dai mass-media.
Però, a dire il vero, l'incantesimo non è poi così oscuro... anzi!
In fondo la questione è sempre la solita: tanti ci tengono così tanto alla loro testa... che per risparmiarla pensano con quella degli altri.
Così, sono proprio numerosi quelli che si tuffano a braccia aperte nel grande mare dell'informazione senza accorgersi che si tratta in realtà di una palude insalubre dove si mescolano pseudo-verità, invenzioni, pregiudizi, distorsioni e quant'altro.
Questa diffusa “dabbenaggine” è un mostro molto più dannoso di quanto il suono un po' bonario della parola lascerebbe pensare, perché con la “scusa” di essere sempliciotti, creduloni, sprovveduti... tanti uccidono il prossimo con opinioni preconcette basate sulle “verità” assimilate dalla mala-informazione...

« Libera la mente dalle false informazioni e sarai più libero di pensare liberamente.
Sui social network circolano tantissime bufale.
Verificare è un tuo diritto, ma anche un tuo dovere.
Eviterai così di indignarti per nulla e di contribuire alla diffusione delle menzogne.
La scrupolosità è spiritualità attiva.»

     (Swami Roberto) 


DI RIFLESSO... 

Penso oggi a quel remoto momento nella storia dell'evoluzione dell'essere umano, nel quale i nostri lontani antenati cominciarono ad avere consapevolezza della propria immagine riflessa sulla superficie dell'acqua, e ciò permise loro di conoscere le fattezze del proprio volto... diverso da quello degli altri loro simili.
Da allora, nel corso dei millenni, l'umanità ha escogitato svariate soluzioni per consentire ad ogni persona di guardarsi "di riflesso", e anche di curare la propria immagine...
Specchi, fotografie e filmati sono diventati strumenti di uso comune, che ci permettono di sapere costantemente come siamo... aiutandoci a non cadere nell'errore di immaginare il nostro volto in modo diverso dalla realtà.

Anche se per molti non è facile ammetterlo... ancora più prezioso è lo “specchio” di cui ha bisogno l'umana interiorità, senza il quale ognuno di noi resterebbe vittima delle faziose valutazioni dell'amor proprio.
Per questo è impagabile il ruolo di quanti, volendoci autenticamente bene, non cedono alle lusinghe dell'accondiscendenza, e così ci permettono di osservare di riflesso il "volto" che il nostro animo mostra agli altri.


NEL RICORDO DI UN'ANIMA MISTICA

La sofferenza: chi non teme una compagna di viaggio così scomoda?
Eppure tutti devono farci i conti, perché la nascita in questa dimensione implica la necessità di fare le esperienze connaturate alla forma corporea... che è caduca, destinata a perire.
La sofferenza "non guarda in faccia nessuno"... non concede permessi speciali, né immunità di sorta... e proprio la capacità di affrontarla è indice della personale crescita spirituale.
Ogni umana conquista che non passi al vaglio della sofferenza è un fuoco fatuo, destinato a spegnersi.
E' effimera la felicità cercata come fuga dalla sofferenza, così come è falso l'Amore che non ha in sé la capacità di soffrire per la persona che si ama.
L'uno e l'altra... l'Amore e la felicità autentici... nascono dalla capacità di trasfigurare il dolore insito nel vivere... non più subendolo come un cieco ed implacabile destino, quanto invece riconoscendolo quale croce karmica da portare sulla via della propria resurrezione spirituale.
Tra i miracoli più grandi che ho visto sbocciare durante la mia missione da Ramia, vi sono proprio quelli di molte persone che hanno messo a frutto gli insegnamenti di Swami Roberto, ed hanno saputo comprendere il significato della sofferenza presente nella loro vita; così, hanno imparato ad affrontarla... e a vincerla... trasfigurandola in forza interiore ed in accresciuta capacità di amare.

Oggi penso a ramia Franca, nel giorno dell'undicesimo anniversario della sua consacrazione sacerdotale in Anima Universale.
Lei occupa un posto speciale nel cuore di noi Ramia, per la forza d'animo con cui ha saputo portare la sua croce e per la dolcezza con cui, nonostante il dolore della malattia, ha saputo trasmettere pace e serenità a quanti la incontravano.
Grazie ramia Franca, perché dal cielo continui ad ispirare pace e amore ai ramirici che ti ricordano ed invocano la tua anima mistica.

(Vedi anche: "Ramia Franca: Dono di Dio" nel sito di Anima Universale)



IL PORTO DELLA SPERANZA

Nel viaggio della vita, uno dei più gravosi fardelli che ci si porta appresso è quello delle preoccupazioni.
Chi non si è trovato a fare i conti con patemi d'animo ed angosce, con le quali troppo spesso si "pre-occupa"... ovvero si “occupa prima” il tempo che ci si accinge a vivere?
Il tempo ingombrato dalle preoccupazioni è tempo sottratto alla serenità... e alla vita.
Se si potesse fare un calcolo preciso, si scoprirebbe che una enorme percentuale della sofferenza provata dall'animo umano è causata proprio da questo affannarsi preventivo, che il più delle volte non trova poi riscontro in quanto effettivamente accade.
Significa allora che bisogna essere ottimisti? Niente affatto... bisogna essere molto di più!
Bisogna essere uomini e donne di fede, animati dalla speranza, capaci di avere dei sogni, pronti a vivere pienamente il tempo confidando nei disegni provvidenziali di Dio.
Come si può infatti dire di credere nel Soprannaturale, se non si è capaci di coltivare nel proprio cuore la speranza?
Chi è ospitale con l'angoscia e la rassegnazione... più che con la speranza... crede di credere, ma in realtà vive come se Dio non ci fosse: così le preoccupazioni lo portano ad ipotecare il futuro decidendo che sia un magazzino stipato da fantasmi, in cui non c'è spazio per l'Amore Provvidente del Padre.
Io penso che il risveglio della speranza sia una delle grazie più preziose, un tesoro inestimabile che permette a molti sofferenti di riappropriarsi della loro vita.
E' proprio questo il miracolo che vedo continuamente compiersi nel monastero di Anima Universale, a Leinì, per il quale io oggi non trovo definizione più appropriata di... “Porto della Speranza”.


PIU' CHE ASCESI

Tra la variegata popolazione del pianeta religioso, può capitare di incontrare dei fedeli-asceti che si distinguono come instancabili interpreti di digiuni, astinenze e pratiche rinunciatarie di vario genere, ritenute indispensabili per il mantenimento della "salute" spirituale.
Di certo, è molto importante avere una volontà capace di dominare  l'istintività...  però, per non accontentarsi di una verità “monca”, non bisogna mai dimenticare che ogni pratica ascetica vissuta con esagerazione rischia di diventare un  idolo che si sostituisce a ciò che dovrebbe essere il vero scopo spirituale della vita.
A questo riguardo, è interessante osservare il comportamento del Signore Gesù, che ricevette aspre critiche dai suoi contemporanei proprio per il suo non conformismo rispetto alle norme giudaiche di purità che regolamentavano l'alimentazione, il digiuno rituale, la preghiera, l'astinenza, la rinuncia ecc. ecc...
La società del tempo (ma anche le precedenti e le successive, compresa quella odierna) si aspettava dai suoi modelli religiosi una condotta rigidamente austera, che Yeshua invece non osservava. Basti pensare che il rabbi di Nazareth “si presentò” agli esordi della sua missione pubblica con un segno assolutamente “non convenzionale”: alle nozze di Cana “scomodò” la potenza divina per  trasformare l'acqua in vino a favore di un gruppo di banchettanti già "allegri" per quanto avevano fin lì abbondantemente bevuto. E questo non fu che l'inizio, perché anche in seguito Yeshua tenne comportamenti che dal punto di vista ascetico erano troppo poco “austeri” e “prudenti”, tanto che da alcuni venne considerato persino un “mangione” e “un beone”.
Il messaggio del Cristo indica che non può esserci ascesi cristiana se non vissuta quale mezzo propedeutico alla capacità di amare, che è l'unico vero obiettivo spirituale.
In realtà la disciplina volta a dominare la vita dei sensi e dunque a padroneggiare la propria istintività è un'esigenza antropologica prima ancora che religiosa... e in un'ottica autenticamente spirituale nulla può essere anteposto all'amore del prossimo, neanche l'ascesi.


È DANDO CHE SI RICEVE

« La ricchezza di colui che dà non si esaurisce; mentre non trova chi abbia misericordia di lui colui che non dà.»
(Ŗgveda X,117,1)

Questa massima vedica trova per esempio riscontro, in ambito cristiano, nel ben noto “è dando che si riceve” contenuto nella Preghiera Semplice* di Francesco d'Assisi.
Quel che non tutti prendono però in considerazione, è che questo “dare” non deve essere “calcolato”.
Il “dare” fruttuoso è quello che non si aspetta nulla in cambio.

* P.S. Vedi anche “Preghiera Semplice... quasi” nel sito di Anima Universale




PROSSIMO...

Una delle massime evangeliche che ogni cristiano conosce sin da bambino, è il celebre “Ama il prossimo tuo come te stesso”... un principio tanto facile da ricordare quanto umanamente difficile da praticare, primariamente perché richiede la capacità di limitare le pretese del proprio ego, che vorrebbe tutto per sé "dimenticandosi" degli altri.
Poi... un'ulteriore difficoltà può presentarsi anche nell'individuare un soggetto... il prossimo... che non può ovviamente essere costituito "soltanto" dalle persone da aiutare (lodevolmente) "a distanza"... ma che va riconosciuto anche nelle persone più vicine a noi, quelle che fanno parte delle nostre vite familiari e che, proprio per questo, sollecitano quotidianamente la sensibilità di chiunque non voglia restare indifferente alle loro necessità.
Sovente sono proprio loro... genitori, nonni, figli, fratelli e sorelle... il prossimo più "scomodo" da amare, perché incessantemente si propone con le sue esigenze, le sue debolezze, i suoi piccoli o grandi spigoli caratteriali... e pertanto l'ambiente domestico è il primo banco di prova nel quale si ha l'opportunità di "testare" la propria capacità di accogliere per davvero il "Comandamento dell'amore" (Gv 13,34) insegnato da Gesù.
La "famiglia" (dal latino "famulus", che significa "servitore") si fa "istituzione dell'Amore” quando diventa una sorta di cellula vivente, capace di "pulsare" carità reciproca... "fucina" che aiuta ciascuno a crescere nella capacità di praticare il principio di grandezza insegnato dal Vangelo: il più grande fra gli esseri umani è colui che è capace di servire.

E' questa la rivoluzionaria grandezza che si pone agli antipodi rispetto a quella cercata e vissuta da chi segue i canoni del mondo... e che ci fa tutti ugualmente "potenti"... perché tutti possiamo metterci al servizio di qualcuno manifestando l'autorità più grande, la potestà di farsi ultimi, il potere dello spirito.

E quando sappiamo farlo... liberandoci dalle catene dei nostri comodi... oltrepassando le barriere dei pregiudizi... e rifiutandoci di porre dei limiti alla nostra capacità di amare... allora riusciamo finalmente a "vedere" il volto del prossimo di cui ci parla Gesù... e la nostra famiglia si allarga superando anche i confini della parentela e della consanguineità... per aprirsi all'umanità.



SEGNI DIVINI

Tra la miriade di sfaccettature che formano la dimensione della fede, io oggi osservo quella suggerita da un versetto di Giovanni che, durante la mia odierna rilettura di questa pagina del Vangelo, mi è apparso come la "fotografia" di una mentalità assai comune.
L'evangelista scrive che “Gesù rispose loro – cioè alla gente che Lo stava cercando – mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato pani a sazietà” (Gv 6,26).
E' facile constatare come non sia affatto fuori moda questa umana inclinazione... di coltivare una “fede” nella quale l' “interesse” nei confronti delle manifestazioni soprannaturali è legato non al "vedere" il messaggio in esse custodito... quanto invece al beneficio che è possibile ricavarne per soddisfare i propri bisogni materiali.
Per sottolineare questo fondamentale aspetto della realtà, l'evangelista Giovanni descrive l'opera di Gesù parlando non di “miracoli”, ma di “segni” (in greco semeion), usando cioè un termine che custodisce in sé una verità teologica fondamentale:
Il segno è infatti tale perché riveste il ruolo di una sorta di “indice” puntato in un'altra direzione, nel senso che la sua ragione di essere non è il fatto miracoloso in sé... che pure è ovviamente importante... quanto invece il significato spirituale che vi è custodito, e che il fedele è chiamato a comprendere orientando la sua attenzione a ciò che Dio vuole comunicargli.

Per non far parte dei destinatari della denuncia che il Cristo rivolge a quanti Lo cercano solo perché hanno “mangiato pani a sazietà” e aspirano unicamente a poterne mangiare ancora, e poi ancora... è dunque necessario saper compiere un fondamentale passaggio interiore:
Quello da una fede inizialmente legata al segno divino che ha contribuito ad attivarla...
ad una fede che è invece capace di andare oltre il beneficio materiale ricevuto, recependo il messaggio custodito nel segno stesso e quindi ricevendo anche il beneficio che più conta: quello spirituale.

Ebbene... questo brano del Vangelo mi fa oggi venire in mente alcune persone incontrate durante la mia vita religiosa nel monastero di Leinì, le quali... dopo aver conosciuto Swami Roberto ed essersi "saziate" con le grazie ricevute nelle loro vite, o nelle vite dei loro familiari... sono poi rimaste "sorde" al divino "linguaggio dei segni"

Allo stesso tempo, mi vengono però in mente anche molte altre persone che hanno invece saputo comprendere questo linguaggio, ed hanno così potuto costruire, nelle loro vite, l'evangelica fede "sulla roccia".
Sono proprio queste le persone che costituiscono le "pietre viventi" della mia Chiesa, Anima Universale, che è il "Segno divino" della mia vita.






L'UOMO SAGGIO...

« C’è chi tace perché non sa rispondere, e c’è chi tace in attesa del momento propizio.
L’uomo saggio tace fino al tempo giusto, il fanfarone e lo sciocco non sanno aspettare.»
(Sir 20,6-7)

Tra i motivi per i quali può essere saggio restare in silenzio, c’è quello che un detto orientale esprime così: “il silenzio è la capacità di rendere limpida l'acqua torbida”.
In effetti, in certe situazioni soltanto chi sa aspettare che “le acque si calmino”... lasciando anche depositare le proprie reazioni istintive che le intorbidiscono... riesce a vedere con nitidezza la realtà.




SECONDO VOI ?

Consultando un comune dizionario, stamattina mi sono imbattuto in questa definizione del termine “bestia”: 
“Qualsiasi animale, spesso (in quanto simbolo della violenza, dell'ignoranza, della stupidità) contrapposto all'uomo”.
Dopo aver letto queste parole... ed aver pensato ai miei piccoli amici animali con i quali condivido la quotidianità... mi son detto:
Riguardo a questa "contrapposizione" tra bestie e uomini... sarebbe interessante poter accedere ad un computer immaginario, contenente le caratteristiche del “profilo” di tutti gli animali e gli uomini del pianeta... per digitare in successione, su un motore di ricerca, i vocaboli usati dal dizionario quali simboli della "bestia", e cioè “violenza”, “ignoranza”, “stupidità”... premendo poi “invio”.
Secondo voi... il risultato di questa ricerca "bestiale" permetterebbe di mantenere la distinzione tra animali da una parte e uomini dall'altra?


IL MIRACOLO INTERIORE...

Il miracolo interiore che si compie in te se accogli la Divina Conoscenza, ti rende un privilegiato... anche rispetto a chi, per esempio, potrebbe ricevere la grazia di una guarigione miracolosa... ma poi la vanificherebbe se restasse "ammalato" dentro.





QUESTA MATTINA...

Questa mattina, in presenza del "vento" dello Spirito che soffiava forte durante il Darshan di Swami Roberto, pensavo alla grazia che era concessa a tutti noi, che ne sentivamo la Voce.
Come ad ogni Darshan... quel Vento divino soffia forte per spingerci verso la nostra personale destinazione... ma di certo non possiamo arrivarci se non issiamo le "vele" della nostra fede e della nostra volontà.



SPIRA, VENTO, LE TUE BREZZE SALUTARI...
« Spira, Vento, le tue brezze salutari. Soffia via il male. Tu sei la medicina di tutto questo mondo.» (Rig-Veda X,137,3)

Provenendo dall'antica tradizione dei Veda, dove la radice sanscrita “va” (soffio) forma il termine “vayu” (vento), che indica lo Spirito divino... le parole di questo inno si collegano idealmente alla tradizione biblica, dove l'ebraico ruah ed anche il greco pneuma riuniscono in un unico termine i significati di “vento”, “soffio” e “respiro”... e poi anche quello di “spirito”, sia umano che divino.
Al di là delle differenze teologiche esistenti tra i Veda e la Bibbia... il “vento” dello Spirito di Dio è datore di vita spirituale per quei fedeli che, nelle differenti fedi, Lo invocano con devozione ed onestà interiore.


DA QUANDO NAVIGO IN QUESTE ACQUE...

Un antico detto latino dice "Chi non conosce la strada per giungere al mare, gli conviene cercare un fiume che lo accompagni".

Grazie a Dio, io questo fiume l'ho trovato... e mi ha portato al mare della mia fede.
Da quando navigo in queste acque, il cielo è diventato parte di me.





QUELLO CHE MI PIACEREBBE PROPRIO SAPERE :-)

“La lettura di tutti i buoni libri è come una conversazione con gli uomini migliori dei secoli passati... Conversare con uomini d'altri secoli è quasi lo stesso che viaggiare"
. (René Descartes)

Questa frase avrei potuto scriverla anch'io visto tutti i "viaggi" nei libri che mi sono fatto.
Quello che invece mi piacerebbe proprio sapere ;-)... è con chi conversa Swami Roberto... visto che Lui sa quello che non è scritto nei libri. :-)




PAROLA DIVINA

“Penso che non si tratti di credere alle parole del Cristo perché il Cristo è il figlio di Dio, quanto di comprendere che egli è il figlio di Dio perché la sua parola è divina e infinitamente più alta di tutto ciò che l'arte e la saggezza degli uomini possono proporci.
Signore, non perché mi sia stato detto che tu eri il figlio di Dio ascolto la tua parola; ma la tua parola è bella al di sopra di ogni parola umana, e da questo io riconosco che sei il figlio di Dio”
.

Mentre leggevo questo pensiero* dello scrittore francese André Gide, Nobel per la letteratura nel 1947, mi è tornato in mente un momento ben preciso della mia vita:
Quello in cui, non appena incontrai Swami Roberto, la sua Parola divina cominciò a toccarmi “dentro”... ed io finalmente iniziai a credere, ma per davvero, in Cristo.

* (tratto dall'opera Numquid et tu?)



 

QUANDO INIZIA IL GIORNO...

Questa mattina mi sono imbattuto, in rapida successione, in due apologhi appartenenti a tradizioni diverse... e tra loro culturalmente assai lontane.
Il primo proviene dal popolo del Tibet, e dice:
«Un giorno, camminando in montagna, ho visto da lontano una bestia. 
Avvicinandomi mi sono accorto che era un uomo. 
Giungendo di fronte a lui, ho visto che era mio fratello!»...
Subito dopo, in una pagina proveniente dalla tradizione giudaica ho letto:

« Un rabbí era solito domandare al suo discepolo: 
“Quand'è che termina la notte e inizia il giorno?”. 
Il discepolo dava diverse risposte, mai però soddisfacenti. 
Alla fine, scoraggiato, si rimise al maestro per la risposta. 
E il rabbí gli disse: 
“Quando tu vedi sul volto di un altro il volto di tuo fratello, è allora che termina la notte e inizia il giorno” ».

In effetti... questo “giorno” riscaldato dal sole della fratellanza può avere inizio solo quando le tenebre del pregiudizio e della discriminazione sono dissipate... come accade attraverso quel percorso di avvicinamento al  “diverso” di cui ci parla anche il detto proverbiale proveniente dal popolo tibetano.







BANCO DI PROVA

« I vasi del ceramista li mette a prova la fornace, così il modo di ragionare è il banco di prova per un uomo.»

(Siracide, 27,5)

Ai giorni nostri questa “fornace” è riconoscibile anche nei social, che mostrano quotidianamente un vastissimo campionario di “modi di ragionare”.
Visto che la rete è frequentata anche da un gran numero di “vasi vuoti (che) fanno un grande rumore” [Dal detto latino “Vasa inania multum strepunt” :-) ]... i social sono un “banco di prova” non soltanto per chi scrive ma anche per chi, navigando in rete, deve fare attenzione a non ascoltare (e tantomeno a far da cassa di risonanza) a questo coro di “rumore vuoto”.




ACQUISTARE SENNO

« Chi rifiuta la correzione disprezza se stesso, chi ascolta il rimprovero acquista senno.»

(Bibbia. Proverbi 15,32)

“Che cagnara, sbagliando si impara” diceva anni orsono il simpatico Cimabue dei caroselli televisivi.
In realtà per imparare non basta sbagliare, ma bisogna pure rendersene conto.
Per riuscirci, va anche zittito quell'ego che non ne vorrebbe proprio sapere di “acquistare senno” grazie alla correzione.



CHE C'È DI PIÙ PESANTE DEL PIOMBO ?

« Che c'è di più pesante del piombo? E qual è il suo nome, se non “lo stolto”? 
Sabbia, sale, palla di ferro sono più facili a portare che un insensato.»
(Siracide, 22,14-15)

Leggo questa colorita espressione biblica... e penso ai vaniloqui che proliferano sui social. Così, mi torna in mente anche un antico ma attualissimo detto della tradizione ebraica :
“Il sapiente sa quel che dice, lo stolto dice quel che sa”.



TORNANDO UN PO' BAMBINI

Qualche giorno fa, con una sua nota su facebook ramia Osvaldo ha messo simpaticamente in risalto il fatto che uno dei 32 bambini di cui Anima Universale porta avanti l'adozione a distanza in memoria di suor Nancy Pereira... ci ha mandato una letterina augurale di Buon Natale e Buon Anno nuovo impreziosita da un disegno di Krishna.

Mi si scalda il cuore pensando alla semplicità di quel bambino indiano che...
ricordando magari le analogie esistenti tra la storia di Gesù-bambino costretto a sfuggire alla strage di neonati ordinata dal Re Erode per ucciderLo, e la storia di Krishna-bambino anche lui sfuggito all'ordine del Re Kamsa di uccidere tutti i neonati maschi partoriti da sua madre Devaki... 
ha trovato questo modo di abbellire i suoi auguri, lasciando da parte le ovvie differenze teologiche che sono "roba da adulti".
Il suo disegno del Bambino Divino dell'Induismo, inviatoci quale augurio per la nascita del Divino Infante Gesù, oggi mi fa pensare che... in fondo... per scavalcare molti dei "muri" che dividono gli adulti... tante volte basterebbe recuperare un po' della semplicità dei bambini.
(Vedi anche la news sul sito di Anima Universale: Trentadue adozioni a distanza in memoria di suor Nancy Pereira, salesiana FMA)



UN ELEFANTE...

« Un elefante giunse ai bordi d'una sorgente d'acqua per abbeverarsi. Vide la propria immagine specchiata nell'acqua e, credendo che fosse un altro elefante, si infuriò, ignorando che s'infuriava con se stesso.

Tutti i difetti – come la tirannia, l'odio, la cupidigia, la mancanza di pietà, l'orgoglio – quando sussistono in te non ti feriscono, ma quando li vedi negli altri, ti infuri e ne sei ferito.»
(Rûmi, Apologo)
Questo racconto della tradizione sufi segue di una dozzina di secoli la “trave” che Gesù aveva invitato a togliere dal proprio occhio, prima di guardare la pagliuzza in quello del fratello (Mt 7,3-5).
Bisogna assolutamente liberarsi da questa trave, per evitare che le proprie contraddizioni assumano proporzioni “elefantiache”.


LAUDATO SI', MI' SIGNORE, PER SOR'ACQUA...

« O Acque, fonte di felicità, vi imploriamo, infondeteci vigore, così che possiamo contemplare la grande gioia.
Voi siete come madri amorose che bramano di dare affetto ai bambini. Donateci la vostra linfa propizia.»
(Rg-veda X,9)

« Laudato si', mi' Signore, per sor'aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.»
(Francesco di Assisi, Cantico delle creature)

L'affinità tra queste due preghiere... che “personificano” la risorsa vitale dell'acqua riconoscendola rispettivamente come “madre” a cui chiedere “felicità, vigore e linfa propizia”, e come “sorella” per la quale ringraziare Dio... è esemplificativa di uno dei motivi che rendono Francesco un “ponte” con la sensibilità spirituale dell'Oriente.
Sì, il grande Francesco era proprio una cristiana “anima universale” :-)



PIÙ SI HA IL CORAGGIO...

Più si ha il coraggio di scalare i "pendii" interiori anche quando sono resi ripidi ed impervi dall'amor proprio... più si trovano pascoli con erba "saporita" e prospettive sconosciute a chi preferisce restarsene comodo "in pianura".












E' MEGLIO LA PAZIENZA CHE LA FORZA DI UN EROE...

« E’ meglio la pazienza che la forza di un eroe, chi domina se stesso vale più di chi conquista una città.»
(Bibbia, Prv 16,32)

Il poeta Giacomo Leopardi osservava che “la pazienza è la più eroica delle virtù giusto perché non ha nessuna apparenza d’eroico”.
Infatti, molti sono refrattari al paziente lavoro interiore che è necessario per dominare se stessi... perché non procura le pubbliche gratificazioni riservate agli “eroi”.



MUSICA PER L'ANIMA

“Il colore è un mezzo per esercitare sull'anima un'influenza diretta. Il colore è come il tasto, l'occhio è il martelletto che colpisce, l'anima è il pianoforte dalle molte corde”.

Nel suo saggio “Della spiritualità dell'arte”, il celebre pittore russo V. Kandinskij così “dipinge” l'effetto che i colori possono esercitare sull'animo umano.
Per analogia, penso alla “musica” che nasce nella mia anima ogni volta che Swami Roberto, durante il suo Darshan, rivela agli occhi del mio spirito la miriade di colori impressi sul “capolavoro” della realtà di Dio, rendendo visibile l'Invisibile.


AL DI LA' DELLE DIFFERENZE TEOLOGICHE...

« Chi vede come il Signore risiede ugualmente in tutti gli esseri, senza perire in mezzo agli esseri che periscono, chi vede così, egli vede.»

       (Bhagavadgītā XIII,27)

Al di là delle differenze teologiche, questa vista di cui parla la Sacra Scrittura dell'Induismo risulta “familiare” a quanti sanno riconoscere “Cristo nell'uomo”, perché diventano consapevoli che Lui è la Vita, presente in ogni essere vivente.


P.S. - Puoi approfondire questo argomento nei post:
"L'ex anello mancante"
"Cristo Vita cosmica"
"Questione vitale"


IL RAMIA...

Il Ramia è colui che porta il Sacro a chi lo accoglie.
Proprio come Colei che ha portato il divino nel suo ventre.












A PROPOSITO DI SEGNI...

Qualche tempo fa... una coppia ha chiesto aiuto a Swami Roberto e, in maniera pressoché immediata, ha ricevuto il “Segno divino” di una straordinaria grazia di guarigione a beneficio di un parente.
Dopo aver cominciato a frequentare il Darshan domenicale... accade l'imprevisto:
Una domenica mattina, mentre la coppia sta venendo al Darshan, trova un incidente stradale che blocca il traffico, ed impedisce di proseguire il viaggio verso Leinì.“E' un segno dal cielo - pensano - che ci è stato inviato perché non va bene che andiamo ad Anima Universale” e da quel quel giorno non tornano più.
Limitandosi all'esteriorità... interpretano come “segno” un contrattempo che non proviene affatto da Dio e, in balia delle false "emozioni”, prendono “lucciole per lanterne”, allontanandosi da Lui.
Per capire che il “Segno” vero, quello inviato da Dio, era la guarigione ricevuta dal loro familiare...
sarebbe bastato un minimo di gratitudine verso Swami Roberto.


(Foto PM)
LA SAPIENZA DIVINA...

La Sapienza “conosce le cose passate e intravede quelle future, conosce le sottigliezze dei discorsi e le soluzioni degli enigmi, comprende in anticipo segni e prodigi e anche le vicende dei tempi e delle epoche”
(Bibbia, Libro della Sapienza 8,8)

Questa biblica fotografia della Sapienza divina è stata scattata oltre duemila anni fa, ma Swami Roberto la rende per me attualissima.


IL NOSTRO BUON NATALE...

Sul finire dell'ultima pagina della Bibbia, si leggono le parole scritte in greco “erchou Kirie Iēsou”, vale a dire “Vieni, o Signore Gesù” (Ap 22,20).

Per continuare questa “storia sacra”, sta a ciascuno di noi fare in modo che Gesù venga... ad abitare nelle pagine di bontà che possiamo e dobbiamo scrivere nel "libro" della nostra vita.

E' allora che viviamo il nostro Buon Natale... cullando il Divino Infante dentro noi.







LA NOSTRA "CITTÀ SANTA"

“La città non ha bisogno della luce del sole né della luce della luna perché la Gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'agnello”.
(Ap.21,23)

A differenza della luce fisica del sole o della luna, che ci raggiunge dall'esterno lasciando sempre una parte di noi in ombra... la Luce cristica proveniente dall'agnello ci illumina dall’interno, permettendoci così di dissolvere ogni ombra dalla nostra “città santa” interiore.
E' proprio lì, nella Gerusalemme Celeste che è dentro di noi, che dobbiamo accorrere per rendere Gloria al Natale di Cristo nell'uomo.




I TUOI OCCHI...

« I tuoi occhi guardino diritto
e le tue pupille
mirino diritto davanti a te.
Bada alla strada dove metti il piede
e tutte le tue vie siano ben rassodate.
Non deviare né a destra né a sinistSra,
tieni lontano il piede dal male.»

(Bibbia, Proverbi 4,25-27)

Diversamente dagli emuli della biblica moglie di Lot, che si guardano indietro facendosi “pietrificare” dai “pesi” del passato... quanti accolgono questo antico consiglio guardano “diritto davanti” a sé, e così “badano alla strada”, vivendo al meglio il tempo nuovo che è loro donato da Dio.



V’È CHI PARLA SENZA RIFLETTERE

« V’è chi parla senza riflettere: trafigge come una spada; ma la lingua dei saggi risana. »
(Pr 12,18)

Diversamente dal chiacchierone che, parlando a vanvera, fa roteare a casaccio la “spada” della sua lingua ed inevitabilmente ferisce chi si trova nel suo raggio d'azione… la persona saggia usa la propria lingua a ragion veduta.
E' solo in questo modo, con un discernimento orientato al bene del prossimo, che è possibile farla diventare uno strumento risanante, capace anche di lenire il dolore e “suturare” le ferite altrui.



A POCO A POCO...

“Un albero il cui tronco si può a malapena abbracciare nasce da un minuscolo germoglio. Una torre alta nove piani incomincia con un mucchietto di terra. Un lungo viaggio di mille miglia si comincia col muovere un piede”.

Questo semplice e basilare principio espresso da Lao Tse, è "di casa" anche in molte altre culture, come per esempio ci ricorda il proverbio persiano “A poco a poco un filo di lana diventa un tappeto”... e, trasportato sul piano interiore, esso si traduce in un invito a non scoraggiarsi di fronte alle dimensioni delle “imprese” di bontà che ciascuno è chiamato a compiere nella sua vita, perché anche i più lunghi percorsi si fanno... un passo alla volta.
E' anche in questo senso che si dà attuazione al noto principio evangelico “chi è fedele nel poco, lo è anche nel molto” (Lc 16,10).


UNA PAROLA BUONA...

« L’afflizione deprime il cuore dell’uomo, una parola buona lo allieta »
(Pr 12,25)

La parola “sofferenza” deriva dal latino “sub ferre”, che significa “portare in basso”... per cui il suo opposto è quel “sollievo” che etimologicamente ha il senso di “innalzare, dal basso verso l'alto”.
Una “missione umanitaria” alla portata proprio di tutti consiste nel portare sollievo al prossimo, anche “solo” con una parola buona.







SENZA ANDARE CHISSÀ DOVE...

Un aneddoto tratto dalla tradizione ebraica racconta di un bambino al quale un giorno viene chiesto: “Ti regalo un soldo se mi dici dove si trova Dio”...
“E io – risponde lui – te ne darò dieci se mi dici dove non si trova”.
Mentre lo leggo, mi torna in mente anche un apologo orientale nel quale alcune persone chiedono ad un eremita di aiutarle a trovare Dio, e lui risponde di non poterlo fare “Per lo stesso motivo per cui non è possibile aiutare un pesce a trovare l'oceano in cui sta nuotando”.
Da qualunque prospettiva lo si guardi, il problema non consiste tanto nell'andare chissà dove per trovare l'onnipresente Dio, quanto invece nel riconoscere che già siamo in Lui.



UN UOMO...

« Un uomo che resta in collera verso un altro uomo, come può chiedere la guarigione al Signore? Lui che non ha misericordia per l’uomo suo simile, come può supplicare per i propri peccati? »
(Sir 28,3-4)

Questi interrogativi posti dal sapiente biblico Ben Sirach, precedono di circa due secoli la preghiera nella quale Gesù ci insegna a rivolgerci al Padre Nostro chiedendoGli tra l'altro : “rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
Chi si rivolge a Dio per chiedere aiuto, fa bene anche a chiedersi se sta rispettando questo fondamentale principio spirituale, perché è manifestando misericordia nei confronti del prossimo che si può beneficiare dell'infinita Misericordia divina.


COME IL SEME DI BAOBAB

Tra le frasi di benedizione che nella tradizione orale africana sono trasmesse di padre in figlio, ce n'è una che dice: “possa la tua azione avere un effetto paragonabile a quello del seme di baobab”.
La maestosità di questa pianta, che si “sprigiona” da un piccolo seme, mi fa oggi “visualizzare” l’immensità che scaturisce dal “seme” divino della nostra coscienza spirituale, soprattutto quando sappiamo “fertilizzarla” con la fede che “sposta le montagne” (Mc 11,23).


SAPIENZA NASCOSTA E TESORO INVISIBILE...

« Sapienza nascosta e tesoro invisibile: a che servono l’una e l’altro? 
Meglio l’uomo che nasconde la sua stoltezza di quello che nasconde la sua sapienza.»
(Siracide 20,30-31)

Chi avrebbe delle cose sensate da dire al prossimo, ma senza un buon motivo preferisce starsene in silenzio, elude una sua responsabilità spirituale.
Per mettere in evidenza la gravità di questa omissione, che spesso è una forma di egoistica comodità mascherata da modestia, il sapiente biblico usa un efficace paragone: coloro che tengono nascosta la propria sapienza diventano addirittura peggio di quanti tengono nascosta la propria ignoranza i quali, almeno in questo, si dimostrano meno stolti di loro.
In questo vortice di stoltezza finiscono di fatto anche coloro che adducono svariati pretesti pur di omettere di testimoniare, con coraggiosa coerenza, la “sapienza” della propria fede.
Va da sé che, per chi invece vuole darla... questa testimonianza può essere corretta e dunque “sapiente” solo se prima la propria fede è stata adeguatamente approfondita.


“CHI PENSA AL PROSSIMO, AL SUO BEN S'APPROSSIMA”

Un principio spirituale estremamente semplice, ma non da tutti tenuto in considerazione, è così sintetizzato da un detto popolare toscano: “Chi pensa al prossimo, al suo ben s'approssima”.
Per conseguenza – come osservava per esempio anche lo scrittore A.Manzoni - “Si dovrebbe pensare più a far bene, che a star bene: e così si finirebbe anche a star meglio”.
Ebbene sì... chi fa del bene agli altri fa del bene a se stesso.








BENEDETTO L'UOMO...

« Benedetto l'uomo che confida nel Signore e il Signore è sua fiducia.
Egli è come un albero piantato lungo l'acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi; nell'anno della siccità non intristisce, non smette di produrre i suoi frutti.»
(Geremia 17,7-8)

Per essere questo albero, io ho dovuto prima trovare la mia “sorgente di acqua viva” che oggi, Darshan dopo Darshan, abbevera le mie radici spirituali.




LA VERA BONTÀ

Si narra nel Talmud babilonese che Hillel, uno dei più importanti rabbini dell'epoca di Cristo, un giorno fu interpellato da un pagano che gli chiese di poter conoscere rapidamente... nel tempo in cui avrebbe potuto star ritto su una gamba sola... qual era la fondamentale regola da seguire per convertirsi alla sua religione.
Il rabbino dette questa risposta: “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te: questa è tutta la Torah. Il resto è commento.” (Talmud babilonese, Shabbath 31a).
Nell'indicare questo principio morale noto come “regola aurea”... Hillel ribadiva un concetto già presente nella Bibbia ebraica non solo in questa sua formulazione “negativa”, ma anche in quella positiva, che nel Libro biblico del Levitico è espressa con la frase “ama il prossimo tuo come te stesso” (Lev 19,18)… la quale, com’è noto, alcuni secoli dopo sarebbe stata ripresa anche da Gesù.
Queste due formulazioni sono un po’ come le due facce della stessa medaglia, che mi fanno oggi venire in mente questo pensiero di Swami Roberto:

« Non ho rubato, non ho ucciso, non ho fatto del male a nessuno, ho solo qualche vizio come tutti... Ottimo! 
Ma cosa hai fatto di bene per qualcuno che non sei tu? 
Cosa hai donato o sacrificato di te per un po' di giustizia in più? 
La vera bontà non si limita mai al proprio dovere.»
   (Swami Roberto)




RESURREZIONE INTERIORE

Derivando dal greco páscha (usato nella Bibbia dei Settanta per tradurre l'ebraico pésah, che significa “passaggio”), la parola “Pasqua” ricorda etimologicamente il passaggio dalla morte alla vita, insito nella Resurrezione di Gesù.
Un passaggio vitale è anche quello vissuto da quanti accolgono in sé il Cristo, facendo emergere... dal “fango” degli umani limiti... il “fiore di loto” della propria resurrezione interiore.
Nel mio caso, questo fiore cominciò a dischiudersi non appena mi rivolsi verso la Luce spirituale di Swami, come vi raccontai anche nel post “9 aprile dell’anno 30”.


P.S. - Riguardo al tema “pasquale” della “resurrezione interiore”, puoi vedere anche il post “Il fiore di loto”


SPLENDIDA È LA MISERICORDIA...

« Splendida è la misericordia nel momento della tribolazione, come le nubi apportatrici di pioggia nel tempo della siccità.»
(Sir 35,26)

Questa immagine biblica paragona l'umana capacità di essere compassionevoli nei confronti del prossimo... ai vitali benefici portati dalla pioggia sulla natura assetata.
Come ci indica il termine “misericordia” [dal latino “miséreo” (ho pietà) e “cordis” (cuore)], per portare un analogo sollievo al nostro prossimo bisogna che le sue necessità ci tocchino “dentro”, smuovendo a compassione il nostro cuore.
E’ infatti da lì, e non certo dalla “superficie” del nostro modo di essere, che proviene la benefica “pioggia” misericordiosa che può dissetare l’animo altrui.


SAGGIA VIGILANZA

“Cerca di essere il portinaio del tuo cuore, non lasciare entrare nessun pensiero senza interrogarlo”, scriveva Evagrio Pontico - uno di quei “Padri del deserto” che nel IV secolo dettero il via alla tradizione del monachesimo cristiano - e questo suo consiglio appare più che mai attuale visto che, tra i tanti pensieri che i moderni mezzi di comunicazione riversano nella vita di chiunque, ci sono anche dei “lupi travestiti da agnelli”, sotto forma per esempio di quegli slogans subdolamente razzisti e violenti che si diffondono nei social, e che attendono di “divorare” il buon senso di quei disattenti che li fanno entrare nella “casa” del proprio cuore “senza interrogarli”.
E’ pertanto fondamentale la vigilanza a cui fa riferimento questo antico monaco cristiano, la quale è peraltro un principio “trasversale”, di cui si trova per esempio riscontro anche in questo brano proveniente dalla tradizione orientale:
“Gli sciocchi sono dediti alla distrazione, gente di poco intendimento! 
Il Saggio, invece, custodisce l’attenzione come la ricchezza [più] preziosa.” (Dhammapada, Cap.II, 26)





PER UN AMICO FEDELE...

« Per un amico fedele non c'è prezzo, non c'è peso per il suo valore » 
(Sir 6,15)

Tutti sanno che “chi trova un amico trova un tesoro”, mentre non tutti tengono in considerazione quel che per esempio Plutarco, filosofo greco antico, esprimeva così: “Non ho bisogno di un amico che cambia quando cambio e che annuisce quando annuisco; la mia ombra lo fa molto meglio”.
Ben lungi dall’essere passivamente accondiscendente, la fedeltà dell’amico “che non ha prezzo” è quella che, ogni volta che serve, sa anche mostrarci i nostri errori per metterci nella condizione di poterli correggere.






L'IRIDE DELLA SPERANZA

In una classica metafora agostiniana, una vita “orfana” della speranza è presentata come la superficie grigia e spenta di un lago in un giorno nuvoloso.
Il ritorno del sole trasforma completamente quello specchio d'acqua, vivificandolo in un iride di colori che trasmettono “vita” a chiunque lo osservi.
Ecco cosa accade a chi riaccoglie in sé la speranza: la sua esistenza si riaccende di colori che, “di riflesso”, si trasmettono anche alle persone che ne fanno parte.
E’ questo uno dei modi nei quali la Luce di Swami ravviva tante vite.






VA' DALLA FORMICA

« Va’ dalla formica, o pigro, guarda le sue abitudini e diventa saggio. Essa non ha né capo, né sorvegliante, né padrone, eppure d'estate si provvede il vitto, al tempo della mietitura accumula il cibo.»  
(Pr 6,6-8)

Questo biblico invito all'operosità esorta a combattere la pigrizia materiale… ma un ulteriore nemico spirituale può subdolamente nascondersi in chi è magari solerte sul piano delle azioni, senza però esserlo altrettanto sul piano della “vivacità” di pensiero.
Per “diventare saggi”, l’operosità della formica va dunque presa ad esempio anche per preservare dalla pigrizia mentale la propria capacità di riflettere, approfondire conoscere.
A tale riguardo, il mio “tempo della mietitura” io lo vivo di Darshan in Darshan quando... come una formica :-) … faccio provvista del “cibo” delle divine informazioni che assicurano la vita della mia anima.



LA FEDE DEVE FARE I CONTI CON LA TUA NATURA UMANA...

Tra i vari ostacoli che si possono incontrare nella vita, ce ne sono alcuni che diventano difficili da superare non per una loro intrinseca difficoltà, quanto invece per la pesantezza con la quale ci si trova ad affrontarli, tant'è vero che... un po' come accade ad una mongolfiera libera di volare nel cielo dopo essere stata scaricata dalle zavorre...  quando ci si alleggerisce dal peso di preoccupazioni e sfiducia si possono oltrepassare delle barriere che prima sembravano bloccare il percorso.
Tenere "accesa" la propria fede, è il modo più rapido per riuscirci.

« La fede deve fare i conti con la tua natura umana, sovente pessimista, passiva e fatta di abitudini.
Il pessimismo è il campanello d’allarme che indica una
fede vacillante.
Fermati e interrogati sulla tua devozione:
“È autentica, oppure no?”.
Abbandonati fra le braccia di Dio, piuttosto che fra quelle dei tuoi dubbi.
Ti “arricchirai” del Soprannaturale, e la tua fede vincerà
il limite della tua fragile natura umana.»
(Swami Roberto)



IN OGNI CELLULA...

“Colui che dimora nella terra, e tuttavia è differente dalla terra...
Colui che dimora nell'acqua, e tuttavia è differente dall'acqua...
Colui che dimora nel vento, e tuttavia è differente dal vento...”

Questa antica Upanishad (BU III,7,3-7)*, che riconosce la presenza del Divino “IN” ogni elemento del cosmo, continua poi ripetendo la stessa affermazione per il fuoco, il cielo, ecc. … oltre che per gli “esseri viventi” nei quali Dio è presente pur essendo “diverso da tutti gli esseri”  (BU III,7,15)... a sottolineare quel principio che, per esempio, è riconoscibile anche nel celebre mantra sanscrito "Ang Sang Wahe Guru", che significa “In ogni cellula del mio corpo e in tutto il mio essere, Dio è lì”.
Coloro che, in Occidente, fanno fatica a conciliare questo principio di Onnipresenza divina con il messaggio cristiano, farebbero bene a tener conto dei concetti teologici cristiani-ramirici di cui vi ho parlato nel post “Cristo… Vita cosmica”.

* Brhadāranyaka-upanisad


OPERATORI DI PACE

Pur se molti oggi la intendono unicamente nel senso di “assenza di guerra”, biblicamente la parola “pace” ha un significato molto più ampio: l'originario termine ebraico “shalòm” designa infatti lo stato di benessere e di pienezza di vita che si instaura in coloro che sanno essere amici di Dio disponendosi interiormente alla benevolenza, alla giustizia, al dialogo, alla solidarietà.
Questi “semi” della pace crescono e producono frutto soltanto in coloro che sanno preparare il “terreno” adatto,  lavorando pazientemente per emendarsi “dentro”.
Pertanto, bisogna innanzitutto liberarsi da tutto ciò che è in contraddizione con questa pace-shalòm, per imboccare la via che porta a far parte degli “operatori di pace” (Mt 5,9) ai quali il Cristo rivolge una delle sue celebri beatitudini.


NEL "TEMPIO DELLE ORIGINI" ...

Nel "Tempio delle Origini" ho vissuto le mie prime celebrazioni, ed ho anche iniziato a vedere la Provvidenza di Dio all'opera nella vita di molti che, incontrando Swami Roberto, hanno "ricominciato" a vivere.






LA BUONA SEMINA

Mi torna oggi in mente un proverbio che dice: “Possiamo scegliere quello che vogliamo seminare, ma siamo obbligati a mietere quello che abbiamo piantato”.

Oltre che per ciò che vi si “miete”, ciascun giorno va valutato anche, se non soprattutto, per ciò che si decide di seminare... perché è evidentemente la “buona semina” a creare i presupposti karmici perché il tempo nuovo che ci attende sia il più possibile “buono” per noi.








UN DETTO... 

Un detto popolare che ho imparato da bambino recita: "Rosso di sera, bel tempo si spera".
Oggi... è il Tempio della mia Fede che porta il "bel tempo" nella mia vita