Le domande di...

Oggi ho incontrato Giuseppe, un giovane che per la prima volta ha messo piede in Anima Universale.
Vi riassumo la conversazione che ho avuto con lui: 

Perché il nome "Anima Universale"?
Perché noi amiamo definire così la Madre Divina, ovvero la Grande Anima che abbraccia maternamente ogni vivente.
La nostra Chiesa cristiana è dedicata a Lei, nella volontà di accogliere e aiutare tutti indipendentemente dal differente credo religioso. Per questo promuoviamo la ricerca di una trasversalità di valori positivi che faccia incontrare le diversità, accomunando gli esseri umani sotto l'unico cielo di Dio.
 
Cosa significa "Ramia"?
Ramia è l'appellativo di noi monaci di Anima Universale. Le lettere di questa parola contengono la sintesi del nostro progetto di vita e della nostra missione spirituale: Rispetto, Amore, Misericordia, Impegno, Altruismo.

Come si svolge la vostra giornata?
I tempi della nostra vita in monastero sono scanditi dal servizio spirituale a beneficio dei fedeli, dalla preghiera, dalle svariate mansioni comunitarie.
Oltre alla missione più prettamente pastorale, ci occupiamo della realizzazione di pubblicazioni, dipinti, opere musicali e multimediali... e lavoriamo per la manutenzione e la decorazione delle strutture di Anima Universale, come anche per coltivare la terra, nello spirito dell' Ora et labora.
Inoltre, spesso operiamo anche all'esterno dei nostri Monasteri seguendo personalmente le tante iniziative di solidarietà che Anima Universale conduce in varie parti del mondo, in collaborazione con Enti religiosi e anche con organizzazioni laiche.

Allora i vostri Centri sono aperti a tutti?
Sì, perché tutti possono partecipare alle nostre attività, frequentando liberamente le funzioni religiose in relazione alle proprie esigenze spirituali.
Inoltre, nei nostri Centri non manca neppure la presenza di persone atee che desiderano confrontarsi e dialogare con la nostra realtà spirituale.

In cosa credete?
Noi siamo monoteisti e ci rivolgiamo dunque all'unico Dio attraverso il Cristo, forma visibile del Suo Amore.
Noi crediamo nella sacralità della vita in tutte le sue forme e crediamo nell'importanza della ricerca di tutto ciò che può far evolvere l'interiorità di una persona verso l'Amore divino, mediante la riscoperta di valori universali quali sono per esempio la rettitudine, l'onestà, la carità, la fratellanza...

In che cosa consiste il vostro culto?
Per noi è culto al Signore tutto ciò che ciascuno può esprimere di giorno in giorno con bontà e animo caritatevole, nella consapevolezza che il primo tempio di Dio è la coscienza dell'essere umano... e amare Dio significa servirlo in ogni essere vivente, in particolare negli emarginati.
Nei Centri di Anima Universale si svolgono incontri di preghiera e meditazione quale espressione liturgica dell'Amore rivolto a Dio... del rispetto della sacralità della vita... e dell'anelito al miglioramento spirituale di ogni individuo.
Ma per noi costituiscono "culto al Signore" anche le conferenze sulla spiritualità, il dialogo interreligioso, le attività artistiche e ricreative... ed in genere ogni forma attraverso la quale sia possibile progredire verso l'identico fine: il nutrimento dell'interiorità della persona... la crescita dello spirito di fratellanza nei confronti del prossimo... lo sviluppo dei principi di Amore per la vita e per Dio.

E il Darshan? Di cosa si tratta?
Il termine Darshan ha un significato altamente spirituale e un’origine molto antica che ritroviamo, con significati differenti, sia nella cultura hindu che in quella ebraica.
In sanscrito Darshan deriva dalla radice dṛś «vedere» e significa «visione del divino». Nella religione hindu si può ricevere il Darshan, la benedizione di Dio, direttamente dalla Sua presenza spirituale in un tempio, oppure da un Maestro incarnato, (Avatar). Il Darshan è un evento che avviene principalmente sul piano della coscienza, in un’interazione spirituale profonda con il Maestro, che agevola l’elevazione spirituale ricercata dal discepolo.
La parola ebraica Darshan (in aramaico Darosha) deriva dal verbo DRSH che significa «interpretare, spiegare la scrittura». Il suo uso è riservato esclusivamente a un contesto religioso. Il Darshan era il predicatore e insegnante della Torah, che sovente aveva il titolo di rabbi «Maestro».
In Anima Universale il Darshan designa l'incontro con Swami Roberto, il fondatore della nostra Chiesa.
Durante il suo Darshan, Swami Roberto accoglie le richieste di aiuto che i devoti portano nel cuore e legge nel loro animo le sofferenze, le preghiere, le aspirazioni spirituali più profonde.
Coloro che vivono il Darshan animando di devozione il proprio “vedere”, ricevono la benedizione del Maestro e illuminano la propria dimensione interiore alla luce dei suoi insegnamenti spirituali.

Quali obblighi devono rispettare le persone che frequentano Anima Universale?
Dato per scontato il rispetto delle normali regole di convivenza sociale, non esistono obblighi o divieti particolari per quanti frequentano i nostri Centri.
Vivere Dio è un fatto di volontà e consapevolezza individuale più che un dovere o un’adesione incondizionata a regole standard che la propria spiritualità non abbia individualmente maturato.

Come vi sostenete?
In Anima Universale non ci sono tariffe. La nostra Opera si sostiene grazie alla Divina Provvidenza - che prende forma nelle offerte donate dalle persone che frequentano i nostri centri - e anche grazie ai frutti del nostro lavoro personale.
Le offerte ricevute sono utilizzate per l’espansione di quest’Opera spirituale e per il sostentamento dei Ramia. Inoltre, una parte delle offerte viene anche destinata in beneficenza ad altri enti religiosi e laici che alleviano la sofferenza, la povertà ed il disagio sociale.


LE DOMANDE DI UNO STUDENTE

Oggi ho incontrato uno studente che mi ha chiesto alcune cose.
Vi riassumo la conversazione che ho avuto con lui:
Cristo nell'Uomo
Quando ha avuto inizio Anima Universale?
Anima Universale idealmente ha avuto inizio il 9 aprile 1963 con la nascita di Swami Roberto, che è il portatore del peculiare Pensiero spirituale ramirico.
Formalmente, la Chiesa Anima Universale ha invece iniziato a costituirsi nel 1984 con la fondazione dell'Associazione "Cristo nell'Uomo", nata per dare una veste giuridica alla realtà costituita dall'insieme di persone che si riunivano per partecipare alle preghiere guidate dal giovane Roberto.
In seguito, alcune di queste persone sentirono la vocazione di dedicare la propria vita al Signore abbracciando la strada del sacerdozio cristiano-ramirico, cosicché la Chiesa Anima Universale giunse via via a prendere la sua forma definitiva.

Chi sono i
ramirici?
Sono tutte le persone che si riconoscono in questa via spirituale e l’abbracciano pienamente con il Battesimo, perché riconoscono in Anima Universale la loro Chiesa.
Dunque Anima Universale è la Chiesa dei cristiani-ramirici.
Poi esistono dei simpatizzanti che seguono Anima Universale con affetto ed entusiasmo, pur senza sentirsi motivati a ricevere il Battesimo ramirico. Sono persone che ritengono utile per la propria crescita spirituale partecipare ai nostri incontri di preghiera o alle iniziative di volontariato, e soprattutto confrontarsi con un pensiero spirituale diverso dal loro.
In Anima Universale i valori dell’amicizia e del rispetto superano anche le differenze teologiche, e permettono di lavorare insieme per cercare ciò che unisce anziché ciò che divide.

Lei come considera le altre religioni?

Partendo dall'evidenza che ogni individuo ha una sua peculiare coscienza ed una sua specifica condizione spirituale, a ciascuno dovrebbe essere riconosciuto il diritto di esprimere la forma di culto che sente più consona al proprio essere.
Purtroppo questo diritto fondamentale della persona non sempre è rispettato. La storia ed anche l'attualità dimostrano che le guerre di religione e l'intolleranza spesso nascono da chi fatica ad ammettere che i buoni e i giusti siano tali a qualunque religione appartengano.
Io invece penso che, quando nel fedele c'è sincerità e coerenza, ogni religione può essere un percorso per arrivare a Dio... a condizione che si tratti di una religione che insegna a rispettare e difendere la sacralità della vita, e dunque ad amare il prossimo.
Per questo Anima Universale rispetta ogni fede e apre le sue porte proprio a tutti, anche a chi pur non credendo vive con onestà, e pratica il rispetto e la solidarietà, e per questo è vicino a Dio magari senza saperlo.

Lei è dunque favorevole all'ecumenismo ?
Si’, anche tra quelli che non la pensano più o meno allo stesso modo.
Quando si limita l’Ecumenismo ad un piano strettamente teologico, si resta fermi a concetti di “tolleranza” anziché di “rispetto”, di “sopportazione” anziché di “collaborazione”.
Invece, l’Ecumenismo praticato da Anima Universale si fonda sul valore intrinseco di ogni animo umano... sul rapporto dell'individuale coscienza con Dio... sulla capacità di amare, di soffrire e di condividere propria di ogni persona. Questa è la strada per anteporre finalmente la spiritualità alla religiosità, superando differenze, ostilità ed ostracismi.
Io credo che il concetto di spiritualità non possa che essere universale, svincolato da chiusure e faziosità, capace di considerare le eventuali diversità di opinioni come un'opportunità di crescita da sviluppare mediante il dialogo, e non come una fonte di pregiudizi e violenze.
Inoltre, l'ecumenismo autentico non deve essere confuso con la comoda "fratellanza" tra quelli che la pensano allo stesso modo. Parlare di ecumenismo solo tra Cristiani significa contraddire Gesù che non ha mai emarginato nessuno.

Come si può riassumere la missione spirituale di un Ramia?
Noi monaci di Anima Universale siamo Sacerdoti Universali, e ci mettiamo a disposizione del prossimo e dei sofferenti senza distinzione religiosa. La nostra missione consiste nell'essere strumenti del nostro Pensiero spirituale, che aiuta i fedeli a rispettare la vita in tutte le sue forme... ad amare il prossimo senza discriminazioni... a maturare nella capacità di mettere in pratica un impegno morale quotidiano, nei vari campi del vivere sociale.


FelicitàLE DOMANDE
DI FRANCESCO


Oggi ho incontrato un giovane, perplesso di fronte al concetto ramirico di ecumenismo. Dopo essersi presentato, Francesco mi ha chiesto di spiegargli meglio il mio pensiero su questo tema.

Ma l'ecumenismo non riguarda le sole Chiese cristiane?
L'ecumene è la comunità universale dei fedeli in Dio.
Restringere l'ecumene ai soli cristiani significa fare ciò che l'Amore di Dio non farebbe mai: stabilire dei confini che, a priori, includono alcuni ed escludono altri.

Ma quale dialogo può mai esserci con chi non conosce le Sacre Scritture?
Se è per questo, proprio le scritture forniscono spunti illuminanti. Penso al Gesù sinottico che, di fronte al centurione romano che Gli chiedeva aiuto per il suo servo gravemente malato, disse: "In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande"... e alla donna cananea che chiedeva aiuto per la figlia tormentata dal demonio, Gesù pronunciò queste parole: "Donna, davvero grande è la tua fede"...Questi due esempi dimostrano che per Gesù gli "stranieri" non esistevano, mentre oggi troppi cristiani li fanno esistere... eccome!
Di fronte al centurione e alla donna cananea che esprimevano la loro fede... Gesù non chiese una conversione religiosa; Lui benedì la fede di quelle persone, anche se non erano ebree.
Chissà cosa sarebbe successo se gli odierni fautori dell'ecumenismo circoscritto alle sole Chiese cristiane si fossero trovati accanto a Gesù in quei due momenti.
Secondo lei, si sarebbero aspettati che il Cristo dicesse quelle parole?

Questo non lo so, ma comunque Gesù pronunciò quelle parole verso due persone che avevano riconosciuto la sua grandezza.
Sì, ma non nel senso di poterlo riconoscere quale messia di Israele... visto che non erano israeliti; inoltre non  potevano neppure riconoscerLo come il Risorto, perché Gesù era ancora in vita.
Eppure... a detta di Gesù il centurione aveva espresso una fede più grande di chiunque in Israele, pur senza conoscere le Scritture.

In ogni caso, non vedo come questo esempio possa essere trasportato ad oggi...
centurioni e le cananee d'oggi possono benissimo essere individuati nei fedeli delle religioni extra-cristiane, che sono banditi da troppi tavoli "ecumenici".

Sarà, ma io penso che dei paletti bisogna comunque metterli. Per esempio come è possibile, alla stregua di Anima Universale, proporsi di dialogare addirittura con gli atei, che non credono in Dio?
Quando un cristiano incontra un ateo che crede nell'altruismo, nell'onestà, nella giustizia, nel rispetto della vita... i punti di incontro non mancano affatto... e il "comandamento dell'Amore" annunciato da Gesù insegna a cercare sempre ciò che unisce e non ciò che divide.
Questo principio spirituale coincide perfettamente con gli insegnamenti di Swami Roberto, che hanno ispirato il pensiero "ecumenico senza confini" di Anima universale.

Non le sembra che così si corra il rischio di fare un gran minestrone?
Beh... a volerla vedere in questo modo, allora l'autore del minestrone sarebbe proprio Dio. Lei, come cattolico, non crede che Dio sia il Creatore?

Si, lo credo.
Allora dovrebbe chiedersi perché Dio, anziché "creare" tutti gli esseri umani cristiani, avrebbe creato anche i buddisti, i musulmani, gli induisti... e così via.
Come potrebbe Dio, che è Amore, creare per esempio persone di serie A (perché cattoliche) persone di serie B (perché cristiane non cattoliche) e persone di serie C (perché non cristiane)?
A meno che lei non pensi che, fuori dai piani di Dio, le altre religioni siano invenzioni del diavolo. In questo caso lei crederebbe in un Dio piccolo piccolo, visto che i cristiani sono numericamente molto inferiori ai fedeli non cristiani e quindi l'Onnipotente, da questo punto di vista, sarebbe clamorosamente sovrastato. Non le pare?

Guardi, io credo nel Dio cristiano, Uno e Trino, e nonostante tutte le sue considerazioni, io penso che questa sia la Verità... e non altre.
Se è per questo anch'io, come cristiano-ramirico, credo nel Padre, nel Cristo e nello Spirito Santo... ma credo anche che la Verità di Dio è l'Amore, che non esclude nessuno.
Così, penso che ogni essere umano, di qualsiasi cultura e al di là della propria soggettiva e limitata comprensione della Verità, è amato da Dio... e può raggiungere Dio attraverso la bontà e la rettitudine.
E' su queste basi, tra l'altro, che poggia il concetto ramirico di ecumenismo.




LE DOMANDE DI UN GIOVANE

Qualche tempo fa ho incontrato un giovane che mi ha fatto alcune domande.
Ecco un riassunto della conversazione che ho avuto con lui:

«Ramia, ho cominciato a conoscere il vostro concetto di ecumenismo, rivolto ad abbracciare anche le chiese non cristiane, ma non capisco come sia possibile considerare ugualmente salvifiche delle “verità religiose” così profondamente diverse le une dalle altre.
Oltre alla sua specifica "Verità teologica", il nostro pensiero spirituale contempla un peculiare concetto di "verità interiore" che può anche costituire un autonomo cammino individuale di salvezza.
Infatti ogni essere umano, al di là della fede professata, può essere vero nella sua capacità di amare il prossimo e di vivere in rettitudine; è questo il piano sul quale le religioni che hanno un fondamento etico possono costituire le differenti vie di salvezza che i fedeli di estrazione culturale diversa possono parallelamente percorrere, convergendo gli uni come gli altri verso l'unico Punto di Luce: Dio.

Mi sembra che questo voglia dire che... far parte di una religione o di un'altra è lo stesso. Se la teologia è inutile, che differenza fa credere in un modo, oppure in un altro?
La teologia non è affatto inutile... tutt'altro!
In un certo senso, le differenti teologie sono come delle insegne che indicano la direzione, suggerendo la via di salvezza quale uscita dai limiti materiali di questa dimensione. Esse dunque indicano un percorso ed aiutano i viaggiatori dell'esistenza ad orientarsi, per non perdersi nella confusione del mondo.
Alcune vie costituiscono delle scorciatoie rispetto ad altre... ma l'errore fondamentale sarebbe quello di fermarsi a rimirare l'insegna, anziché percorrere la via che la stessa indica, compiendo passi concreti nella direzione del bene.
Oggigiorno molti purtroppo si preoccupano soltanto di proclamare il mondo che la loro insegna è l'unica giusta, l'unica vera, e per farlo stazionano lì sotto, inscenando guerre teologiche con chiunque capita a tiro.
Ma se ci si aggrappa all'insegna (per quanto giusta possa essere) evidentemente non si va da nessuna parte.
La teologia non si può sostituire all'Amore... mentre l'Amore può sopperire anche alle carenze della teologia... perché l'Amore è Dio... e Dio è Amore. Per conseguenza la salvezza non può essere patrimonio esclusivo di una religione.

In questo modo non si svilisce il ruolo della religione?
Tutt'altro! La si colloca là dove deve essere, riconoscendola quale strumento di aiuto per l'uomo che cerca di riscoprire Dio, ma non cadendo nell'errore di metterla al posto di Dio.
Va da sé che più lo strumento è valido, migliori possono essere i frutti prodotti dal suo utilizzo...
senza mai dimenticare che, al contempo, anche lo strumento più perfetto, se usato male, può fare gravi danni.

Però, implicitamente, lei ammette che nessuna religione, neanche la sua, possiede la verità.
No, non è così. E' ovvio che io, essendo sacerdote di Anima Universale, sono strumento di un pensiero spirituale che esprime una sua specifica visione della verità. Per me la Conoscenza ramirica è la Verità, l'unica, così come è ovvio che i sacerdoti delle altre religioni considerano verità la loro rispettiva fede.

Appunto: le religioni sono tanti vasi a sé stanti, che cozzano gli uni contro gli altri...
Non è questo il mio caso.
Poiché io, come Ramia, concepisco un concetto di salvezza non necessariamente legato alla verità teologica, non potrei mai utilizzare il mio pensiero spirituale come un'arma per convertire qualcuno, o per supportare guerre teologiche.
Il mio concetto di Verità salvifica è legato alla rettitudine, alla purezza, alla coerenza con cui si vive la propria vita spirituale, in relazione al proprio karma, che a sua volta è in relazione al proprio personale piano di evoluzione interiore.
Io penso che una persona che “possiede” intellettualmente la verità teologica, ma che non la vive trasformandola in verità interiore, non si salva... mentre può salvarsi una persona che... pur non possedendo la verità teologica e magari neanche credendo in Dio... vive la sua verità interiore e ama il suo prossimo.

Io temo che questo pensiero, pur apprezzabile, riduca le religioni ad essere delle pratiche cultuali diverse, e grossomodo equivalenti...
Se così fosse, lei dovrebbe poter ottenere le stesse risposte che io oggi le sto dando anche da un sacerdote di un'altra religione, quando invece il pensiero teologico di Anima Universale è peculiare, ed in quanto tale diverso dagli altri.
Io ho scelto di essere Ramia... e non pastore anglicano, o lama buddista, o prete, o rabbino... perché negli insegnamenti spirituali di Swami Roberto ho trovato la quadratura del cerchio: ho trovato la verità teologica che mi aiuta a vivere la mia verità interiore, e al contempo mi insegna a rispettare anche la verità interiore di chi la pensa diversamente da me, e quindi crede in una verità teologica diversa.
Per questo Anima Universale è la mia Chiesa, ed è la mia Verità... l'unica.



OCCHI SBARRATI

Qualche giorno fa ho incontrato una signora che, avendo scoperto Anima Universale su internet, trovava "sincretista" l'uso da parte nostra di termini a suo dire estranei al cristianesimo, tra i quali per esempio mantra e karma.
"In realtà - le ho detto - nella nostra Chiesa ogni termine è usato in una accezione originale, frutto del nostro peculiare pensiero cristiano-ramirico, e chi lo approfondisce può rendersi conto che il minestrone-sincretismo con noi non c'entra nulla".
« Mantra e karma - ho poi aggiuntosono parole provenienti dal sanscrito che, appartenendo alla famiglia linguistica indoeuropea, è già di per sé "affacciato" anche in occidente attraverso la sua "parentela" con le nostre lingue classiche, il greco e il latino
Basti pensare, per esempio, alla nostra parola "Dio" che, attraverso il latino "Deus" proviene dall'unica radice indoeuropea "div/dev" (Splendente/Luminoso) dalla quale discendono anche i termini sanscriti "Divya" (Divino) e "Deva" (Divinità). 
Pur essendo tra di loro "parenti", questi termini assumono significati diversi a seconda delle diverse religioni che ne fanno uso, com'è il caso anche dei vocaboli "karma" e "mantra", cui le religioni orientali ovviamente attribuiscono un significato diverso rispetto a quello loro assegnato nell'ottica cristiana di Anima Universale. »
Nel prosieguo del nostro dialogo, ho poi fatto presente alla mia interlocutrice che la peculiare identità del nostro messaggio spirituale non cambierebbe se la ripetizione delle invocazioni liturgiche a Dio venisse da noi chiamata per esempio “litania” anziché mantra...
E non cambierebbe neanche se venisse usata la più prolissa ma "indigena" espressione "principio di causa ed effetto", al posto del conciso ma "straniero" karma, per definire un concetto che, per fare un esempio scritturistico, si ritrova nelle cristiane parole del Gesù di Matteo: “Tutti quelli che prendono la spada, periranno di spada” (Mt.26:52).
Infine, mentre stavo per dirle che non potevo trattenermi oltre con lei, perché un fedele mi stava attendendo in Chiesa, mi è venuto in mente l'inizio del Vangelo di Giovanni e allora le ho chiesto: “Ma...  non è che per caso lei pensa che anche Giovanni sia stato un po' sincretista ?”...

Mentre ancora lei mi guardava con gli occhi sbarrati chiedendosi a cosa mi riferissi, le ho ricordato l'incipit del testo giovanneo “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e Dio era il Verbo”... sottolineandone la corrispondenza con il versetto-gemello tratto dai Veda, e quindi scritto parecchi secoli prima di Cristo “In origine era Prajapati (Dio) e il Verbo era presso di Lui e il Verbo stesso era veramente il Supremo Dio.”
Dopo che lei mi ha detto di ritenere che si tratti di una conferma che la Verità di Dio è una sola, e che anche la mistica orientale l'ha in parte intuita... io gli ho risposto a mo' di battuta:
“Meno male... per un attimo ho temuto che lei potesse prendersela anche con il grande Giovanni, pensando che dal sanscrito vedico Lui non abbia preso solo qualche sporadico termine... ma addirittura si sia appropriato di un intero versetto usandolo nientemeno che per la celebre apertura del suo Vangelo”.
Il sorriso che ho visto comparire sul suo volto quando ci siamo salutati, mi ha fatto pensare che... un sunto di questo incontro potevo scriverlo anche sul mio diario.
Ecco fatto !


L'ULTIMO ARRIVATO

Stamattina... al termine di uno scambio di idee con un fedele di un'altra confessione cristiana, lui mi ha mosso una conclusiva “contestazione” che, con parole mie, posso riassumere più o meno così:
« Ma lei, come fa a pensare che la novità degli argomenti teologici, cristianamente "neonati",  di Anima Universale... possa competere con la solidità dei miei, che vantano una tradizione millenaria ? »
Nel corso degli anni ho ormai imparato che questo “tasto” è toccato da coloro che... com'è successo oggi... non vogliono più intendere ragioni, trincerandosi dietro stereotipi del tipo « le chiese "vere" sono solo quelle vecchie di secoli », e sostenendo per conseguenza delle "teologie" secondo le quali la Verità di Dio sarebbe un po' come il vino che, quando è stagionato, vale di più.

Al di là del fatto che dopo poche battute io ed il mio interlocutore ci siamo salutati, a mente fredda mi sono venute in mente le parole di Gesù « Nessuno mette vino nuovo in otri vecchi, ma vino nuovo in otri nuovi; altrimenti il vino fa scoppiare gli otri » (Mc.2.22)... e mi son detto che, come l'esperienza più volte mi ha insegnato, in questi casi non c'è proprio nulla da fare: chi è affezionato agli “otri vecchi”, non può che “rompersi” di fronte alla novità del pensiero cristiano di Swami Roberto.
Nella mia personale esperienza, uno dei “muri” più inscalfibili tra quelli che mi è capitato di fronteggiare è proprio quello eretto da quanti pensano che il Vangelo, dopo duemila anni di cristianesimo, abbia detto tutto quello che doveva dire... e così dimenticano che la Parola di Dio è un insegnamento incessantemente fecondo, che le nuove generazioni di cristiani sono chiamati a rileggere in chiave di attualità per coglierne quella perenne novità che, in realtà, è la prova di autenticità della sua "matrice" divina.
A differenza delle “verità” umane, che inevitabilmente passano di moda con il passare dei secoli, il Vangelo di Cristo è infatti una Verità che non invecchia mai e dunque... chi ha bisogno di far ricorso all'argomento "senilità-religiosa" per supportare le sue posizioni... dimostra semplicemente di “avere fatto il suo tempo”.

« Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno » (Mc 13,31) diceva Gesù... e non lo diceva solo nel senso che le Sue Parole non potranno mai svanire...
La Parola di Dio “non passerà mai” anche per il fatto, da molti ignorato, che la Verità divina è Eterna, cioè al di là del tempo, e dunque non potrà mai essere “passata” neanche nel senso di “datata” secondo il criterio mondano della “anzianità di servizio”.

Quel che è certo... ed io non mi stancherò mai di testimoniarlo... è che il volto di questa a-temporale giovinezza del messaggio evangelico io ho cominciato a farla mia solo seguendo gli insegnamenti di Swami Roberto che... perlomeno... ha superato quei cinquant'anni che invece facevano difetto a Gesù quando i Giudei gli contestavano il fatto che Lui, "l'ultimo arrivato" dei Rabbi, pretendesse di conoscere Dio molto meglio di loro: "Non hai ancora cinquant'anni..." (Gv.8,57).

Tornando all'episodio di oggi... di fronte all'irremovibile convinzione con la quale il mio odierno interlocutore continuava a sostenere la sua “ragione-religiosa”... a suo dire migliore della mia perché veterana di millenni... io l'ho salutato dicendogli: « Lei ha ragione, la Verità cristiana insegnata dal mio Maestro non è “vecchia”... 
Infatti è eterna, perennemente nuova com'è sempre nuovo l' “Eterno-presente” di Dio ».






KARMICAMENTE

Oggi ho reincontrato la signora di cui vi parlai qualche tempo fa nell'articolo “occhi sbarrati”.
Dopo essersi informata un po' di più sul pensiero spirituale di Anima Universale, mi ha espresso alcuni suoi interrogativi in relazione al nostro concetto cristiano di karma... iniziando all'incirca così:
“Dopo ciò che lei mi ha detto l'altra volta, ho cercato nei Vangeli ma non ho trovato altri passaggi che parlassero del principio di "causa-effetto" nella forma in cui ne parlate voi... come espressione della Misericordia di Dio che dà ad ogni persona la possibilità di rimediare ai propri errori e limiti”.
Nel breve dialogo che ne è seguito, ho cominciato con il ricordare alla mia interlocutrice alcuni aspetti generali di cui tener conto, a partire dal fatto che ci sono dei concetti cardine della tradizione cristiana che non sono espressi chiaramente nei Vangeli, come per esempio quel rapporto trinitario tra Padre, Figlio e Spirito Santo che ha originato discussioni teologiche continuate per secoli.
Poi, dopo averle ricordato che i testi originali hanno subìto anche svariate modifiche ed errate traduzioni... ho iniziato a parlarle di una frase di Giovanni che per molto tempo è stata tradotta in modo impreciso e che, in relazione al nostro argomento, contiene una “chiave” molto importante.
Qui di seguito, riporto un “estratto” di quanto le ho spiegato, così chi di voi ha letto la "prima puntata"... trova anche questo aggiornamento:

Dice Gesù: “Io sono la vera vite e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie [in greco “airei”], e ogni tralcio che porta frutto lo pota [kathairei], perché porti maggior frutto” (Gv.15,1-2).
Fino a poco tempo fa questa comune traduzione del secondo dei due verbi evidenziati lasciava intendere l'azione unilaterale del Padre che pota anche i "fedeli-tralci" che già “portano frutto”.
In realtà l'evangelista ha usato un gioco di parole tra il primo verbo greco “airei”, cioè "togliere"... ed il secondo “kathairei”, cioè "purificare"... che ha tutt'altro significato.
A differenza della potatura, l'iniziativa divina di purificazione ammette infatti il fondamentale coinvolgimento della libertà umana... creando così uno spazio concettuale dove trova posto anche il concetto di “karma” contemplato nella teologia di Anima Universale:
Nel nostro pensiero spirituale il Padre “purifica” i "tralci" che, restando uniti a Cristo, possono dare ancora più frutto... concedendo loro la possibilità di maturare spiritualmente attraverso delle “prove” esistenziali che sono "karmiche" perché commisurate ad ogni individuale libertà-necessità.
E' questo il "succo" del concetto di karma-purificazione che il pensiero spirituale di Anima Universale insegna, intendendo quindi il karma stesso non in un senso esclusivamente “punitivo” come molti pensano, soprattutto in Oriente... bensì in un senso “didattico”, propedeutico a quelle prese di coscienza che permettono di “portare maggior frutto” nell'amore.
Queste "lezioni divine", costituite dalle prove che siamo chiamati ad affrontare nella nostra vita, sono per noi delle opportunità "catartiche" (dal latino "cathartĭcus", derivato dal greco "kátharsis"), cioè interiormente purificatrici, ed è in questo modo che si attua quell'intervento misericordioso di Dio definito dall'evangelista con il verbo kathairei... anticipatore del concetto cristiano-ramirico di karma
Si tratta, oltretutto, di un concetto spirituale che ben prima del Vangelo ritroviamo anche nell'Antico Testamento, in passaggi quali “Il Signore corregge chi ama, come un padre il figlio prediletto” (Prv 3,12)... o anche...  “Tu (Dio) provasti gli uni come un padre che corregge” (Sap 11,10).
Poi, in tema di citazioni, concludo "in bellezza" con un passaggio estratto dagli insegnamenti di Swami:

« Quando sei messo a dura prova a causa del tuo Karma, e permetti di lasciarti crocifiggere umiliando così il tuo orgoglio ed egoismo... sei unito alla Grande Croce di Cristo, che ha il potere di inchiodare l'"io" per far
RISORGERE il tuo Sé.
Le "PROVE DELLA VITA" ti danno la possibilità di confrontarti con le tue reazioni, per conoscere meglio i
tuoi limiti ed imparare a dominarli, superandoli. Se non hai questo atteggiamento mentale e spirituale perdi molte occasioni per il Risveglio del tuo Essere.
»              
                     (Swami Roberto)






QUESTIONE DI...
« COME »


Oggi ho incontrato un giovane universitario, inizialmente interessato a capire meglio alcune differenze riscontrate tra ciò che lui pensava... a seguito della sua educazione religiosa e dei suoi successivi studi... ed alcuni temi da me affrontati in questo diario.
Vi riassumo qui, con parole mie, una parte del nostro dialogo... nel quale ho cominciato con il dirgli:
« Visto che il mio pensiero spirituale trae origine dai peculiari insegnamenti di Swami Roberto, che sono frutto della Conoscenza in Lui innata, è ovvio che la mia "lettura" delle Scritture cristiane non possa corrispondere a quella che può fare lei, alla luce dei suoi approfondimenti teologici.
D'altronde, fu
Gesù stesso a dire, al dottore della legge che gli chiedeva cosa dovesse fare per ereditare la vita eterna:
“Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?”
(Lc 10,25-26) ».
Gli ho poi evidenziato che questo doppio interrogativo, bel lungi dall'essere una semplice ripetizione-rafforzativa, esprime invece un significativo “crescendo” in cui la seconda domanda mette in risalto un problema che investe qualsiasi credente che legge le Scritture: bisogna vedere non soltanto "che cosa" legge... ma anche “come” legge...
Mentre stavo dicendogli queste cose, ad un certo punto lui mi ha interrotto dicendomi:
« Beh, è evidente che sia così, però... proprio a proposito di "come"... a me interesserebbe molto sapere cosa lei pensa riguardo al brano del "cieco nato" che si trova nel Vangelo di Giovanni (Gv.9,1) ».
Allora gli ho chiesto: "Perché proprio quel brano?"...
"Perché voi siete una Chiesa che ha un concetto cristiano di reincarnazione - mi ha risposto lui - e quel versetto è oggetto di dibattito tra diversi studiosi che si occupano di questo argomento".
Come indispensabile premessa, gli ho allora fatto notare ciò che già dissi alla signora di cui vi parlai nell'articolo "karmicamente"... ovvero il fatto che alcuni concetti cardine della tradizione cristiana (per esempio il concetto trinitario di Dio) non sono espressi chiaramente nei Vangeli e dunque, parallelamente, lo stesso può dirsi anche per altri concetti teologici, come quello della reincarnazione, che possono essere cristianamente sviluppati anche indipendentemente dalle Scritture.
Questo è infatti il caso del concetto teologico di reincarnazione in Anima Universale che, oltretutto, è anche indipendente dalle dottrine reincarnazioniste già esistenti, soprattutto in Oriente ma anche in Occidente.
"Per esempio - gli ho precisato ad un certo punto - noi escludiamo l'idea di reincarnazione regressiva, da uomo ad animale. Il nostro concetto di Misericordia divina contempla anche la possibilità di purificazione post-mortem per quanti ne avessero eventualmente bisogno... in un senso avvicinabile al tradizionale concetto cristiano di purgatorio che però, anziché in cielo, noi concepiamo attraverso una nuova nascita terrena"...
Poi, gli ho chiesto:
"Tornando a Giovanni, qual'è esattamente, il punto che le interessa ?" 
Aprendo il Vangelo che portava con sé, lui ha letto questi versetti :
« Passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: "Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?" Rispose Gesù: "Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma (è nato cieco) perché si manifestassero in lui le opere di Dio". (Gv.9,1-3) »
Gli ho prima chiesto cosa pensasse lui di queste parole di Giovanni, e lui mi ha risposto:

«Visto che Gesù qui non "prende la palla al balzo" e non fa nessuna esplicita affermazione a favore della reincarnazione, mi sembra ragionevole l'interpretazione teologica cristiana tradizionale che fa riferimento alla posizione di Rudolf Schnackenburg secondo cui la dottrina della reincarnazione “non ha alcun appoggio in Giovanni 9,2”. Penso che dalla risposta di Gesù si possa estrarre solo la precisazione che il male non è sempre la conseguenza di un peccato personale o di una colpa collettiva: “è nato cieco perché si manifestassero in lui le opere di Dio” (Gv.9,3). E lei, cosa ne pensa ? ».
Ho allora cominciato con il dirgli che questa sua valutazione non teneva conto di una parte sostanziale della questione, ovvero la domanda posta dai discepoli. « Il mio “come” parte proprio da lì - gli ho detto - ed il fatto che i discepoli considerassero plausibile l'idea che il cieco-nato potesse avere peccato prima della nascita è molto importante, perché significa che per loro era ammissibile quell'idea di preesistenza dell'anima-spirito individuale che è il presupposto fondativo della dottrina della reincarnazione. 
Partendo dunque dall'esaminare il contenuto della domanda, che è stata posta non da persone qualunque ma proprio da coloro che erano più vicini a Gesù e lo ascoltavano quotidianamente predicare... la risposta di Gesù assume tutt'altro significato, "capovolto" rispetto alla lettura cristiana "antireincarnazionista": 
Se Gesù avesse ritenuto blasfema l'idea di una preesistenza dell'anima-spirito del cieco-nato, non avrebbe potuto fare a meno di smentirla, togliendola dalla testa dei suoi discepoli. Invece, il Suo silenzio in proposito... lascia un significativo spazio a chi legge in questo versetto una Sua implicita approvazione di quel principio di preesistenza dell'anima che è il fondamento della reincarnazione ».

In definitiva - ho poi aggiunto - al di là del fatto che il mio concetto cristiano di reincarnazione trae origine dagli insegnamenti di Swami e non dalle Scritture... in ogni caso, per “come” la vedo io, il versetto di Giovanni 9,2 è uno di quei passaggi evangelici ai quali la teologia cristiana tradizionale non ha ancora reso giustizia ».

Allora lui ha fatto questa considerazione: « Beh, quello che lei mi dice, mi fa venire in mente le parole del teologo von Balthasar... molto stimato da Papa Ratzinger... quando ha sottolineato che la reincarnazione non può essere confutata, e dunque neanche dimostrata, unicamente sulla base della Scrittura... perché la Rivelazione non mira a spiegare tutti i misteri di Dio e del mondo, bensì a condurre gli esseri umani alla salvezza ».

« Infatti, è proprio così... » gli ho detto alla fine, ed il cordiale saluto che ne è seguito mi ha fatto pensare che, su questo argomento, il mio "come" si è senz'altro avvicinato al suo.


RIMETTI A NOI

Tra le tante domande che mi sono sentito rivolgere dai fedeli incontrati durante la mia vita religiosa, oggi ne ricordo una che riguarda la frase del Padre Nostro “non ci indurre in tentazione”, che... se presa alla lettera... lascia intendere la necessità di pregare  Dio per dissuaderLo da una Sua Volontà "provocatoria" nei nostri confronti.
Ovviamente non è così, e per comprenderlo bisogna risalire al fatto che l'originaria espressione di Gesù, che parlava in aramaico, fu fissata nel testo greco del Vangelo di Matteo (Mt 6,9-13) e fu poi tradotta nella "Vulgata" con il latino “Ne nos inducas in tentationem”... e questi "passaggi", da una cultura all'altra, hanno fatto perdere di vista un aspetto fondamentale:
Nella cultura ebraica, all'interno della quale Gesù viveva, era naturale esprimersi attribuendo a Dio anche ciò che lui permetteva alla libertà dell'uomo, per cui le parole di questa preghiera vanno intese nel senso di “non abbandonarci alla tentazione”... o “non lasciarci entrare nella tentazione”... come infatti appaiono nelle moderne traduzioni bibliche.
Al di là di questo aspetto, che di volta in volta ho riepilogato alle persone che mi hanno sollevato la questione, è peraltro interessante rilevare come la parola “tentazione”... in greco peirasmon... possa essere intesa non solo come la "seduzione ed induzione al male", ma anche come la "tentazione-prova" che costituisce un “test” karmico per la nostra fede.
Per conseguenza, la celebrazione di questa parte della preghiera può comprendere una duplice richiesta di aiuto rivolta a Dio:
La più "tradizionale" può essere espressa così : "Padre Nostro, aiutaci a non indulgere alla tentazione... ovvero a non accondiscendere ai suggerimenti del nemico di Dio"...
Poi, l'ulteriore richiesta di aiuto può essere formulata riferendosi al significato di tentazione-prova custodito nel vocabolo peirasmon, pregando dunque anche con questa intenzione: 
"Padre Nostro, sostienici quando ci troviamo nel bel mezzo della tentazione-prova karmica... cioè quando stiamo affrontando un'esperienza che mette alla prova il nostro grado di maturità spirituale... ed aiutaci a superarla il prima possibile, fortificati nella fede".

Visto che sono in argomento... anche la frase del Padre Nostro immediatamente precedente, sollecita oggi i miei pensieri: “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”... che in una traduzione in lingua francese compare anche nella forma “perdona le nostre colpe come noi le perdoniamo a quanti ci hanno offeso”.

Normalmente questa espressione viene giustamente intesa come un appello alla Misericordia di Dio affinché perdoni le nostre colpe, nella misura in cui anche noi perdoniamo quanti si sono resi colpevoli nei nostri confronti.
A ben vedere... l'espressione “rimetti a noi” può comunque richiamare anche un altro significato, dicendoci che queste nostre colpe ci sono “rimesse”,  ovvero sono "ripresentate" alla nostra libertà, la quale non deve poi sprecare l'opportunità di rimediarle agendo nel bene.
E' questo il percorso concettuale che oggi mi indirizza verso una delle sfaccettature del concetto cristiano-ramirico di karma, ossia verso la consapevolezza che il perdono concessoci da Dio per le nostre colpe non deve essere da noi inteso come se fosse un Suo incondizionato "condono"... quanto invece come la possibilità, concessaci dalla Sua divina Misericordia, di poter affrontare quelle esperienze che permettono alla nostra libertà di rimediare al male commesso, facendo concretamente il bene e "traducendo" così il nostro pentimento in una effettiva crescita interiore.
E' questo il modo in cui il Perdono divino ci aiuta a riportare il nostro piano karmico a quell'equilibrio che poi... per essere mantenuto... richiede anche il passo conseguente:
La nostra capacità di concedere al prossimo le stesse opportunità di ravvedimento che Dio concede a noi... “come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.


P.S. - A quanti tra di voi sono "digiuni" di informazioni riguardo al concetto cristiano di "karma" che fa parte del Pensiero spirituale di Anima Universale, suggerisco una "sosta" anche sui miei post "karmicamente" e "occhi sbarrati".


QUESTIONE VITALE

Sollecitato da un dialogo che ho avuto la scorsa settimana con una signora interessata agli argomenti biblici, riporto oggi nel mio diario un sunto di quel che le ho detto riguardo ad un argomento "vitale"... già a partire dal fatto che si riferisce alla parola Vita (in greco zōē) scritta da Giovanni all'inizio del suo Vangelo.
Dopo aver sintetizzato alla mia interlocutrice una fondamentale premessa evidenziata dagli attuali studi esegetici sul testo biblico (Vedi "Gv 1,3-4, nota esegetica")... ho cominciato a parlarle del 4° versetto del Vangelo di Giovanni nella sua formulazione più corretta, ovvero quella esattamente corrispondente a ciò che l'evangelista ha effettivamente scritto: "[In] Ciò che è stato fatto, in questo Egli [il Logos] era la vita, e la vita era la luce degli uomini" (Gv 1,4)...
Qui di seguito riassumo ciò che le ho poi detto, a partire dall'osservazione di un primo fondamentale aspetto: la stesura originale di questo versetto (contenente anche le parole evidenziate in rosso, di solito attribuite al versetto precedente) mostra un significato sensibilmente diverso rispetto alla traduzione corrente, cioè "In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini".

Nelle parole scritte in origine dall'evangelista, il Logos divino, cioè il Cristo, viene infatti messo in risalto come “la Vita” presente  "[In] Ciò che è stato fatto"... e questo concetto costituisce una biblica "eco" di ciò che Swami Roberto insegna sin dai suoi primi anni di vita... ovvero che il Cristo, il Logos divino, è la Vita... ed è ovunque... “In ciò che è stato fatto” ovvero in ciò che è stato “partorito” da Dio in questa dimensione... come ebbi già modo di dirvi nel post "Cristo... Vita cosmica".

Poi, esiste anche un altro aspetto di questa “vitale questione":
Per avvicinarmici... faccio un "balzo" nella pagina del Vangelo di Giovanni in cui Gesù dice ai Giudei:
"Abramo vostro padre esultò a vedere il mio giorno"
...
e loro gli rispondono  "Non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abramo?"(Gv 8,56.57).
Questa reazione dei Giudei appare normale, considerando quanto era  inconcepibile per loro l'idea che Gesù fosse il Verbo che sin dal principio “era presso Dio”(Gv 1,1 ) ... cioè che Lui, essendo coeterno al Padre, fosse il Cristo "preesistente" al tempo nel quale loro stavano vivendo.
Però... questo concetto a-temporale del Cristo-Logos, che costituisce una delle peculiarità del Vangelo di Giovanni, oltre ad essere inconcepibile per i Giudei... era anche assente, per fare un esempio, dalle tradizioni cristiane confluite nei Vangeli sinottici, i quali non menzionano il concetto del Verbo preesistente.

All'interno dei quattro Vangeli "canonici" esisteva infatti una rilevante differenziazione... relativa peraltro anche ad altri importanti aspetti... tant'è vero che oggigiorno gli studiosi della comunità internazionale sottolineano una realtà che in passato è stata lungamente negata (se non "nascosta") dalle Chiese cristiane "tradizionali" :
Successivamente alla crocifissione e resurrezione di Gesù non esisteva un solo cristianesimo... come si è creduto per secoli... bensì un “cespuglio” di cristianesimi diversi, assai differenziati tra di loro... che facevano riferimento a Vangeli diversi (compresi quelli che alcuni secoli dopo furono chiamati “apocrifi”, ma che in origine non erano considerati tali).
Tra questi Vangeli, a quello di Giovanni si deve la "novità" di questo concetto... la co-eternità del Logos-Cristo con il Padre... che fu poi ripreso dai primi pensatori e "Padri della Chiesa" per le loro elaborazioni teologiche.

Ebbene... l'osservazione di questo aspetto cristologico fa emergere una “discrepanza” a tutt'oggi esistente:
Mentre infatti questo primo “gradino” che differenziava il Vangelo di Giovanni rispetto al resto della cristianità del suo tempo, è stato poi superato... ed il concetto del "Verbo preesistente" è diventato patrimonio teologico generalmente condiviso... la stragrande maggioranza dei cristiani di oggi non ha invece ancora scalato il secondo “gradino”, che è costituito proprio dalla "questione vitale" affrontata in questo mio post.

Mi riferisco a quanti credono che il Verbo-Cristo, in quanto coeterno al Padre, sia effettivamente "pre" e "post-esistente" rispetto a qualsiasi punto del tempo... ma poi non Lo considerano altrettanto divinamente illimitato rispetto allo spazio, e dunque si trovano a malpartito di fronte a questo concetto espresso dall'evangelista Giovanni "[In] Ciò che è stato fatto, in questo Egli [il Logos] era la vita" (Gv 1,4).
Invece... il Pensiero cristiano ramirico mi permette di leggere queste parole del Vangelo nel loro significato più naturale : Cristo è la Vita... presente nell'ovunque di questa dimensione.
Questo è infatti ciò che Swami Roberto insegna, sin da bambino.


P.S. - In fondo... a ben pensarci... la reazione dei Giudei di ieri, che consideravano inconcepibile il fatto che Gesù affermasse "Abramo vostro padre esultò a vedere il mio giorno"(Gv 8,56)... non era poi cosi' differente dalla reazione di quanti oggi considerano inconcepibile la realtà del Cristo presente in ogni forma di Vita.


ANIMA... e SPIRITO

Avendo letto il post l' angelica farfalla che ho pubblicato qualche settimana fa, una persona mi ha contattato dicendomi di voler approfondire un po' la questione... ed ha cominciato con il chiedermi se ci fossero dei passaggi delle Scritture alle quali far riferimento, per riscontrare la distinzione tra anima e spirito che il Pensiero religioso di Anima Universale opera in seno alla “dimensione” incorporea dell'essere umano.
A titolo di esempio, ho allora cominciato col metterle in evidenza un paio di passaggi neotestamentari...
“Immagino che Lei si ricordi del brano di Luca, da cui sono tratte le prime parole del Magnificat?”...
“Si certo – mi fa lei... l'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore”(Lc 1,46-47)
“Ecco - ho aggiunto – già qui troviamo i due termini distinti... anima (in greco psychē) e spirito (in greco pneuma)... di cui stiamo parlando”...
Ho poi continuato dicendole che il mio Pensiero religioso mi fa leggere questo celebre versetto nel senso che Maria “magnificava”, cioè esprimeva una lode solenne con la sua parte animica-cosciente... ed “esultava”, cioè gioiva nel profondo del Suo eterno Spirito, in tripudio di fronte all'Eterno Salvatore.
Poi... le ho anche ricordato un eloquente passaggio paolino "Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo"(1 Tess 5,23).

« Si - mi fa lei - però resta il fatto che svariate dottrine religiose, anche di matrice biblica, non fanno la distinzione che fate voi... tra "spirito" e "anima" ».
Questa sua considerazione mi ha portato ad aprire una parentesi di carattere generale... che ho iniziato evidenziandole come alla base di molte delle parole che nelle differenti culture e fedi designano l'anima, si trovino dei concetti come "respiro", "vento", "soffio vitale".
Per farle un esempio, le ho nominato il vocabolo in uso presso l'Induismo ed il Buddismo... “atman” [(che in sanscrito significa “respiro”, “anima”, “principio di vita”... ed è collegato alla forma verbale aniti (“egli soffia”)]... la cui “aria” linguistica giunge in occidente e si fa riconoscere nell'assonante termine italiano “atmosfera”, o anche in quello tedesco atmen ("respirare")... e, dal punto di vista concettuale, palesa la sua affinità con il vocabolo “anima” (dal greco ánemos, "vento").
« Un fattore che induce molti a non fare distinzioni tra "anima" e "spirito" - le ho poi aggiunto - sta nel fatto che la "piattaforma" concettuale alla base del vocabolo "anima"... è un po' la stessa che si trova anche alla base del termine “spirito”... [(dal latino “spiritus”("soffio", "respiro", "spirito vitale")]... a sua volta pressoché equivalente al greco "pneuma"... nonché all'arabo "ruh" e all'ebraico “ruah”("vento", "respiro") ».  

Ho poi continuato dicendole che questa vicinanza semantica tra i due termini può portare a perdere di vista delle differenze che invece rimangono... anche dal punto di vista delle Scritture cristiane... e, tanto per farle altri esempi, le ho ricordato un paio di passaggi nei quali l'evangelista Giovanni ha usato il termine "spirito" (e non "anima") :
"Dio è spirito"(Gv 4,24)... “Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito.”(Gv 3,8)...
« Ecco - le ho precisato allora - da qui traspare il concetto di spirito eterno, senza limiti spaziali e temporali, che è il significato cristiano-ramirico che io attribuisco a questo termine... ben diverso da "anima", che designa invece l'invisibile "intermediario" che permette alla nostra individualità spirituale eterna di "abitare" nel nostro attuale corpo.

In conclusione di questo odierno dialogo, ho infine indicato alla mia interlocutrice il modo per conoscere meglio il Pensiero spirituale di Anima Universale riguardo a questi temi... compresa la possibilità di partecipare agli incontri di approfondimento che hanno luogo nel Monastero.



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