Le testimonianze dei Ramia

COSI' HO CONOSCIUTO SWAMI ROBERTO
(di ramia Giancarlo)

* Ramia Giancarlo, tu sei un monaco Ramia di Anima Universale ormai da tempo "immemorabile". Come hai conosciuto Swami?
- Il mio incontro con Swami, avvenuto nel 1983, è legato ad una pagina indelebile della mia vita, quella in cui mi trovai catapultato in una dimensione di grande sofferenza a causa della gravissima malattia che aveva colpito mia figlia secondogenita Teresa.

* Cosa successe esattamente?
- All'età di 4 anni e mezzo Teresa si ammalò di leucemia acuta.
Trasferita urgentemente all'Ospedale Civile di Padova nel reparto di leucemia infantile, dovette affrontare un lungo e doloroso ciclo di terapia, e subì anche alcuni delicatissimi interventi di prelievo di midollo spinale dalla colonna vertebrale.
Nella stanza di isolamento dove venivano trasferiti i casi disperati, Teresa era costantemente assistita dal personale medico e sostenuta dalle più efficienti apparecchiature che il progresso scientifico-tecnologico dell'epoca poneva a disposizione.
Era tutta monitorata... ma ad un certo punto ogni sforzo sembrò inutile. Si aggiunsero ulteriori complicazioni che resero vane le cure intraprese, e ridussero la mia bambina in fin di vita.
Lo stato in cui versava era straziante!
La nostra figlioletta era pallidissima, ed il suo colorito era bianco come la morte. Respirava ansimando e il battito cardiaco era talmente elevato, da far temere che il suo cuoricino dovesse scoppiare da un momento all'altro.

* I medici cosa dicevano?
- I medici non davano più speranze. Mi ricordo che il professore ci disse: “un corpo umano in queste situazioni può tirare avanti 3 giorni; Teresa è al quinto giorno e noi non sappiamo neanche spiegarci il perché...”
Poi, da credente, aggiunse: “al di sopra di noi c'è Dio. Attualmente siamo impotenti, non abbiamo i mezzi per strapparla alla morte e purtroppo dobbiamo dirvi queste cose”.
Per esperienza sapeva che la situazione era segnata, e ci aveva affiancato alcuni psicologi per aiutare me e mia moglie ad affrontare la prova più dolorosa per un papà e una mamma. Peraltro, in occasione della prima seduta, loro capirono che la nostra fede ci dava la forza anche di affrontare la tragedia annunciata della perdita della nostra bambina, e così reputarono che non avevamo bisogno di essere seguiti ulteriormente.

* In quel momento tu conoscevi già Roberto?
- No, non ne avevo mai sentito parlare.
Invece una mia vicina di casa, leggendo il settimanale “Gente” venne a conoscenza dei prodigi di un giovanissimo ragazzo di Torino.
Sapendo che la nostra piccola stava morendo, non perse tempo e prese in mano il telefono: chiamò spiegando la situazione disperata di mia figlia alla persona che rispose.
Proprio in quel momento il giovane Roberto stava rientrando in casa dopo la celebrazione della preghiera in chiesa e, sentendo parlare a voce alta di quel caso disperato, disse:
“Si la vedo... quella bambina non morirà”.

* Tu cosa pensasti quando te lo dissero?
- Non me lo dissero affatto. Quella frase risoluta pronunciata da Roberto era stata immediatamente riferita alla mia vicina, e lei si trovò in difficoltà. Temeva che se me l'avesse detta, e poi le cose fossero andate diversamente, avrebbe inferto un'ulteriore atroce sofferenza a me e a mia moglie. Così, si tenne quella frase per sé, ed io non ne seppi nulla. Me l'avrebbe riferita solo molto, molto tempo più tardi.

* Cosa fece la tua vicina dopo quella telefonata?
- Quel giorno si trovava a Leinì la signora Gianna Battistella di Loria (un paesino in provincia di Treviso), che aveva accompagnato un pullman di pellegrini alla preghiera.
Roberto benedì delle pezzuole, e le dette a Gianna perché le facesse giungere a noi genitori, affinché le mettessimo sul corpo di mia figlia.
La mia vicina avvisò mio fratello, che andò ad attendere l'arrivo del pullman a Treviso e, di qui, una volta che la signora Gianna gli consegnò le tele benedette, lui corse in ospedale.
Quando mi venne incontro, io avevo ormai pianto tutte le mie lacrime.
Vestito con il camice e la mascherina, mi trovavo all'interno della stanza sterile per vegliare mia figlia, e mi aspettavo che morisse da un momento all'altro.
Lei non mi rispondeva più... era tutta intubata... mani... piedi... dappertutto.
Il battito cardiaco saliva... saliva... saliva... ed il professore mi aveva detto: "o scoppia il cuore, oppure scoppia il pancino". Mi aveva fatto la proposta persino di poter forare il ventre di mia figlia, ma l'avrebbe fatta morire dai dolori...
“A questo punto, è meglio che le cose vadano in maniera naturale”... mi aveva detto.
Mio fratello arrivò in ospedale, e mi fece chiamare: “Guarda, ho questi telini che sono stati benedetti da un santo, non so neanch'io chi sia, però mi hanno detto che è un santo. Vedi tu sei vuoi metterli sul corpo di Teresa”.
Io da subito sentii la volontà di farlo, senza alcuna titubanza, ma vista la situazione, ovviamente pensai che era doveroso chiedere il permesso ai medici. Dalla vetrata della stanza sterile vedevo continuamente i loro volti... venivano appositamente dall'università per vedere come si evolveva la situazione, per cui non potevo fare solo di testa mia. Pensavo: “E' osservata per filo e per segno, e basta un niente per cambiare tutto... non posso metterle addosso qualcosa senza chiedere”.
Allora mi rivolsi al medico che sapevo essere credente, perché il giorno prima mi aveva detto: “Anche se non c'è più spazio per un intervento umano... comunque al di sopra di tutto c'è Dio”.
Quando gli chiesi se potevo mettere sul corpicino di Teresa i telini benedetti, mi rispose: "Veda lei; faccia pure come vuole".
Più delle parole, la risposta era nel tono della sua voce, con il quale era come se mi dicesse: “Cerca di capire che intanto, non c'è nulla da fare”.
Il suo tono mi fece capire quello.

* E dopo cosa successe?
- Quando mia moglie, su mia indicazione, mise il primo panno benedetto da Roberto a contatto con il corpo di mia figlia... accadde l'inverosimile. Dal monitor non mi accorsi subito di quanto stava succedendo, ma i medici presenti in reparto vennero a controllare... e ciò che videro e dissero mi fece immediatamente capire che si stava verificando qualcosa di molto strano.
Le pulsazioni cominciarono lentamente ma continuamente a regredire. Tutti i flussi vitali di Teresa si risvegliarono... e tutti gli esami prontamente eseguiti rivelarono la straordinarietà della nuova situazione che si era creata.
Mi ricordo ancora adesso che uno di loro esclamò. “guardi, i battiti stanno cominciando a scendere!”...
Erano letteralmente stupefatti, anche se un po' tutti loro pensavano che presto le pulsazioni del cuore di Teresa avrebbero ricominciato a salire!
Questo non successe... anzi! Più i minuti passavano, più le sue condizioni generali si normalizzavano.
Intorno a me vedevo i volti dei medici riempirsi sempre più di stupore.
Io sentii la gioia impadronirsi del mio animo. Praticamente non ebbi il tempo di realizzare la reale entità di quanto stava accadendo, che il miracolo divenne a tutti gli effetti palpabile... inequivocabile:
Mia figlia riaprì gli occhi e disse: "Papà, ho fame. Dammi del pane". 

* Ed il primario cosa disse?
- Fu chiamato d'urgenza. Essendo quasi mezzanotte, lui si trovava a casa... ma subito si precipitò in ospedale per vedere di persona. Rimase allibito nel constatare che tutti i parametri rilevati dalle strumentazioni applicate si erano normalizzati.
Io... non sapevo cosa dire, ma ricordo distintamente uno stato d'animo inspiegabile: dentro di me sentivo un qualcosa di immenso, che non potevo contenere, e che suscitò la reazione di tutti i medici. Il primario mi disse: “guardi, non si illuda, perché sappiamo come vanno queste cose”.
Me lo diceva per esperienza, e non certo per il gusto sadico di far star male me e mia moglie. Comunque... io già sapevo che non poteva avere ragione. Sentivo che quello che stava succedendo non poteva essere il “canto del cigno” che anticipava la morte di Teresa, perché tutto si era capovolto proprio nell'esatto momento in cui avevamo messo i telini benedetti sul petto della nostra bambina. Tutto era successo in quell'attimo... non prima e non dopo.
Questa consapevolezza era così forte in me, che mi rifiutai nel modo più assoluto di credere alle parole con cui i medici mi invitavano alla prudenza. Io non avevo alcun dubbio: sapevo che era avvenuto “qualcosa” di straordinario.

* Dopo che tua figlia ti chiese il pane, tu cosa facesti?
- Avevo con me ogni ben di Dio... ma non del pane. Telefonai in cucina per chiedere se ne avevano un pezzo, e l'infermiera addetta mi disse: “ma si figuri signor Rigo, le porto qualcosa di più sostanzioso”; lei pensava che fossi io ad avere fame.
“No... è per Teresa...” gli dissi.
“per Teresa”?... non credeva alle sue orecchie!
Fatto sta che quando il pezzo di pane arrivò, Teresa rapidamente se lo mangiò!
Neanche tento di esprimere ciò che provai in quel momento: sarebbe impossibile tradurlo in parole. Posso solo dire che nell'emozione concitata ed incontenibile che mi assalì, senza sapere perché trovai il tempo di guardare l'orologio che avevo al polso, e vidi che le due lancette si sovrapponevano perfettamente, a formarne una. Era la mezzanotte.
Il senso di questo mio sguardo al quadrante dell'orologio l'avrei capito poi, quando Swami mi aiutò a capirlo.

* E cosa ti disse?
- Quel momento non era ancora giunto. In quell'ospedale io ancora non conoscevo Roberto.

* Sì, appunto, non mi hai ancora detto come e quando lo incontrasti.
- Successe di lì a poco.


La guarigione completa di mia figlia, avvenuta tra lo sbalordimento dei medici che iniziarono a chiamarla "il miracolo vivente", aveva suscitato in me un desiderio incontenibile di conoscere chi l'aveva aiutata.
Così, non appena Teresa fece ritorno a casa, con tutta la famiglia organizzammo un viaggio con meta la chiesetta di Torino-Sassi, dove all'epoca viveva Roberto.Mia figlia era clinicamente guarita, e ovviamente i medici le avevano prescritto un rigoroso ciclo terapeutico post malattia, che noi genitori le facevamo seguire scrupolosamente.
Prima di partire per Torino, ci eravamo organizzati pensando che la nostra bambina potesse patire un po' la lunghezza del viaggio, ma certo non immaginavamo che potesse succedere quello che poi successe!
Teresa cominciò a rigettare praticamente da subito; i chilometri passavano, ma lei continuava a stare male. Arrivammo alle porte di Milano, e ci rendemmo conto di avere già esaurito tutta la scorta di abitini di ricambio e asciugamani di riserva che avevamo prudentemente portato con noi.
Fummo costretti a fare una cosa... che ancora adesso mi vengono i brividi a ricordarla: percorremmo il tratto autostradale Milano-Torino viaggiando a bassissima andatura sulla corsia di emergenza, e mia moglie teneva la porta dell'auto semi-aperta, pronta a sporgere mia figlia all'esterno della vettura... nei momenti in cui arrivavano i conati di vomito.
Come non bastasse, ad un certo punto si scatenò il finimondo anche dal punto di vista meteorologico : arrivò un temporale terribile, nero come non ne ho mai visti in vita mia e Stefano, l'altro mio figlioletto che era seduto sul sedile posteriore, era letteralmente terrorizzato.
Mia moglie mi chiese: “Cosa facciamo?”...
Io subito le dissi: “Andiamo avanti!”. Visto il miracolo che avevamo ricevuto, non ebbi alcuna esitazione: ero consapevole che stavamo portando nostra figlia da quel giovane che l'aveva salvata, e non c'era ostacolo che potesse fermarci.
Giungemmo finalmente a Torino-Sassi... quando ormai la nostra bambina era spossata, e noi insieme a lei.
Iniziammo ad attendere che Roberto scendesse per ricevere le persone che desideravano parlare con lui, e vedevamo che continuava ad arrivare gente... tanta gente: il piazzale antistante la chiesetta si riempì.
Una persona uscì dalla Chiesa e disse: “fate passare i signori di Vicenza”...
Io mi feci avanti e mi rivolsi verso la folla, dicendo ad alta voce: “chi è di Vicenza alzi la mano”...
Nessuno lo fece, così capii che toccava subito a noi.
Entrammo... e vidi per la prima volta Roberto.
La prima cosa che mi colpì, fu l'oceano di Amore che incontrai nel suo sguardo.
Colsi in lui qualcosa di immenso, e vissi una sensazione talmente sublime... che mi trovai inginocchiato davanti a quel giovane neanche ventenne.
Lui si avvicinò a Teresa, la toccò, la benedì e disse “Rispetto a come ti vedevo a Padova... adesso stai molto meglio”...
Io, un po' frastornato, mi girai verso mia moglie... “Ma come? E' venuto a Padova?”... ancora non ero preparato a quel tipo di fenomenologia, e quel suo parlare come uno che conosce già tutto, senza che noi gli avessimo detto nulla, mi lasciò attonito.
Restò con noi alcuni minuti, durante i quali oltretutto accadde un altro fatto strabiliante: sulla fronte di Roberto io e mia moglie vedemmo distintamente una croce... che invece non videro le altre persone che dopo di noi parlarono con lui.
Mi ricordo che nell'emozione incontenibile di quel mio primo incontro con Roberto, non riuscii a dirgli praticamente nulla; mi sentii unicamente di ringraziarlo... con tutto me stesso... per aver restituito mia figlia alla vita.
Nel congedarci gli accennai alle condizioni disastrose in cui avevamo fatto il viaggio di andata, e lui ci disse: “Vedrete che nel ritorno non sarà così”.

* Ramia Giancarlo, la volta scorsa mi avevi parlato anche di quel fatto singolare che era accaduto all'ospedale quando, nella concitazione dei momenti in cui Teresa si era risvegliata e ti aveva chiesto del pane, tu... senza sapere perché... avevi guardato le lancette del tuo orologio, e avevi visto che “spaccavano” la mezzanotte. Mi avevi detto che Swami ti aveva aiutato a capirlo.
- Infatti... lui mi spiegò quella “fotografia”. Mi disse che, così come la mezzanotte segna la fine di un giorno e l'inizio di un giorno nuovo... così sul quadrante dell'orologio mi era stato concesso di osservare il momento di grazia che segnava per mia figlia la fine del tempo della malattia, ed il ritorno alla vita.

* Dopo quel primo incontro con Roberto, partiste subito per tornare a casa?
- Prima di iniziare il viaggio di ritorno, entrammo in un piccolo ristorante nei pressi della Basilica di Superga, per mangiare qualcosa.
Anche Teresa voleva mangiare... e già ci sembrava impossibile che fosse lei a chiederlo, visto che non aveva mai appetito.
Ordinammo anche per lei, pensando che avrebbe magari assaggiato qualcosa, e poi il resto lo avremmo terminato noi... ed invece... non avanzò niente!
Io e mia moglie eravamo a dir poco contenti, ma anche preoccupati, perché non avevamo più nulla per cambiarla, e “l'odissea” del viaggio d'andata era ben presente nei nostri pensieri...
Fatto stà che salimmo in macchina, e per tutto il tragitto Teresa continuò a cantare... con quella sua vocina felice che ci dette una gioia immensa.
“Basta! Altrimenti finisce che ci spacchi i timpani delle orecchie...” gli dissi ad un certo punto, baciandola con il mio cuore finalmente sorridente.
Giunti sulla porta di casa io e mia moglie, in contemporanea, pronunciammo la stessa frase: “Roberto aveva detto che nel ritorno sarebbe stato così”.
Ed in effetti se l'andata verso Torino fu un disastro... il ritorno fu... un sogno.

- Cosa accadde dopo il tuo primo incontro con Roberto?
* La malattia di mia figlia... e poi la sua guarigione... si sono abbattuti su di me con la forza di un ciclone.
Dopo l'incontro con Roberto a Torino-Sassi, la mia vita sembrava dover tornare alla cosiddetta “normalità”, ma dentro di me ardeva ormai un fuoco attorno al quale ruotavano tutti i miei pensieri.
Mi ero reso conto di aver ricevuto un aiuto così grande, in un momento così difficile della mia vita, che avvertii forte il desiderio di fare anch'io qualcosa per gli altri, per essere di aiuto a chi soffre.Tra me e me continuavo a pensare: “mamma mia, che miracolo ho ricevuto... e pensare quanta gente soffre senza sapere che esiste una persona così, un ragazzo di Dio che li può aiutare”.
Capii che il modo più bello per fare qualcosa per il mio prossimo era quello di accompagnare da Roberto le persone che avevano bisogno di aiuto.
A Trissino, nel paese in cui abitavo, in un battibaleno si era sparsa la notizia della guarigione miracolosa di mia figlia, così mi trovai quasi senza accorgermene ad organizzare dei pullmann di persone che desideravano venire con me a Torino.
Ben presto mi accorsi che dell'aiuto di Roberto avevano bisogno un po' tutti, perché chi non era ammalato nel corpo, lo era nell'anima.

* Ed il parroco del paese, cosa diceva?
- Inizialmente fu spettatore di una piccola rivoluzione nel modo di comportarsi di alcuni suoi parrocchiani che, dopo essere stati con me a Torino, mostravano un risveglio alla fede che li portava a tornare a frequentare la chiesa.
Grazie a ciò, quando chiesi al parroco se potevo organizzare una conferenza di Roberto, lui acconsentì e mi propose l'uso dell'aula magna della scuola professionale in cui insegnavo.
Gli dissi che sarebbe stata insufficiente e lui, anche se la mia richiesta gli sembrava eccessiva, alla fine mi concesse l'uso del cinema parrocchiale.
Rimase letteralmente a bocca aperta nel vedere l'afflusso incredibile di persone che parteciparono all'evento: il cinema era strapieno, comprese le scalinate... e le parole di Roberto smossero le corde interiori di tante anime.
Trissino, 5.4.87 - Swami durante la conferenza
Ne seguì una vera e propria “mobilitazione” di persone che cominciarono a venire regolarmente con me a Torino, e questo fatto finì con il determinare una reazione in fondo prevedibile.
Con il passare del tempo in paese cominciarono a sollevarsi varie voci che seminavano zizzania.
Iniziai a sentire critiche di ogni genere rivolte a Roberto, che aveva fondamentalmente il torto di disturbare la “tranquillità cattolica” del paese. Soprattutto dagli ambienti vicini alla parrocchia, partì una subdola campagna di delazione... per cui io ad un certo punto tornai dal prete, per chiarire la questione.
Io gli ricordai quello che in fondo lui già sapeva: gli dissi che Roberto non solo aveva salvato la mia bambina, ma aveva anche rianimato la mia fede, mi aveva fatto riscoprire la preghiera, mi aveva insegnato ad amare il Cristo come mai mi era capitato nel mio passato di fedele cattolico.
Ad un certo punto vidi i suoi occhi cambiare espressione e dalle sue labbra uscì una frase che suonava da ammissione... “Beh, almeno una cosa posso dire di questo ragazzo: da quando hai cominciato a portare tanta gente del paese a Torino, mi riempiono la chiesa, mentre prima non venivano mai. Questo ragazzo mi ha riempito la chiesa, ha riportato le persone a Dio... “.
Ci salutammo cordialmente, ma da quel giorno le nostre due strade si separarono definitivamente, ed io continuai a percorrere la mia a spron battuto.
Già da qualche tempo partecipavo agli incontri di preghiera che avevano luogo un po' in tutto il Veneto, ed un po' alla volta cominciai anche a farmi carico di organizzarne qualcuno. Inoltre, approfittavo di ogni occasione per andare a Torino accompagnando da Roberto le persone bisognose che me lo chiedevano... ma soprattutto per cogliere il nettare spirituale dei suo insegnamenti.
Poi, tornavo a casa e raccontavo quello che avevo sentito dal Maestro... lo facevo soprattutto in occasione degli incontri di preghiera, dove i presenti mi chiedevano di renderli partecipi di ciò che a Leinì avevo personalmente ascoltato... e scoperto.
In breve tempo... non mi fu più sufficiente partire alla volta del Piemonte con un pullman e sovente anche con due...
Ci fu per esempio un giorno, ed era il marzo 1988, in cui organizzai un pellegrinaggio che fu a tutti gli effetti memorabile, con ben 7 pullman.

* Perché fu memorabile?
- Si trattò di un viaggio che organizzai per partecipare alla veglia di preghiera che Swami tenne nel palazzetto dello sport di Torino, e alla quale furono presenti alcune migliaia di persone.
Prima della partenza di quel pellegrinaggio, Roberto mi aveva preannunciato che su uno dei miei pullman ci sarebbero stati dei problemi... legati ad una certa situazione che per riservatezza non posso citare. “Puntualmente” proprio quel pullman accusò tutta una serie di anomalie al motore che costrinsero l'autista a fermarsi più volte, senza che si riuscisse mai a capire la reale causa dei problemi rilevati dalla strumentazione di bordo (non si trovò nessun guasto neanche a viaggio terminato, quando il pulmann venne fatto revisionare da un'officina specializzata).
Nulla si trovò perché la causa dei malfunzionamenti del motore non era di natura meccanica... per cui non poteva essere meccanico neanche il rimedio. Grazie a ciò che Roberto mi aveva detto, avevo infatti dato una precisa indicazione alla responsabile del pulmann: “al sopravvenire di qualsiasi problema, inviti gli occupanti a celebrare il Santo Rosario”.
Così fu fatto, e quando la preghiera terminò, come per incanto i problemi svanirono, ed il viaggio riprese normalmente. Nel frattempo con il primo pullman io ero già arrivato al casello autostradale di Torino, solo che non avevo alcuna idea di dove si trovasse il palasport. Stavo per chiedere informazioni all'addetto del casello autostradale, quando vidi due poliziotti in moto che si avvicinarono al finestrino e mi chiesero:
“Dove dovete andare?”
“Al palazzetto”...
“Venite, vi facciamo strada noi”.
“Chissà chi li ha mandati – ci dicevamo - guarda che grazia”...
Arrivati al piazzale del palazzetto, dissi all'autista che volevo scendere per ringraziarli solo che... i due sconosciuti motociclisti che ci avevano fatto da staffetta erano spariti.
Tutte le persone rimasero strabiliate, perché il piazzale era enorme e non c'erano ostacoli che impedissero la visuale. Eppure... nonostante una cinquantina di persone che guardavano un po' in tutte le direzioni, dei due provvidenziali poliziotti non c'era più nessuna traccia!
Ho voluto raccontare questo episodio perché è esemplificativo del gran numero di situazioni a dir poco strane che mi trovavo a vivere quando accompagnavo delle persone da Roberto.

* E quella Veglia al Palazzetto dello Sport? Come si svolse?
- Fu un incontro straordinario da tutti i punti di vista! Basti pensare che Roberto guidò ininterrottamente la preghiera dalle 9 di sera fino alle 6 del mattino seguente.
Quando alla fine impartì la sua benedizione, io come tanti altri eravamo increduli che fossero passate ben 9 ore: era come se da un lato il tempo si fosse ristretto, e dall'altro dilatato... per inghiottire ogni nostra stanchezza e preoccupazione. Alla fine eravamo tutti euforici, caricati dalla cascata di energia spirituale con la quale Roberto ci aveva inondato.
D'altronde, quella era una sensazione che ormai cominciavo a conoscere bene, e come me la conoscevano anche le persone che accompagnavo a Leinì per parlare con lui.
Di norma Roberto riceveva le persone al mattino, mentre al pomeriggio c'era sempre la preghiera. Quello era per me il momento più atteso: era un rinascere... un abbeverarsi ad una sorgente di luce purissima che mi faceva sentire la presenza di Dio come mai mi era accaduto in precedenza nella mia vita.
Non solo per me, ma per tutte le persone che partecipavano a quei pellegrinaggi con meta Leinì, essere presenti alle preghiere di Roberto era una cosa stupenda: quanta pace scendeva nel cuore! Quanto amore ti risvegliava dentro! Con una semplicità e chiarezza unica lui apriva la nostra comprensione alla conoscenza di Dio e dell'essere umano. Furono davvero tante le conversioni all'amore e alla fede che vidi personalmente sbocciare!

Con il passare del tempo, sentivo sempre più forte la necessità di incontrare Roberto e di vivere la sua preghiera, che ogni volta mi colmava di ricchezza interiore.
Non ci volle molto perché quel mio continuo abbeverarmi a questa sublime fonte spirituale cambiasse totalmente anche me: mi sentii trasformare interiormente da una nuova consapevolezza, che ristorava sempre più il mio animo.
In quel mentre, cominciai a notare dei fatti "particolari" che capitavano nella mia vita, e che in qualche modo costituivano per me come delle conferme di un copione che era come se fosse già scritto.
Per esempio un giorno mi trovavo a Padova per lavoro, e mentre camminavo tranquillo su un marciapiede in piena città, ebbi improvvisamente l'impressione di essere seguito.
L'idea mi faceva anche un po' sorridere, perché proprio non avevo nulla che potesse suscitare l'interesse di qualcuno, ma a distanza di pochi minuti questa sensazione si ripresentò: mi girai, e vidi della gente che camminava per i fatti propri... di certo nessuno seguiva me.
Però poco dopo, per la terza volta ebbi ancora più forte l'impressione che qualcuno mi stesse alle spalle. Mi girai di scatto, deciso a liberarmi di quest'idea assurda... e stavolta mi trovai davvero una persona di fronte: era un giovane di circa 30 anni, un po' più alto di me ma di una magrezza da far paura; un viso così scavato non l'avevo mai visto... mi sembrava un morto vivente.
Prontamente stese la mano chiedendomi: "ti prego, dammi 200 Lire, ho tanta fame". Che avesse fame l'avrebbe capito anche un orbo... "ma cosa ti comperi con 200 Lire?", gli chiesi subito.
E lui: "a me basta un po' di pane".
Il pane: anche mia figlia me l'aveva chiesto quando aveva riaperto i suoi occhi... ed io vissi in modo particolare quella richiesta, ripetuta, del pane... cioè di quella risorsa essenziale, vitale, lontana dal superfluo... come erano essenziali e vitali le risposte spirituali che l'incontro con Roberto mi aveva permesso di trovare.
Cominciai a riflettere sempre più profondamente sull'intera mia vita: avevo ormai capito che volevo far primeggiare Dio su ogni altra cosa, per cui iniziò a maturare dentro di me la volontà di donarmi totalmente a Lui.
Sì, un po' alla volta capii che il pane che mi era stato chiesto... prima da mia figlia e poi da quel mendicante apparso "chissà da dove"... non era semplicemente un pane materiale.
Anche le tantissime persone che accompagnavo da Swami Roberto erano affamate del pane divino... l'impagabile cibo della spiritualità che placava la fame più profonda dei loro animi.
Ormai avevo capito che, percorrendo il cammino spirituale che Swami Roberto mi mostrava, avrei potuto essere uno strumento a disposizione del Signore per rispondere alle richieste di aiuto di tanti affamati di verità.
In cuor mio custodivo queste cose... meditavo sul futuro della mia vita... ed intensificavo i miei pellegrinaggi a Leinì, assecondando sempre più la vocazione che sentivo crescere nel mio cuore.
Finché un giorno mi trovai in casa, a meditare profondamente sulla mia decisione di consacrarmi al Signore.
Il desiderio era grande... ma ancor più grandi erano le paure a motivo dei miei limiti.
Ebbene, in un momento di intensa preghiera, nel quale invocavo Dio e la Madonna affinché mi donassero la Luce necessaria a fare piena chiarezza sulla mia scelta di vita, improvvisamente un intenso profumo di incenso mi raggiunse e riempì tutta la stanza in cui mi trovavo.
In casa mia non c'era mai stato alcun tipo di incenso...
Mi guardai attorno, per verificare se da qualche parte qualcuno avesse acceso dell'incenso... ma non era assolutamente così. Eppure io ero immerso in un soave profumo di incenso che si sentiva solo nella stanza dove mi trovavo.
L'incenso è il profumo che si offre al Signore, e quella manifestazione corrispose al momento in cui maturai la mia volontà di consacrarmi al Dio di tutte le genti nella Chiesa fondata da Swami Roberto.

Oggi, dopo oltre 19 anni dal giorno della mia consacrazione sacerdotale in Anima Universale, mi trovo ad essere felicissimo di una scelta che mi ha donato una ricchezza spirituale senza eguali.
Il contatto con le molte persone che il Signore mi ha fatto incontrare, soprattutto quelle provate dalla vita, mi ha aiutato a comprendere ancora di più il prossimo, e a constatare quanti esseri umani siano alla ricerca di Luce, verità e Amore.
Personalmente, ho poi vissuto una gioia indescrivibile il 24 febbraio di 2 anni fa: quel giorno tutta la mia famiglia, al completo, era presente nel tempio Anima Universale di Poggiana di Riese Pio X, nel giorno in cui io e i miei confratelli Ramia abbiamo celebrato il battesimo ramirico di mia figlia Teresa, del suo compagno Andrea e dell'altra mia figlia Sabrina.
Come vi dicevo, sono oltre 27 anni che conosco Swami Roberto, ed in questo periodo ho visto tante persone rinascere alla vita, sia fisicamente sia interiormente...
Anche per me, l'incontro con Swami Roberto ha determinato una trasformazione incredibile nella mia vita spirituale.
Per questo, posso soltanto rivolgere a lui un grazie senza fine per tutti i tesori che ho ricevuto dal suo Amore senza fine... che è per tutti... per tutti... per tutti.
            Ramia Giancarlo



 
R.Cisella3QUELL'IMPRONTA NEL MIO CUORE
(di ramia Cisella)

Anche parlando con le persone con cui si condivide la quotidianità, a volte succede di scoprire situazioni sconosciute, mai emerse in precedenza.
Ieri mattina ho accompagnato Ramia Cisella a Torino, e durante il viaggio in auto mi sono reso conto che non conoscevo bene le circostanze nelle quali lei incontrò il Maestro. Così, le ho chiesto di raccontarmele.
(R.Cisella) - Era la metà degli anni '80, ed io mi avvicinai a Roberto perché mia cognata me ne parlava tanto. "Sai - mi diceva - c'è un ragazzo a Leinì che prega ... e aiuta le gente".

* Andasti a parlare con lui?
- No, io cominciai andando ad ascoltare come pregava... e la sua preghiera mi colpì. Sembrava che parlasse direttamente a me. Pregava... e le sue parole mi entravano dentro.
Solo dopo un po' di tempo, quando avevo cominciato a frequentare spesso la Chiesetta di Leinì, arrivò il giorno in cui gli parlai.

* E cosa accadde?
- Vissi la sensazione forte che stavo raccontandogli delle cose che lui sapeva già... e a quel tempo ancora non capivo come ciò fosse possibile.
Durante il colloquio mi delineò chiaramente i contorni della situazione che mi angosciava e mi indicò anche delle strade da percorrere per uscire dai miei problemi; però, più ancora delle sue parole mi colpirono i suoi occhi... uno sguardo che non avevo mai visto. Mi sembravano gli occhi di Gesù.

* E poi?
- Per un po' rimasi seduta in chiesa, sopra pensiero, visto che continuavo a respirare l'atmosfera di quell'incontro.
Finché, quando uscii per fare ritorno a casa, venni richiamata alla "realtà" da qualcosa di assai "strano": quel mattino io e mio marito avevamo penato non poco per giungere in macchina a Leinì, avendo dovuto fare i conti con una nebbia molto spessa, che concedeva una visuale ridottissima.
Infatti, all'uscita della Chiesa ritrovai ancora una barriera di nebbia che impediva di vedere il cancello distante solo poche decine di metri...
Però, dopo qualche passo all'aperto mi sentii raggiungere da una luce che riscaldò il mio capo. Sopra di me, si era creato uno spiraglio che, come un oblò, lasciava filtrare un raggio di sole, che mi costrinse a riparare gli occhi...
Non mi viene in mente nessun modo migliore per definire quel mio primo incontro con Roberto: un raggio di sole nella nebbia.

* Cosa accadde dopo quel giorno?
- Sentii rinascere dentro di me la speranza, e continuai a frequentare ancor più assiduamente gli incontri di preghiera in cui Roberto faceva crescere la mia fede in Dio. Sentivo che mi dava forza, e mi aiutava a vivere in modo completamente diverso le difficoltà della mia vita.
Finché arrivò il giorno, ed erano passati alcuni mesi, in cui partecipai ad una preghiera durante la quale il maestro Roberto impartì ai presenti l'unzione con l'olio benedetto.
Durante la benedizione, mi avvicinai a lui; non pensavo si ricordasse di me, né tantomeno dei problemi di cui gli avevo parlato tanto tempo prima... ma lui mi disse:
“Guarda che non mi sono dimenticato di tuo figlio: per lui prego sempre... e ti sono accanto”.
Quando tornai a casa, successe “un fatto” che subito non capii... e che solo molto tempo dopo seppi collegare a quelle parole.

* Di cosa si tratta? Mi sembrano parole chiare, cosa c'era da capire?
- In quel periodo portavo una collanina girocollo con un piccolo crocifisso. Una volta tornata a casa, mi cambiai d'abito davanti allo specchio e... vidi un'impronta a forma di crocifisso all'altezza del mio cuore. Era come una piccola bruciatura, formatasi chissà come.
Chiamai subito Franco, mio marito, ed entrambi restammo allibiti. Non potevamo spiegarci come quel crocifisso, che restava attaccato alla collanina strettamente aderente al collo, avesse potuto spostarsi "da solo" di circa 20 cm, per andare ad imprimere quella bruciatura indolore sulla pelle.
Per forma e dimensioni... era un segno che corrispondeva esattamente a quel crocifisso.
Non capivo cosa era successo.

* E quando lo capisti?
- Quando reincontrai il Maestro, che mi disse: "Tu hai una grande croce da portare... ed io ti aiuterò a farlo. Intanto... te l'ho già fatta vedere".
Mentre diceva quelle parole, la sua mano indicava il punto preciso in cui c'era l'impronta del crocifisso. Poi... sorpresa dopo sorpresa... quella stessa sera scoprii che l'impronta era scomparsa!
Io capii che grazie a Swami la croce karmica della mia vita si era spostata, e pur se mi ero trovata nelle condizioni di dover continuare a farvi fronte, al punto che il mio cuore ne era stato marchiato... era anche avvenuto che non ne avvertissi più il peso.
Infatti... a partire da quel giorno era cambiato radicalmente lo stato d'animo con cui mi ero trovata ad affrontare le prove della mia vita. Inoltre, al mio cuore successero anche tante altre cose, che mi portarono non solo ad affrontare in modo diverso il mio percorso karmico, ma pure ad aiutare gli altri ad affrontare il proprio.
Infatti il 1° gennaio del 2001 mi consacrai Ramia, e da allora il Signore mi aiuta a camminare sicura sulla sua strada.



29.09.1987: UN GIORNO INDIMENTICABILE
(di ramia Rosvaldo)


Mai avrei potuto neanche lontanamente immaginare che il 29 settembre di trent’anni fa sarebbe stato il giorno nel quale la mia vita avrebbe preso la sua svolta decisiva.
Una settimana prima, una mia carissima amica mi aveva chiesto di accompagnarla da Roberto Casarin, un giovane torinese dotato di carismi straordinari.
Mi disse che negli anni l’intervento di Roberto aveva prodotto numerosissime guarigioni miracolose e grazie spirituali, con tantissime persone che testimoniavano di aver ritrovato la fede dopo averlo incontrato.
La mia amica aveva un problema che la affliggeva da molto tempo: non riusciva ad accettare la morte prematura di suo padre a cui lei era molto legata, e quindi cadeva in lunghi periodi di tristezza e depressione.
Pur avendo consultato degli psicologi ed essendo stata in analisi, non aveva risolto nulla. Aveva così deciso di andare da quel giovane mistico di cui aveva tanto sentito parlare e, chiedendomi di accompagnarla, mi disse : “Questo ragazzo è la mia ultima speranza”.
Da parte mia non credevo minimamente a miracoli, profezie e quant’altro, senza contare che ero in un periodo della mia vita piuttosto tranquillo. L’educazione cattolica che avevo ricevuto da ragazzo mi aveva lasciato pieno di interrogativi e dubbi non risolti, e in quel periodo non avevo più nessun interesse per Dio, e neanche per la religione.
Se fosse dipeso da me io non sarei certo andato a cercare quel tipo di esperienza. Ma avevo fatto una promessa e la mantenni ponendo peraltro una condizione ben precisa:
“Da questo Roberto entri tu da sola io non ho niente da dirgli”.
La mattina di quel memorabile 29 settembre partimmo da Torino per giungere a Leinì e, appena entrati nel capannone adibito a luogo di preghiera, io mi sentivo talmente fuori contesto che ebbi subito la voglia di scappare via… ma mi imposi di resistere, e così restai all’interno di quella chiesetta.
Ad un tratto, mi si avvicinò una signora che con gli occhi lievemente bagnati dal pianto mi disse:
“Scusi, è la prima volta che vengo, mio marito è gravemente malato di tumore al punto che i medici, non essendoci più nulla da fare, lo hanno mandato a casa con 15-30 giorni di vita. Sono qui da Roberto perché non so più a chi rivolgermi. Lei lo conosce? Ha già parlato con Lui? Può dirmi qualcosa?”.
Dopo averle risposto che ero dispiaciuto di non poterla aiutare, perché anch’io ero lì per la prima volta... cercai, per come potevo, di rassicurare quella signora che, per la situazione in cui si trovava, mi faceva tanta tenerezza.
Mentre parlavamo… Roberto continuava a ricevere le persone in quella che oggi è la “Cappellina delle origini”… e in un istante si fece mezzogiorno.
La donna incaricata di chiamare le persone facendo rispettare l’ordine di arrivo, ad un certo punto si rivolse ai presenti e disse:
“Roberto farà una breve pausa, se volete potete mangiare qualcosa poi tra un’ora riprenderà a ricevere”.
Io stavo già dicendo alla mia amica “Andiamo a casa, magari veniamo un’altra volta”… che quella donna subito aggiunse:
“Però prima della pausa Roberto vuole ancora parlare con lei (indicando la signora che si era seduta al mio fianco, con la quale avevo lungamente parlato) e con voi due ragazzi”…  ed indicò me e la mia amica.
Io rimasi stupito. Non capivo perché avesse chiamato anche me, che non volevo sapere nulla e niente avevo da chiedere.
Manifestai alla mia amica l’intenzione di non entrare con lei, ma poi mi arresi alla sua insistenza: avrei visto Roberto.
Intanto terminò il colloquio della signora con cui avevo parlato in precedenza, lei ci salutò e col volto decisamente più disteso mi sussurrò che Roberto le aveva dato tanta speranza per suo marito.
Quando entrammo Roberto ci accolse con un bellissimo sorriso… e subito iniziarono le “sorprese”: dal suo abito azzurro vidi risplendere una luce fortissima, così intensa che i miei occhi non riuscivano quasi a reggerla.
Dopo circa una trentina di secondi, quella luce meravigliosa svanì, ed io cominciai a prestare attenzione alle parole che nel frattempo Roberto aveva iniziato a rivolgere alla mia amica.
Era incredibile!
Senza averla mai vista, e senza che lei aprisse bocca, Lui le stava parlando non solo di quello che era il suo problema di allora, ma anche di altre situazioni del suo passato che solo lei poteva conoscere… e Roberto gliene parlava con una precisione tale, che sembrava la conoscesse da sempre.
La mia amica scoppiò allora in un pianto liberatorio, mentre io non sapevo più a cosa pensare: ero sbigottito e mi chiedevo come Roberto potesse conoscere il passato di una persona mai vista prima.
Alla fine Lui la rassicurò promettendole che avrebbe pregato per lei, perché risolvesse il suo problema (come effettivamente in seguito avvenne) e poi ci salutò dandoci la Sua benedizione.
In quel momento io ero sicuro che ci saremmo rivisti.
Tornando a casa non dissi una parola, ero immerso nei miei pensieri e ancora non riuscivo a credere a ciò che avevo visto e sentito, ricordo che mi pizzicai pure un braccio credendo di essere in un sogno… ma non era così, era tutto vero.
E qui mi giunse spontanea una riflessione: “se Roberto è in grado di leggere nell’animo di una persona sconosciuta, sicuramente avrà le risposte su Dio che non ho mai avuto e che non cerco nemmeno più”.
Iniziai a frequentare sia gli incontri di preghiera che quelli sulla Conoscenza, i divini insegnamenti, con sempre maggiore entusiasmo... e la “ruggine” che aveva imprigionato la mia mente si dissolse a tal punto che sentivo ogni giorno più forte il desiderio di servire Dio in Anima Universale.
Dopo un’adeguata preparazione il 29 settembre 1990 mi sono consacrato a Dio per serviLo e amarLo nel mio prossimo.
Ho voluto consacrarmi monaco Ramia proprio il 29 settembre, in onore di quella giornata indimenticabile che ha trasformato la mia vita.
Ho un desiderio nel profondo del mio cuore: spero che molte persone che hanno ricevuto da Swami Roberto tante grazie, aiuti materiali e spirituali, siano testimoni di Anima Universale in favore di tutte quelle anime che attendono risposte su Dio, sul perché della loro esistenza, che cercano aiuto, conforto, che hanno perso la speranza… perché il più grande miracolo è ritrovare Dio per non perderLo mai più, e grazie a Swami Roberto questo è possibile così come lo è stato per me.
Un grande grazie a Swami e all’Anima Universale, Maria, che è sempre al mio fianco nella mia missione sacerdotale.


P.S. - Recentemente ho rivisto la signora con la quale avevo condiviso il tempo dell’attesa in quel giorno indimenticabile.
Lei mi ha raccontato che, dopo il suo incontro con Swami Roberto, anche nella sua vita è accaduto l’incredibile: suo marito ammalato di tumore, al quale i medici avevano dato pochi giorni di vita, è guarito ed è vissuto in buona salute per oltre vent’anni.

Lode a Dio. Lode a Swami.


PROFEZIA
(di ramia Mario)

Pochi giorni fa, mio fratello Rocco mi ha messo al corrente di un fatto per me incredibile. Sono rimasto senza parole e avevo la pelle d’oca. Rocco mi ha raccontato che dopo la sua nascita, mia mamma ebbe purtroppo un aborto spontaneo e ne soffrì molto.
Quando poi rimase incinta di me, i medici non l’avevano troppo rassicurata e, avvicinandosi il tempo del parto, lei temeva di perdere anche me. Allora fece questo voto:
« Gesù, se fai nascere mio figlio ti prometto che per un certo periodo della mia vita, lo tengo io, poi… te lo prendi Tu come sacerdote…»
.
Ebbene… quando avevo appena compiuto vent’anni, mio fratello Rocco fece conoscere Swami Roberto a mia mamma.
Lei rimase molto colpita da Lui, al punto che poi disse a mio fratello di aver avuto il presentimento forte che stava arrivando il momento in cui il suo voto, che mi riguardava, si sarebbe concretizzato. Faccio presente che la nostra Chiesa non sarebbe esistita ancora per diversi anni, quindi mia mamma non poteva minimamente immaginare che intorno a Swami Roberto sarebbe nata la Chiesa coi sacerdoti.
In seguito avvenne che, poco tempo dopo la nascita della nostra Chiesa, io decisi di concretizzare qui la mia vocazione, che nel frattempo avevo maturato, consacrandomi sacerdote.
Il voto di mia mamma, che io neppure conoscevo, è diventato realtà: il Cristo mi ha preso con Sé per lavorare nella sua vigna.
       ramia Mario



AREA DI SOSTA
(di ramia Paolo)


A Luglio di quest'anno (2017) ho festeggiato i miei 25 anni di Sacerdozio.
In genere questo tipo di ricorrenze sono come piccole aree di sosta dove uno si ferma un momento, tira un bel respiro, si guarda indietro e traccia una sorta di bilancio.
Così ho fatto e... accidenti : mi sento fortemente in debito.
Il fatto è che avevo sottovalutato un passo del Vangelo di Matteo (19,27-29 ) che in sintesi dice “Voi che mi avete seguito, riceverete cento volte tanto”.
  Beh... grazie a Swami Roberto questo passo del Vangelo è divenuto per me parola vivente.
Il Tesoro della Conoscenza che Swami mi ha donato ha risolto impagabilmente i miei dubbi sulla fede con risposte chiare ed inconfutabili ( e uno razionale come me di domande ne aveva proprio tante...).
Avevo tanti “amici” che non ho più visto dopo questa mia scelta, ma non ho mai provato la solitudine perché nella Comunità dei monaci ho trovato dei fratelli più che degli amici e poi... chi non vorrebbe avere vicino un amico, fratello, padre e madre come Swami ?
Ero benestante ( grazie ai miei genitori ) e pur avendo lasciato una vita più che prospera materialmente, grazie alla Provvidenza Divina non mi è mai mancato il necessario.
Ho avuto la fortuna di poter esprimere anche ad alto livello le mie passioni, che unitamente al desiderio di svolgere la mia missione spirituale, sono la musica e la cucina.
Per non parlare poi di tutti gli aiuti miracolosi ricevuti da Swami in questi anni.
Certo che se mi guardo indietro... 25 anni fa non c'era tutto ciò che oggi potete vedere di Anima Universale : esistevano soltanto un piccolo capannone adibito a tempio e poche stanze da dividere in comunità.
Qualcuno mi disse all'epoca : “ Fai un bel salto nel vuoto “ e parimenti  negli anni ho visto molte persone rinunciare per paura a certe scelte di vita che sentivano arrivare dal profondo del proprio animo.
Oggi io posso dire con certezza : “Se la tua fede è autentica, Dio si prenderà cura di te oltre ogni tua aspettativa.“
Grazie Swami perché hai reso possibile che tutto questo potesse accadere nella mia vita.

P.S. - Poi però spiegami come farò a restituire tutto questo “Ben di Dio” ricevuto.

         ramia Paolo


SWAMI ROBERTO MI E' APPARSO E MI HA SALVATO GLI OCCHI 
(di ramia Roberto Conte) 
 

"Cos'è successo? Una cosa grande, anzi di più...
E' successo tutto in un attimo! Stavo sistemando un cordino elastico, l'ho teso al massimo ma mi mancavano due centimetri per arrivare ad agganciarlo come volevo io. Ero inginocchiato e ho pensato: "speriamo non si sganci, perché mi becca agli occhi!". 

Detto fatto: ho sentito la voce di Swami che mi chiamava "Roberto!". E contemporaneamente uno "ZAC".
Ho trattenuto il respiro, perché sapevo benissimo cos'era quello "ZAC"... aspettavo il colpo... ma poi... ho alzato lo sguardo e.. c'era Swami Roberto con il gancio del cordino in mano. Ho fatto in tempo ad alzarmi e a dire "Swami...". Lui non c'era più, svanito. Il gancio conficcato in un pezzo di nylon! Ecco cos'è successo che la Mano dell'Amore mi ha salvato gli occhi!!! GRAZIE SWAMIIIIIII!!!!!!!!!
...Come se non bastasse, vi aggiungo che "fatalità" (!!!), ero inginocchiato proprio dove molti si inginocchiano a pregare la domenica: ai piedi dell'altare all'aperto, esattamente davanti alla poltrona di Swami!!!"



«Il vino allieta il cuore dell’uomo.»
(Salmi 103:15)
QUEL VINO SI TRASFORMO'  
(di ramia Giancarlo)

Qualche giorno fa, mentre stavo rileggendo il passo evangelico del miracolo compiuto da Gesù alle nozze di Cana, mi sono ricordato di un fatto straordinario accaduto a Ramia Giancarlo alcuni anni fa e così gli ho telefonato, chiedendogli di raccontarla anche a voi, che leggete il mio Diario:

Ramia Giancarlo: Dalla mia famiglia di origine contadina ho ereditato la passione per il lavoro della terra, e anche un piccolo vigneto, che tuttora coltivo per allietare la tavola dei miei familiari e parenti.
Nove anni fa, nel periodo della vendemmia, mi è accaduto un fatto davvero straordinario... una prova dell'ennesima manifestazione del potere divino di Swami Roberto, e della sua costante presenza d'amore in risposta alle nostre necessità.
Anche quell'anno, prima della vendemmia, come di prassi avevo provveduto a pulire accuratamente la cisterna che avrebbe contenuto il vino nuovo, per eliminare il tartaro e le incrostazioni formate dal vino dell'annata precedente.
Per facilitare questa operazione, essendo il tartaro durissimo e dovendo evitare di graffiare la superficie della mia cisterna di vetroresina, come al solito mi servii della soda caustica concentrata da diluire in acqua, utilizzando un apposito prodotto distribuito da una enoteca specializzata.
Quando l'uva giunse a maturazione, e dopo aver terminato l'accurato lavoro di pulitura delle cisterne, iniziai la vendemmia aiutato dai miei familiari.
A fine giornata, provvedemmo alla pigiatura dell'uva, ed il tino si riempì di mosto, rosso, dolce e profumato.
Subito dopo la pigiatura è buona norma versare nel mosto un solfitante liquido, perché il gusto e il colore del vino non si alterino nel tempo. Fu eseguendo questa operazione che, senza accorgermi, combinai un danno irreparabile.
Premetto che non avevo gli occhiali perché nella vendemmia le gocce di mosto che schizzavano dai grappoli mi avevano imbrattato le lenti al punto da non vederci più. Così, li avevo posati, e quando andai a prendere il prodotto da versare nel mosto, presi per errore il flacone di soda caustica.
Lo scambio fu facilitato dal fatto che i due prodotti erano della stessa ditta di fabbricazione, e si trovavano in flaconi che avevano la stessa grandezza e lo stesso colore. Pure il colore del contenuto era uguale; cambiava solo la scritta all'esterno.
Versai così la soda caustica concentrata nel mosto.
Non appena ebbi svuotato completamente il flacone, mi accorsi dell'errore a causa della violenta reazione che ne seguì. Le esalazioni che uscivano dal tino mi obbligarono infatti a scappare dalla cantina, tanto era il bruciore che sentivo in volto.
Pensai subito a cosa fare per rimediare al danno. Ricordando che esistono prodotti per correggere i vini difettosi, corsi immediatamente in enoteca a chiedere aiuto, ma il tecnico mi confermò ciò che temevo: il mosto era AVVELENATO e non si poteva fare più nulla. Non solo: da quel momento si presentava anche il problema dello smaltimento.
Il tecnico mi consigliò allora di portargli un campione di mosto, che lui avrebbe analizzato avvalendosi di un'equipe di esperti per sapere poi come smaltire il tutto, visto che si trattava di veleno.
Quando ritornai a casa, abbattuto e mortificato per aver rovinato il raccolto dell'annata, e per aver vanificato così tanto lavoro, pensai a Swami Roberto... ed improvvisamente mi sentii fortemente ispirato a fare una cosa ben precisa, era più forte di me, dovevo compiere quanto sto per dirvi: scesi in cantina, celebrai una preghiera pensando a Swami e, imponendo le mani sopra il tino in modo da sfiorare il mosto, dissi: “Divino Maestro, per il tuo potere di allontanare ogni forma di male, ti supplico, neutralizza il veleno che per errore ho versato nel vino”.
Dopo questa richiesta di aiuto a Swami, tracciai un segno di croce. Poi, seguendo le indicazioni ricevute in enoteca, prelevai dal tino un campione di mosto e sulla bottiglia riportai la scritta: “vino avvelenato”.
Però pensai per mia tranquillità di prelevare anche un campione del vino buono che mi rimaneva dell'annata precedente, perché temevo, a causa di quanto era successo, che si fosse anch'esso alterato. Sulla seconda bottiglia riportai la scritta: “Vino vecchio”.
Consegnai i due campioni all'enologo che, ricevutili, mi invitò a ritornare dopo tre giorni a esami ultimati.
Così feci, ma al momento del ritiro... la sorpresa fu enorme.
Appena ebbi tra le mani i due fogli delle analisi eseguite, guardai soltanto l'osservazione finale: sull'esame del campione di vino vecchio, l'esito definitivo riportava: “vino buono”... ma quando lessi l'esame relativo al vino avvelenato, il risultato diceva: “vino ottimo”!
Guardando incredulo l'enologo, dissi: “ma come può un vino avvelenato essere ottimo?”
Lui, sbalordito quanto me, non seppe darmi alcuna risposta.
Ricontrollai meglio le due verifiche, confrontai voce per voce i vari esami e i risultati conseguiti, ed effettivamente tutti i valori del vino che era stato oggetto dell'intervento di Swami erano incredibilmente migliori... proprio ottimali.
E' davvero superfluo aggiungere che il vino fu eccezionale da bere, come hanno confermato quanti hanno voluto provarne il gusto.
Dopo questo avvenimento, la prima volta che mi recai da Swami, lo ringraziai con questa battuta: “S.Benedetto è famoso perché ha esorcizzato il veleno in una coppa di vino, ma tu, Roberto, hai fatto molto di più, ne hai esorcizzato sette ettolitri!”.
            Ramia Giancarlo


TESTIMONIO UN MOMENTO UNICO
(di ramia Virginia)


Ho conosciuto Swami tanti anni fa in occasione di una grande grazia ricevuta da un mio familiare.
In seguito mi sono recata molto spesso a Torino per incontrarlo, ascoltavo le sue parole e partecipavo agli incontri di preghiera insieme a tante altre persone, seguendolo anche in varie parti dell’Italia.
Ho potuto assistere a tanti fatti straordinari, ad aiuti fisici e spirituali che tante persone che conoscevo, e anch’io, abbiamo ricevuto.
Oggi, però, desidero raccontarvi e testimoniare un momento unico, che ho vissuto personalmente e che ho custodito segretamente nel mio cuore per tanti anni.
Era il 1985 e Swami da poco era andato ad abitare a Leinì.
Il mio colloquio personale con lui stava terminando e, d'un tratto... dovetti guardare in su per vederlo in viso.
Ciò non era possibile perché io di statura sono più alta di Swami Roberto... eppure la sua testa arrivava sopra lo stipite della porta, era vicina al soffitto!
Rimasi perplessa, ma solo per un istante, perché mi concentrai ancora di più ad ascoltare le ultime parole che mi stava dicendo, prima di salutarmi.
Appena uscii, come anche nei giorni successivi, continuai a pensare a quell'episodio e cercai di capire se avevo avuto le “traveggole”, ma sapevo che non era così, proprio perché io non davo importanza a queste cose, e da sempre pensavo che il fenomeno della levitazione appartenesse a quella letteratura “fantasiosa” alla quale non bisogna dare troppo credito.
Poi, un po' alla volta, realizzai che era successo proprio a me...  mi era toccato di vivere in prima persona quell'evento sbalorditivo.
Sapevo già che per lui non esistevano barriere di spazio, o di tempo, e ogni volta che ne facevo esperienza o ne sentivo parlare, rimanevo di stucco. Ma quel momento è stato davvero unico, un dono immenso per aprirmi gli occhi e il cuore.
Tanti anni dopo, durante il mio percorso di preparazione per diventare Ramia,  Ramia Massimo II parlò “casualmente” di levitazione ed io per essere sicura che parlava proprio di “quello” gli dissi :
“Stai parlando di quando uno si alza da terra?”
E così raccontai per la prima volta quel segreto che avevo nel cuore.
Con Swami la mia strada spirituale è cambiata radicalmente, è diventata chiara, luminosa e finalmente viva grazie agli insegnamenti della Conoscenza ramirica.
Nel cuore serbavo un sogno: quello di diventare Ramia.
Così quando le mie figlie sono diventate grandi e indipendenti ho potuto realizzare il mio desiderio e il 4 aprile del 2010 mi sono consacrata Ramia della Chiesa Anima Universale.
Ho messo a disposizione della mia Chiesa l’esperienza di 40 anni di insegnante e ho la gioia grande di occuparmi dei più piccoli, di seguire i bambini nei corsi di Conoscenza che tengo a Poggiana, e lo faccio con tutto il rispetto che si deve loro, che sono il nostro futuro.
Di tutto posso solo dire un grande GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE SWAMI!!!
(ramia Virginia)


La splendida famiglia
di ramia Diego
LA SERENITA' 
SI ERA IMPADRONITA DI ME
(di ramia Diego Ormitti)  

* Ramia Diego, come incontrasti Swami Roberto?

- Accadde nel lontano 1986, in un momento terribile della mia vita.
In quel periodo io e mia moglie Monica eravamo sconvolti dall'angoscia a causa delle condizioni di salute della nostra figlioletta Arianna, di 3 anni, alla quale era stato diagnosticato un tumore ai reni, chiamato di Wilms.La situazione apparve da subito gravissima, ed i medici dovettero intervenire immediatamente per asportarle un rene. Dopo qualche giorno, le analisi fecero riscontrare delle complicazioni che determinarono un altro difficile intervento, seguito da un duro ciclo di chemioterapia che procurò alla nostra bimba tanta penosa sofferenza.
Successivamente alla seconda operazione chirurgica, una persona amica mi parlò di Roberto; mi disse che si trattava di un giovane di Torino, da lei chiamato “Ragazzo di Dio”.

* Tu stavi già percorrendo un cammino spirituale?
- No. Fino ad allora Dio era stato per me un concetto astratto e molto... molto distante. Lo sentivo nominare spesso, ma per me Lui era un “qualcosa” che non aveva un significato ben definito.
Da bambino, avevo ricevuto il tradizionale insegnamento del catechismo cattolico ma poi, con il passare degli anni era accaduto che crescesse in me una sostanziale indifferenza ad ogni attività che avesse a che fare con la chiesa.
Comunque, la malattia di Arianna ebbe l'effetto di stravolgere i miei dubbi, le mie convinzioni, ed ogni mio precedente punto di riferimento interiore... e lo stesso accadde anche per mia moglie.
Vista la situazione disperata in cui ci trovavamo, e considerando la fiducia che le parole di quella persona amica mi trasmettevano, decisi di partecipare da solo ad un viaggio in pullman da Vicenza a Leinì.
Giunto a destinazione, dopo circa un ora di attesa incontrai Roberto.
Quando mi vide, lui mi abbracciò come se mi conoscesse da sempre. Io lo guardai, e accadde subito un fatto che non potevo spiegarmi: i suoi occhi straordinariamente continuavano a cambiare tonalità di colore, passando da un azzurro intenso fino ad un verde smeraldo.
Nonostante quell'avvenimento sbalorditivo, con lui mi sentii da subito a mio agio ed iniziai ad esporgli la grave situazione che stavo vivendo.

* Lui cosa ti disse?
- Roberto mi confermò che il caso era molto grave, e mi assicurò le sue preghiere per mia figlia. Ciò che mi disse non lasciò spazio ad alcuna illusione, per cui le mie esigue speranze praticamente svanirono. Eppure... le sue parole furono così piene di forza e di amore, che mi sentii profondamente ed incredibilmente confortato.
Quando lo salutai mi abbracciò intensamente, ed io sentii come una scossa percorrere l'interezza del mio corpo; in quell'attimo provai la netta sensazione che qualcosa di importante era successo.
Tornai a casa un po' confuso, ma anche inspiegabilmente animato da una forza sconosciuta, con la quale riuscii ad affrontare ciò che il mio cervello e il mio cuore non volevano assolutamente accettare.
Ad iniziare da quell'abbraccio, era come se la serenità si fosse impadronita di me. Quell'inattesa pace non mi abbandonò più, neanche nei momenti più drammatici, e così potei affrontare con lucidità le enormi difficoltà provocate dalla malattia della mia bambina, che ogni giorno vedevo sempre di più spegnersi davanti ai miei occhi. Trascorsero nove mesi, la metà dei quali passati in ospedale, e poi Arianna ci lasciò.
Solo a posteriori potei realizzare quanto fosse stata miracolosa per me la serenità che era scaturita dall'incontro con Roberto; la pace con cui avevo saputo affrontare le successive situazioni era, dal punto di vista razionale, assolutamente inconciliabile con il dramma che in famiglia stavamo vivendo.
Subito non ci avevo pensato, ma non appena potei soffermarmi un attimo a rifletterci, mi resi conto che... era come se non fossi più stato io... come se qualcuno mi avesse preso per mano, accompagnandomi e guidandomi. Fu una cosa grandissima... prodigiosa!
Passavano le settimane e tutti in famiglia continuavamo a beneficiare di quella speciale presenza.
La serenità, la forza, la lucidità continuavano ad accompagnarci come durante la malattia di Arianna e noi non accusammo mai alcun momento di disperazione, o di sbandamento.
Io e mia moglie Monica sentivamo sì l'immensa mancanza di nostra figlia, ma c'era un qualcosa di inspiegabile in noi che veniva da dentro e che ci donava, in modo soprannaturale, la forza e la volontà per superare ogni momento brutto... e per continuare la nostra vita.
Ancora oggi, a distanza di tanti anni, io e Monica ci ritroviamo a volte a ricordare questa forza che sentivamo in modo così distinto, e che sicuramente non era nostra

* Poi, cosa accadde?
- Poco tempo dopo, alcune delle persone che avevo conosciuto nel pullman per Leinì, mi informarono che Roberto celebrava una preghiera vicino a Vicenza.
Vissi impazientemente l'attesa di poterlo reincontrare personalmente.
Quando arrivò quel giorno, feci un'altra sorprendente scoperta: la sua preghiera era diversa, ricca di energia, e provocò in me un insieme di sensazioni particolarissime.
Sentii l'esigenza profonda di dare un seguito a quell'esperienza, e così partecipai ad altri incontri sia nel Veneto che a Leinì. Di volta in volta mi nutrii di insegnamenti e preghiere che finalmente ottennero un effetto per me straordinario, mai provato prima: Dio non era più lontano dalla mia vita!
Cominciai infatti a sperimentarLo dentro di me ed intorno a me... mi sentii di essere immerso nella sua presenza... e finalmente cominciai a “respirarLo” al punto tale che, dopo poco tempo, la vocazione di essere sacerdote di Anima Universale si fece strada nel mio cuore, preannuncio del miracolo più grande che avrei potuto ricevere nel mia vita spirituale: dopo un periodo di preparazione, divenni Ramia l'1.11.1992, uno dei due giorni benedetti che la mia famiglia ha vissuto con una gioia veramente specialissima.

Leinì, 23.09.07 - Il giorno della consacrazione di ramia Monica
* E l'altro, qual'è stato?
- Il 23.09.2007, quando anche mia moglie Monica si è consacrata Ramia alla presenza dei nostri figli Filippo, Simone e Aurora.
Quel giorno mi ha regalato emozioni fortissime, che mai avrei pensato di poter provare nella mia vita.
Oggi il mio cuore è colmo di gratitudine per tutte queste grazie, ma soprattutto per quel primo incontro con Swami Roberto avvenuto 25 anni fa a Leinì, senza il quale non saprei proprio che direzione avrebbe preso la mia vita e quella della mia famiglia.






STELLA COMETA
(di ramia Carlo) 

 "Conobbi Swami Roberto agli inizi degli anni ’80 quando ero un adolescente molto timido ed incerto nei confronti della vita, un “bocia” proveniente da un piccolo paesino della provincia veneta. Lo sport era il mio interesse primario, tutto il resto dopo, molto dopo… c’ero io e la mia spensieratezza che veniva qua e là interrotta da alcuni episodi che sicuramente influirono sulle mie scelte future.
Roberto, all’epoca un giovane diciottenne, frequentava la mia famiglia, lo vedevo di sfuggita, tra un pranzo e una cena che mia madre con tanta cura e premura preparava per lui. Io mi dileguavo in un battibaleno, preso dagli allenamenti e dalla non voglia di sentire le voci degli adulti; indifferente e sordo nei confronti di un ospite così corteggiato, rendevo appunto quegli incontri ancora più brevi, a volte come una coincidenza perfetta, lui arrivava e io me ne andavo. Ora a distanza di quasi trent’anni sono qua, parte di una famiglia molto più grande, ritrovati insieme io, quell’adolescente introverso e indolente, Roberto, quel giovane che forse tante cose avrebbe voluto dirmi, ma che sapientemente ha tenuto per sé, aspettando forse un mio cenno di cambiamento, di apertura che non si verificò nemmeno negli anni a venire.
Ci fu però un giorno un episodio che ricordo ancora con molta chiarezza: squillò il telefono di casa ed io andai a rispondere, al di là della cornetta, Roberto che cercava mia madre; mi sembrava di sentire per la prima volta la sua voce che con molta dolcezza e amore direi fraterno mi chiese come stavo e mi disse che era contento di sentirmi. Beh, vi sembrerà strano, ma per me quella sua attenzione sincera e per nulla di circostanza, nonostante la mia per lui nota reticenza alla sensibilità altrui, soprattutto nei suoi confronti, fu per me motivo di vera gioia, capii a distanza di tempo che l’amore incondizionato poteva fare addirittura breccia su di un cuore di pietra come il mio. Certo, non bastò un’attenzione breve ma sincera a cambiarmi dentro, ci vollero ben altri miracoli e se ora sono qui a scrivervi queste righe in questa veste di monaco Ramia, di certo qualche miracolo c’è pure stato.
La carità a servizio del prossimo è tendere la mano a chi ha bisogno, è la Provvidenza Divina che prende forma in un essere umano e fa cose grandi, è come un segno indelebile, rimane per sempre, scuote le coscienze e unisce indissolubilmente, si manifesta anche attraverso un semplice gesto, un’attenzione, una carezza, un sorriso, per rendere normale ciò che purtroppo non lo è più.
C’è una frase di una canzone che molti di voi conoscono e fa così: “Cambierà il mondo se cambierò io”, cambiare è possibile, non è facile, ma bisogna pure provarci, ed io, insieme a voi fratelli ramirici per questi quattordici anni di sacerdozio, voglio tenere accesa quella fiammella che ha iniziato ad ardere dentro di me quel giorno che ho incontrato un grande sole, una stella che illumina e segna la strada anche nelle notti più buie. Grazie!"
ramia Carlo


SE NON AVESSI INCONTRATO SWAMI ROBERTO, CON TUTTO QUELLO CHE MI HA INSEGNATO...
(di ramia Riccardo)
Terr-emoto e terr-orismo, stessa radice e stessi effetti: entrambi fanno tremare, spaventano, scuotono, causano distruzione e morte.
Riesco solo a pensare che se non avessi incontrato Swami, con tutto quello che mi ha insegnato, non so se riuscirei ancora a credere in Dio, né a lodarlo o pregarlo.
Non è retorica, la mia, e nemmeno apologetica. È che riesco a capire, quasi lo percepisco, quanto possano sentirsi sole e indifese le persone in questo tempo tormentato e destabilizzante.E allora vorrei indicare a tutti il Sole che illumina il mio cammino.
Chissà… forse questo mio pensiero estemporaneo, che nasce da una fulminea riflessione sulla vita e la morte, sul bene e sul male, sulla libertà umana e sulle sue conseguenze, potrebbe aiutare qualcuno a ritrovare la speranza.
Io ci spero, perché non riesco a non desiderare di poter condividere la grande fortuna che ho.

Ramia Riccardo (tratto dalla sua bacheca facebook)


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