Swami Roberto

Come potete facilmente immaginare, nella mia quotidianità mi trovo molto spesso a parlare del mio Maestro spirituale.
Questo accade non soltanto perché i suoi insegnamenti sono al centro delle differenti attività sacerdotali che svolgo nel corso delle mie giornate, ma anche perché a volte mi capita di incontrare delle persone che mi chiedono espressamente di Lui...
e qui il discorso si fa più complicato, perché parlare di Swami Roberto significa lambire il confine tra ciò che è descrivibile... e ciò che non lo è affatto.
Questo confine ha iniziato ad entrare nel mio raggio di azione già parecchi anni fa, nel periodo in cui ancora non conoscevo personalmente Swami, che avevo incontrato fugacemente in un'unica occasione.
Quello che sentivo raccontare di Lui, soprattutto in relazione alla guarigione di alcuni ammalati che io ben conoscevo, contribuiva ad alimentare un alone di mistero intorno alla sua figura di ragazzo solo apparentemente “normale”.
Mi rendevo infatti conto che non poteva appartenere alla normalità la vita quotidiana di quel giovane, che si era dimostrato capace di interventi spirituali che risolvevano situazioni familiari prima drammatiche... e mi chiedevo in quale modo trascorresse le sue giornate.
Di certo non poteva essere quella sorta di super-eroe costantemente "smarcato" dalle leggi di natura, che qualche fantasiosa voce di paese tendeva a dipingere...

Però, non poteva neanche essere una persona come tutte le altre, perché il suo sguardo, la sua voce, quello che diceva... e ciò che succedeva quando veniva chiamato in causa... mi impedivano di immaginarlo mentre conduceva l'abituale vita dei ragazzi della sua età.
Quando divenni Ramia e cominciai a vivere nel monastero di Leinì, le ipotesi lasciarono spazio all'esperienza diretta, e Swami entrò nella mia vita non solo con l'interezza della sua dimensione spirituale, ma anche con la pienezza di un'umanità che peraltro Lui vive in modo così vero... da essere anch'essa assolutamente fuori dal normale, sfuggente dai canoni usuali con i quali si può tentare di descriverla.

Però, per cominciare ad entrare almeno un po' in questo argomento, un primo "indizio" è costituito da una parola che io trovo si presti meglio di ogni altra al difficile scopo di far intuire alcune fondamentali caratteristiche del Maestro divino: si tratta del termine aramaico, "Talya'"... che l'evangelista Giovanni non a caso usò per raccontare il momento in cui Giovanni Battista vide Gesù venire verso di lui e disse: “Ecco l'agnello (Talya') di Dio.” (Gv. 1,29)... 
La particolarità del suono aramaico “Talya'” sta nel fatto che significa non soltanto "Agnello", ma anche "Servo"... e proprio la combinazione di questi due significati è una chiara allusione ai "connotati" del Servo Divino già preannunciata dal profeta Geremia che, parlando di sé stesso, diceva che il Servo di Dio è simile “ad un agnello mansueto che viene portato al macello” (Ger 11,19).

Nel corso degli anni, le vicende della mia vita hanno dato un'imprevedibile e concreta consistenza a queste  "coordinate", agnello-servo, che oggi posso applicare... non soltanto per fede ma anche per esperienza personalmente vissuta... al provvidenziale “piano operativo” con cui Dio va incontro agli esseri umani.

Avvolto da questi miei pensieri, guardo la copia di un manoscritto che rispolvera un ricordo parcheggiato nella mia memoria.
Mi riferisco alle toccanti parole che il notaio Carlo Vicario di Torino scrisse nel lontano 1984, qualche mese dopo aver fatto nascere l'associazione “Cristo nell'uomo”, embrione della Chiesa Anima Universale.
In riferimento a tutta una serie di attacchi mediatici che il giovane Roberto, allora poco più che ventenne, stava continuando a subire in relazione alla sua missione spirituale, il notaio Vicario così lasciò parlare il suo cuore, ferito da tanta ingiustificata cattiveria:
«Roberto è esattamente la Sindone di ciò che ognuno di noi gli ha fatto, di ciò che ogni nostra azione ha inciso su quella trasparente pagina di Cielo che vive, macchiata di noi, nella sua serena e intangibile realtà spirituale...
Sono passati gli amici della buona stagione, i nemici della cattiva stagione, i curiosi, i maldicenti, i falsari, i persecutori, la forza pubblica, gli abbandoni, i tormenti, le tentazioni: tutto è trascorso senza macchiarlo... e la sua spiritualità operante è rimasta limpida ed intatta.
Lasciamo allora fare alla Provvidenza e preghiamo e speriamo che, se il Signore dovesse toglierci da Torino o dal mondo un ragazzo di Cielo mandato a predicare il suo Verbo, il suo castigo per noi non sia tremendo».
Pochi mesi dopo che il monastero di Anima Universale a Leinì divenne la mia residenza, scoprii questo scritto rovistando tra i documenti conservati in biblioteca, senza peraltro poter comprendere appieno delle parole che si riferivano a fatti che conoscevo parzialmente, soltanto per sentito dire.
Infatti, prima di diventare Ramia sapevo che Swami era stato lungamente e fantasiosamente calunniato... ma non potevo immaginare che questo accanimento sarebbe poi continuato senza sosta... ora nella forma della "crocifissione" del macello mediatico... ora attraverso la censura “asfissiante” in cui lo stesso ha saputo trasformarsi per nuocere meglio e di più.
Negli anni, ho ormai potuto toccare con mano la precisione "scientifica" con la quale alcuni "poteri forti" cercano di far inghiottire dalle sabbie mobili dell'oscuramento l'Opera divina di Anima Universale, che peraltro ha continuato miracolosamente a crescere, nonostante tutto... e nonostante tutti.
Come ciò sia possibile, la mia ragione non lo sa... ma i piani di Dio vanno evidentemente ben al di là di quanto io posso capire, ed anche soltanto immaginare.
Proprio qui, dove si ferma ciò che mi è possibile comprendere razionalmente, inizia lo sguardo che soltanto la mia Fede mi permette di gettare verso Orizzonti trascendenti, dai quali l'Incarnazione divina del mio Maestro è entrata nella mia vita...
A partire dal giorno in cui questo "ingresso" è avvenuto, ringrazio Dio per la possibilità che mi è stata concessa, di poter vedere da vicino la pienezza di umanità con la quale Swami assume su di Sè le doglie di una sofferenza gratuitamente donata che poi, in modo per me inaccessibile, Lui trasforma nella gioia che solleva gli animi, e nella miracolosa Forza d'Amore divino... che può l'impossibile.

P.S. - Subito dopo aver scritto questo "autoscatto sulla mia fede", mi ritrovo ancora a pensare alle "sabbie mobili" della censura con la quale il mondo vorrebbe inghiottire l'Opera divina di Swami Roberto... e le vedo ingrossate anche, ahimè, da quelle persone che scelgono l'incoerenza o il silenzio per evitare problemi, eludendo la responsabilità di una sincera e corretta testimonianza della Chiesa di cui dicono di far parte.
Peggio per loro, perché chi non è fedele a Dio... dimostra di essere un autolesionista spirituale.
Al di là di ciò, il mio cuore sta con i ramirici che sanno "gridare" al mondo la loro Anima Universale, per annunciare che l'Amore di Dio è Realtà concreta nella loro vita.

Care anime universali... auguriamoci di non essere i "chiodi", bensì le impronte di resurrezione sulla Sindone che il Maestro diventa per ciascuno di noi... nella consapevolezza che la testimonianza di ciò che abbiamo visto e ricevuto, è un nostro privilegio e anche una nostra responsabilità spirituale.


LA MIA "PORTA"

Rabbi, Rabbuni, Avatar, Purna Avatar, Swami... ecc. ecc. ecc.
Un Maestro spirituale può essere chiamato in questi ed in tanti altri modi differenti, nella miriade di idiomi e religioni esistenti nel pianeta.
Diversi sono anche i significati che è possibile attribuire a queste definizioni che, oltretutto, a volte sono usate a sproposito per stilare fantasiose classifiche di grandezza.
In realtà... l'unico Grande, in assoluto, è Dio... ed il valore del Maestro è tale soltanto nella misura in cui Lui aiuta i suoi discepoli a vedere la Grandezza Assoluta, e ad avvicinarsi ad Essa. 
Per conseguenza, ad essere fondamentale non è l'appellativo del Maestro, quanto invece il ruolo che Lui riveste nella vita interiore dei suoi discepoli... e qualsiasi fedele, di qualsiasi religione, può dire di averlo effettivamente trovato solamente se ha trovato in Lui la guida che lo aiuta per davvero a crescere nella capacità di amare Dio ed il prossimo.

Recentemente, nel corso di un mio viaggio letterario nei territori dell'Islam, ho incontrato una definizione di Maestro che è usata anche in ambito cristiano e che mi piace molto, perché la trovo particolarmente adatta a non far perdere di vista il giusto ruolo del Maestro spirituale.
Si tratta del termine “bab”, che in arabo significa “porta”, e che è il modo in cui in passato veniva salutato un “ulema”, cioè un grande sapiente dello spirito che conduceva i suoi discepoli ad addentrarsi nei misteri di Dio.
Il concetto della porta è particolarmente adatto a descrivere il ruolo del Maestro dello spirito perché implicitamente mette in luce anche uno dei pericoli più grandi ai quali sono esposti tanti credenti, che sono convinti di aver trovato la loro strada religiosa ma poi, purtroppo per loro, beandosi nella convinzione di essere sulla strada giusta si dimenticano di percorrerla.
Ahimè, troppi dimenticano che il Maestro è sempre ed innanzitutto una porta da attraversare!
Pertanto, anche quel fedele che trovasse la porta più giusta e più bella del mondo, ma poi omettesse il passo successivo di bussare... e poi di entrarvi... finirebbe con lo sprecare la grande opportunità concessagli, e rimarrebbe clamorosamente fermo al punto di partenza.
Infatti, nel Vangelo di Giovanni è assai eloquente il passaggio in cui Gesù usa questo termine per designare il suo ruolo di Maestro divino : "Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo" (Gv 10,9).

Va anche detto che proprio il dinamismo di entrare e uscire risulta ostico a quegli amanti del "quieto vivere" che preferirebbero un tipo di porta che li facesse entrare una volta per tutte, per poi chiudersi definitivamente alle loro spalle, facendoli sentire spiritualmente a posto.
Invece... parafrasando l'evangelista Giovanni... l'interiorità "troverà pascolo" se "entrerà e uscirà", ovvero se continuerà a mantenere attiva la sua vita spirituale, altrimenti, scontato a dirsi, una bella porta inutilizzata non serve a nulla di più degli infiniti ed invalicabili muri che già esistono nel pianeta religioso.

Per quanto poi riguarda specificamente la mia personale storia religiosa, prima di incontrare Swami Roberto io avevo idealizzato alcune "porte" che si erano succedute e talvolta anche sommate l'una all'altra, ma di fatto si trattava di aperture che per me erano rimaste come cristallizzate nelle pagine dei libri di religione e filosofia che me le avevano fatte conoscere e, dal momento che vivevo una spiritualità da auto-didatta in cui mi conveniva fare il maestro di me stesso, si trattava di porte di riferimento che non incidevano minimamente sulla mia interiorità.

Invece, tutto per me è cambiato quando ho trovato la mia Porta vivente, il Maestro in carne ed ossa, l'unica apertura che ha permesso alla mia interiorità di passarci veramente attraverso, portando così la mia anima a fare esperienza di Dio.
Soltanto nel momento in cui ho cominciato a varcare questo divino Passaggio, è accaduto per me che il Cristo... da ingiallito che era tra le pagine del vangelo della mia libreria... è tornato ad incarnare in Sè tutti i colori dell'arcobaleno, ed io oggi Lo riconosco più brillante che mai ad illuminare ogni giorno della mia vita.





SUONO UNICO ED INCONFONDIBILE

La Bibbia... dal greco tà Biblìa, “i libri”: quanti pensieri, ricordi, sensazioni contrastanti provoca questa parola.
Durante la prima parte della mia vita ho avuto con le Sacre Scritture un rapporto sostanzialmente “tiepido”, soprattutto da quando è cominciato a scemare quell'entusiasmo giovanile che era stato favorito dall'educazione religiosa ricevuta prima in famiglia, e poi anche in parrocchia.

Le informazioni bibliche che ricevetti negli anni spensierati dell'infanzia avevano stimolato molto la mia immaginazione di fanciullo: Abramo ed Isacco... Giuseppe e i suoi fratelli... Mosè... e poi Gesù, la figura straordinaria del Figlio di Dio, i suoi miracoli e le parabole così calde, affascinanti, colme di significato e di bellezza...
Nel periodo dell'adolescenza tutto questo calore si raffreddò molto: quando incontrai le prime difficoltà della vita vera, l'atmosfera incantata di quei racconti svanì rapidamente, perché la realtà concreta mi si mostrava ben lontana da quei messaggi e da quei valori, che quindi mi sembravano inapplicabili.
Ascoltavo le Letture Sacre della Messa domenicale e le omelie dei sacerdoti come delle enunciazioni astratte, sempre più estranee alla mia quotidianità... e questa distanza mi portò a mettere la Bibbia “in naftalina”, perché mi sembrava che i suoi contenuti appartenessero ad un mondo remoto che non avrebbe potuto esistere più.
Neanche i frequenti incontri di catechesi che accompagnarono la mia formazione cattolica riuscivano ad attualizzarli, tant'è vero che la mia pratica religiosa divenne una formalità, e la “Parola di Dio” diventò per me come un “conoscente” emigrato in un paese lontano, con il quale intrattenevo rapporti saltuari... soltanto quando ne sentivo la necessità... ed in maniera indipendente, perché le spiegazioni dei vari intermediari che fino ad allora avevo conosciuto mi avevano lasciato irrimediabilmente indifferente.
Oltretutto, nel periodo in cui frequentavo le scuole superiori si sommarono alcuni episodi che accelerarono di molto questo processo di disaffezione, perché incontrai numerose persone... cattoliche, evangeliche, testimoni di Geova... che utilizzavano la Bibbia come una specie di oggetto contundente da scagliare contro tutti quelli che non volevano convertirsi al loro modo di interpretarla.
Ai miei occhi la “Parola di Dio” era così diventata un'arma in mano agli esagitati e agli intolleranti, per cui me ne uscii da queste assurde contese e mi ritagliai un percorso tutto mio nel quale di tanto in tanto leggevo dei passi della Bibbia cristiana, che per par condicio alternavo alla lettura dei Testi Sacri delle altre tradizioni religiose.

Come vi ho già raccontato in questo mio diario (Vedi: "Il mio incontro con Swami"), la più inattesa e dirompente delle rivoluzioni giunse nella mia vita quando incontrai il pensiero spirituale di Swami Roberto, con il conseguente sbocciare della mia vocazione religiosa. Però, quello che non ho ancora avuto modo di raccontarvi è l'evolversi di questo mio personale rapporto con la Bibbia che, nel corso degli anni, è cambiato molto fino a giungere alla sua veste attuale.
La mia inversione di rotta è coincisa con il momento in cui ho cominciato a leggere le pubblicazioni della Chiesa Anima Universale di cui ero entrato in possesso.
Siccome in quei libri si faceva spesso cenno a passi del Vangelo o dell'Antico Testamento e si nominavano anche i Testi sacri delle altre tradizioni religiose, cominciai un po' alla volta a rispolverare i miei ricordi, e l'argomento “Bibbia e affini” tornò a rivestire una sua importanza nella mia vita.
Però, il mio interesse primario non era costituito dalla Parola scritta nelle infinite pagine di quei grandi volumi che ripresi a consultare più di frequente...
Ciò che fece veramente la differenza fu l'impatto con la Parola viva, quella che... quando iniziai a partecipare al darshan del mio Maestro... sentii uscire dalla sua bocca e vibrare con tale forza da scuotere anche le corde più profonde della mia anima.
Il modo originalissimo con il quale Swami Roberto parlava dei Testi Sacri mi colpì molto.
Fino ad allora avevo ascoltato un gran numero di "interpreti" religiosi di vario ordine e grado, che estrapolavano dalla Bibbia dei brani per poi esprimere una loro interpretazione di significato...
Invece, di fronte al Maestro feci esperienza di un fatto completamente nuovo e sorprendente: fui rapito dall'inspiegabile autorità con la quale Lui pronunciò autonomamente il suo insegnamento spirituale, del quale i brani evangelici diventavano il naturale corollario.
Ora... nella mia infarinatura religiosa cristiana avevo sentito parlare molto del “Verbo che si fa carne”, e molto avevo anche letto di questo concetto dell'incarnazione del Logos divino che il prologo del vangelo di Giovanni mi aveva reso familiare... ma nei fatti della mia vita quella Voce era rimasta sempre muta.
Ebbene... durante i miei primi darshan di Swami Roberto il Verbo divino lo sentii... eccome se lo sentii... ed aveva un Suono inconfondibilmente unico!

L'immediata conseguenza fu che il mio universo interiore fu investito da un vento così impetuoso che in poco tempo sradicò tutti i baluardi sui quali si era costruita la personalità dell'uomo vecchio che ero stato, e preparò il terreno su cui finalmente potevo gettare le prime fondamenta dell'uomo nuovo che poi, nel corso degli anni, esperienza dopo esperienza, mi apprestavo a diventare.
A partire da allora, il Verbo divino ha assunto per me una forma visibile e addirittura quotidiana: dalla bocca del mio Maestro esce la Parola di Dio che mi inonda del Suo Amore e della Luce dell'Eterna Sapienza.

Per esperienza diretta, oggi posso dire che il Verbo di Dio è per me inconfondibile: Lo ascolto vibrare nella Voce del mio Maestro e Lo riconosco perché ha in Sé stesso la Verità del “così è”... mostrandomi una peculiarità che lo differenzia in modo abissale da tutte quelle forme di “verità” che sono affermate come tali perché dette da qualcuno ritenuto religiosamente autorevole, o perché scritte in un Testo Sacro (che magari è "canonico" per una Chiesa e "apocrifo" per un'altra).
Ben lungi da tutto questo, la Parola divina di Swami Roberto non ha bisogno di nessun'altra autorità se non di quella che proviene da Sé stessa, ed io La sento toccare in profondità il mio spirito superando ogni barriera... oltrepassando la coltre di maschere e “detriti” vari con i quali di norma cerco di coprire le mie “nudità interiori”... e colpendomi proprio là, nelle mie “corde” più intime, senza lasciare scampo ad ignoranza e giustificazioni... ma non solo...
Oltre ad essere un poderoso enzima spirituale che mi permette di maturare nel mio percorso interiore rischiarando i cieli della mia mente, di riflesso la Parola del Maestro
va anche a toccare le pagine della Bibbia che in varie circostanze mi ritrovo a leggere, facendo sì che il Testo Sacro si rianimi e torni a vivere, mostrandomi anche dei nuovi “passaggi segreti” che la lettura teologica cristiana tradizionale aveva lasciato inesorabilmente nascosti ai miei occhi.
Così... il Verbo di Dio che si è fatto carne riempie con pienezza ogni giorno della mia vita.


PAROLA DIVINA

“Penso che non si tratti di credere alle parole del Cristo perché il Cristo è il figlio di Dio, quanto di comprendere che egli è il figlio di Dio perché la sua parola è divina e infinitamente più alta di tutto ciò che l'arte e la saggezza degli uomini possono proporci.
Signore, non perché mi sia stato detto che tu eri il figlio di Dio ascolto la tua parola; ma la tua parola è bella al di sopra di ogni parola umana, e da questo io riconosco che sei il figlio di Dio”
.

Mentre leggevo questo pensiero* dello scrittore francese André Gide, Nobel per la letteratura nel 1947, mi è tornato in mente un momento ben preciso della mia vita:
Quello in cui, non appena incontrai Swami Roberto, la sua Parola divina cominciò a toccarmi “dentro”... ed io finalmente iniziai a credere, ma per davvero, in Cristo.

* (tratto dall'opera Numquid et tu?)




LUCE PROPRIA

Ripensavo oggi a due “città” divine:  
“Brahmapura”, descritta nella Bhagavad Gita (15,6) come la città che “né sole, né luna, né fuoco illumina”
e la “Gerusalemme Celeste”, che l'autore dell'Apocalisse (Ap 21,23), descrive come la città che “non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina” .

Da Oriente ad Occidente, il “luogo” divino è quello in cui la Luce non proviene dal sole, o dalla luna, o dal fuoco... perché ciò che è Divino brilla di Luce propria.

Questa è la Luce che io ho trovato soltanto nel mio Maestro... Splendente di gloria.




COME SE MANI INVISIBILI LO RIPORTASSERO AL SICURO...

Il mio odierno passaggio nella biblioteca del monastero mi ha riservato un imprevisto quando, prendendo un vecchio volume da uno scaffale, ho “sfilato” inavvertitamente anche un raccoglitore che vi era appoggiato e che, cadendo, si è aperto facendomi vedere il contenuto.
Si trattava di una raccolta di copie dei manoscritti del professor Pietro Zeglio (nella foto a sinistra insieme a Swami), ovvero del medico che per anni seguì minuziosamente, con gli “occhi” della scienza, il “caso” del giovane Roberto... dichiarando tra l'altro ai mass media: “Ho assistito a fenomeni che, come medico, non posso che definire eccezionali”... “ho potuto constatare come i limiti entro i quali la scienza è costretta ad agire, per propria insufficienza, sono spesso superati dall’intervento di Roberto”.
Prendendo in mano il raccoglitore per rimetterlo al suo posto, tra i numerosi fascicoli scritti dal Professore di suo pugno ho visto un foglio che inizia con queste parole:
« La transverberazione di Roberto – venerdì 17.4.81 – Chiesetta di Sassi – ore 22.30 circa ».
Poi, il resoconto del Professore continua cosi':
« Roberto, in poltroncina, recita il rosario doloroso durante il quale si avverte una progressiva lentezza nell'espressione verbale.
Poi Roberto si alza e si porta all'altare: apre di colpo il grosso libro della Bibbia e “trova” a caso il “passo della morte di Gesù” con l'urlo finale, che viene letto da Roberto, il quale si riporta poi sulla poltroncina.
Resta in meditazione apparente, poi si alza, davanti alla poltroncina, affiancato da vicino da parte di P1 e (don) Albertino, pur essi in piedi.
Roberto alza il capo fissando a metà altezza e incomincia ad oscillare con tutto il corpo in ogni direzione, superando i limiti di sicurezza, e ritornando ogni volta in equilibrio come se mani invisibili lo afferrassero e lo riportassero al sicuro.

Il professor Pietro Zeglio (di schiena)
mentre controlla le condizioni del giovane Roberto
durante uno dei fenomeni da lui studiati per anni.
Un testimone oculare di una di quelle indefinibili "situazioni"
racconta:  "Io e altri abbiamo visto Roberto staccarsi da terra
e levitare per ben 20-30 cm., e il Prof. Zeglio che con la mano
sinistra cercava di trattenerlo, fu grande lo stupore !" (Antonio F.)




Poi Roberto si siede, sempre con lo sguardo fisso davanti, verso il tabernacolo, con un'espressione dapprima di forte dolore sul costato sinistro (mantello aperto sul davanti e mano destra appoggiata sulla parte dolente) poi con un sorriso di intensa gioia. Il tutto è durato ½ ora circa. »
(Professor Pietro Zeglio)









IO LO VIDI
SOLLEVATO DA TERRA


Rocco L. mi ha raccontato questa sua sconvolgente esperienza risalente agli anni nei quali il Prof. Pietro Zeglio – libero docente di Medicina e igiene del lavoro all’Università di Torino (1911-1993) – studiava Swami Roberto.

“Ad un certo punto Roberto... ed io ero proprio vicino... entrò in estasi.
Io lo vidi sollevato da terra di una ventina di centimetri...

Ecco come accadde: Roberto era in ginocchio e il mantello lo copriva completamente, quindi non si poteva vedere se era o non era sollevato da terra, ma il prof. Zeglio – il medico che seguiva Roberto – , quando capì che era in estasi, passò la mano sotto il mantello facendo vedere che c’era vuoto!
Che c’era spazio fra le ginocchia di Roberto e il pavimento sotto. 

Quindi... già lì rimanemmo attoniti!
Non capivamo cosa succedeva... 

Io non avevo mai visto un’estasi...
Durò... minuti, parecchi minuti... diciamo così... cinque minuti... se posso definirlo come tempo, cinque minuti, dieci minuti...
Allora, cosa successe? Ci fu un silenzio enorme. 

C’era sempre il professor Zeglio che per capire se Roberto era in estasi, prima iniziò – come dicevo prima – a passare la mano sotto le ginocchia per verificare che era sollevato da terra e poi con un accendino... prese un accendino e Roberto aveva le mani giunte...
Era in ginocchio con le mani giunte... e il prof. Zeglio, andò con l’accendino acceso a dargli fuoco alle mani... passava l’accendino...
E io quasi quasi ero tentato di andargli a dire: ma cosa sta facendo? Lo sta bruciando!
E invece il prof. Zeglio, continuò per un tempo che a me sembrava infinito, a bruciargli le mani...
Io mi immaginavo quell’accendino sulla mia mano e il tempo che passava... e mi dicevo : “Smettila, non bruciarlo più!”.
Invece Roberto non faceva nessun movimento, assolutamente nessun movimento! 

Aveva gli occhi rivolti verso il cielo.

Poi l’estasi finì. Roberto come se nulla fosse si alzò e continuò tutto com’era...
Però quei momenti furono intensissimi!”



PENSATECI SU

Quale straordinaria meraviglia è il pensiero, facoltà potentissima e bivalente che l'uomo può indirizzare verso le vette più alte dell'Amore, ma purtroppo anche verso i "burroni" della cattiveria e dell'odio.
Il pensiero è energia partorita dalla mente, che espande nei piani sottili vibrazioni di bene... oppure, purtroppo, anche di male.
Tuttavia, gran parte dell'umanità dimostra di non essere consapevole di questa potenzialità enorme.
Troppi si comportano come se i pensieri non producessero effetti, ignorando (o eludendo) la responsabilità connaturata a questa facoltà tipicamente umana.
Come sarebbe tutto diverso... se i pensieri odorassero!
Pensate se le preghiere ed i pensieri di amore profumassero... e quelli cattivi puzzassero orribilmente!
Non sarebbe più possibile nascondersi, falsità ed ipocrisia verrebbero clamorosamente smascherate!

Ecco... può sembrare che io stia descrivendo un fittizio mondo di fantasia, quando invece sto semplicemente parlando di una realtà sottile che esiste, e che per Dio è totalmente evidente.
Eppure, pensate: tanti si rapportano a Dio come se anche per Lui la dimensione dei pensieri fosse inaccessibile, e così si illudono di nascondergli qualcosa: pensano di "farla franca" credendo che Dio sia troppo indaffarato per accorgersi di loro.
Si esce dal vortice di questi umani paradossi, quando ci si ricorda che di fronte a Dio non esistono segreti e dunque quando ci si comporta di conseguenza... per esempio anche cercando di non rendersi responsabili del "fetore" emanato dai cattivi pensieri.

Personalmente, da quando sono diventato Ramia mi è molto più facile tenerlo a mente anche perché... in svariate situazioni vissute vicino a Swami Roberto... mi sono trovato a scoprire una sua particolare “dimensione”, legata alle energie sottili che aleggiano negli ambienti frequentati dalle persone.
Per esempio, mi è talvolta capitato di osservare Swami entrare in certi luoghi... nei quali l'ho visto avere delle “reazioni” ai miei occhi “strane” rispetto ai contesti in cui ci trovavamo.
“Strane”... finché non ho cominciato ad immaginare, almeno un pò, cosa possa voler dire per Lui contrastare le "perturbazioni" lasciate dai pensieri sbagliati di chi vi è transitato.

Pensandoci su... questa esperienza mi ha anche aiutato a capire il risvolto opposto della questione: grazie a Swami ho infatti "toccato con mano" la somma importanza di espandere nell'etere il "profumo" delle preghiere e dei pensieri di luce ed amore... ed ho potuto comprendere che proprio nel tenore dei propri pensieri risiede una delle prime responsabilità spirituali di ogni persona.



TRIDIMENSIONALITA'

Penso oggi alla carità... a quanto sia ormai difficile incontrarla nel mondo egoista e cinico in cui viviamo.
E poi... penso a come sia anche più difficile trovare delle persone che sono capaci di esprimerla compiutamente, liberando fino in fondo il suo potere divino.
Infatti... se mi passate il paragone... la carità è un po' come una realtà “tridimensionale”, che solitamente non viene però vissuta anche nel piano della sua "profondità".
Questo accade quando la si concepisce in “verticale” e in “orizzontale”... nel senso che si vive la carità con uno sguardo di fede rivolto "in alto" verso Dio, Fonte dell'amore da donare "in orizzontale" al prossimo... ma non si entra poi nella sua "terza dimensione"... che contempla la capacità di comprendere gli altri e dunque di aiutarli anche nel modo che tra tutti più conta: quello spirituale.
Ebbene sì... aiutare il prossimo sul piano spirituale è la forma più sublime e più potente di Carità... una vera e propria impresa “da Dio”.

Ecco... tra le tante cose che potrei dire a quanti mi chiedono di parlare loro di Swami Roberto, io oggi penso a come sia stato Lui a farmi vedere la carità come io non l'avevo mai conosciuta, ovvero nella sua realtà “tridimensionale”.
Infatti, in Swami ho trovato  non "solo" l'esempio di una vita vissuta all'insegna della generosità e della solidarietà concreta verso chi ha bisogno... ma ho anche incontrato l'incarnazione della Carità divina, che in ogni istante mi mostra cosa significa aiutare il prossimo là dove più conta... nello spirito.



EMOZIONI DA "PELLE D'OCA"

C'è un'espressione del linguaggio comune che si usa spesso, per designare una situazione intricata, di difficile soluzione:
“Questa storia è proprio un rebus... non so come venirne a capo”.
“Rebus” è una parola che richiama la difficoltà di cogliere un significato nascosto, difficilmente decifrabile... un “mistero” che solo l'intelligenza innestata dall'intuizione permette di svelare.
Mi si dirà che si tratta di un argomento per appassionati di enigmistica, ed in effetti sembra così.
Però... c'è anche dell'altro... ed io ve ne parlo perché il linguaggio dei rebus assomiglia molto al misterioso alfabeto di segni attraverso i quali Dio comunica con l'umanità.
Quando, da bambino, lessi per la prima volta le pagine dell'Antico Testamento, vi trovai numerosi episodi capaci di scuotere le "corde" della mia immaginazione di fanciullo.
Tra di essi, ricordo per esempio l'ispirazione del profeta Giuseppe, che dalla capacità di "vedere oltre" trasse la celebre predizione con cui annunciò al Faraone gli anni di prosperità e di carestia, risolvendo il “rebus” onirico delle vacche grasse e magre. Mi aveva colpito molto questa facoltà... e al contempo mi rammaricavo che dovesse restare rinchiusa in quelle bibliche pagine così lontane nel tempo...
Mai avrei potuto pensare che... a distanza di oltre trent'anni... la mia immaginazione di allora si sarebbe incontrata con la realtà del mio quotidiano.
Ciò accade ogniqualvolta Swami Roberto mi aiuta a vedere con chiarezza il linguaggio dei segni con cui l'ineffabile dimensione di Dio costantemente parla agli esseri umani.
E' incredibile la frequenza con cui Swami mi mostra “parole” enormi, posizionate proprio davanti al mio naso, che io non riuscivo proprio a scorgere... e ogni volta si rinnova in me un'emozione da “pelle d'oca”.
“Come ho fatto a non capirlo prima?”... questo è il mio pensiero ricorrente in quei momenti nei quali il linguaggio divino si rivela ai miei occhi, finalmente messi nella condizione di leggere le soluzioni dei “rebus” provvidenziali con cui Dio incessantemente mi parla... a volte anche con un silenzio o un sorriso.

Ho scattato una foto a Swami … ed è venuta  così :-)
...mi fa pensare che, grazie a Lui,
la mia vita spirituale ha cominciato a diventare un po' come una fune...
tesa verso la sua Meta.



PRODIGI... E MIRACOLI

Sin dalla nascita del senso religioso, l'essere umano si è trovato di fronte all'esperienza del Miracolo... l'evento che esorbita i limiti della natura e viene riconosciuto dal fedele come l'intervento di Dio nella sua vita.
Il Miracolo tradizionalmente incontra lo scetticismo della scienza che, gettando il suo sguardo sul fenomeno ritenuto soprannaturale, non può che leggerlo razionalmente con incredulità: per la scienza, la causa oggi non-conosciuta di un fenomeno rimane comunque conoscibile in futuro, ed in quest'ottica lo spazio del Miracolo si riduce fino ad annullarsi anche di fronte ai fatti più sensazionali.
Si può dimostrare scientificamente il Miracolo?
Evidentemente no... perché il Miracolo per definizione trascende il campo di azione della scienza.
Il ruolo delle scienze naturali non è quello di formulare un giudizio su cosa sia o non sia un Miracolo, quanto invece quello di segnalare quei fenomeni che superano le forze della natura, lasciando poi aperto l'ulteriore interrogativo: l'evento è prodigioso in se stesso, o soltanto a causa della limitata conoscenza che ne abbiamo?
Questo ragionamento - ciò che oggi è ignoto, potrebbe diventare noto in futuro - è la “gabbia” oltre la quale si spinge la Fede che, di fronte all'evento scientificamente inspiegabile, ha invece lo spazio per credere al Miracolo: non con la dabbenaggine dei credenti-creduloni desiderosi di vedere il Miracolo anche dove non c'è... ma con l'equilibrio dei credenti-responsabili, capaci di  leggere la realtà con gli occhi di una Fede matura, che non li obbliga a “spegnere” il cervello.
Questa maturità esiste non solo quando il fedele usa l'intelletto e coltiva il senso critico, ma anche quando non commette l'errore di concentrare la sua attenzione esclusivamente sull'aspetto fenomenico del miracolo.
Nella Fede autentica non può mai esservi dissociazione tra l'evento prodigioso ed il suo valore semiologico, ovvero il messaggio che Dio comunica al fedele attraverso quell'evento.
Il Miracolo è innanzitutto un Segno, ed è il suo contenuto che va posto in primo piano, per cui il fedele non credulone percepisce il fatto straordinario come miracoloso soprattutto in rapporto all'impulso che ne riceve ad instaurare un nuovo rapporto con Dio, e non esclusivamente in funzione della sua prodigiosità.
Anzi... può accadere che anche un fatto rientrante nell'ordine naturale delle cose si verifichi in circostanze tali (di modo e di tempo) che il fedele ha ragione di percepire come miracolose.
Sovente sta' proprio nei Piani della Volontà Divina che la comunicazione con il fedele avvenga su un piano non “troppo” clamoroso... più “vicino” alla normalità... per non invadere quella libertà individuale alla quale Dio non toglie mai lo spazio del non credere.
In ogni manifestazione divina, anche in quelle più eclatanti, c'è abbastanza Luce perché il credente riconosca il segno divino... ed abbastanza nascondimento per rispettare il libero arbitrio di chi non vuole credere.
In definitiva... il Prodigio divino esiste soltanto per quanti hanno “occhi ed orecchie” per riconoscere i Segni di Dio, ed il vero Miracolo lo vivono coloro che, per conseguenza, sono capaci di trasformare la propria interiorità.

Ebbene - A proposito di credere o di non voler credere... voi non potete credere quante volte mi son trovato in una situazione ricorrente durante i miei 15 anni di sacerdozio: di fronte alle guarigioni miracolose che i fedeli di Anima Universale testimoniano, spesso ricevo notizia di parenti o conoscenti della persona guarita che, quando sentono attribuire l'inspiegabile cambiamento dei quadri clinici all'intervento spirituale di Swami Roberto... ipotizzano diagnosi iniziali sbagliate, possibili malfunzionamenti della TAC... ecc. ecc. ecc.
Eh sì, tra le varie categorie di "increduli" bisogna inserire anche quelli che non sono disposti ad ammettere i  miracoli che si verificano fuori dalla chiesa "giusta"... proprio come suggeriva l'eloquente titolo di un bellissimo servizio su Swami Roberto realizzato dal giornalista A.Berlandis nel 1983.



IL DIVINO RIVELATORE

Tra i vari nemici che insidiano l'essere umano ci sono quelli che, rimanendo nascosti, riescono a fare indisturbati il male, senza che le loro vittime possano adottare le necessarie contromisure per difendersi.
Tra di essi, particolarmente temibile è l'ignoranza spirituale, un antagonista subdolo che si esalta quando porta le sue vittime ad ignorare la loro ignoranza... facendole così diventare degli insospettabili nemici di se stessi, ignari di essere in costante contraddizione con la natura spirituale del proprio Sé.
Quanti si trovano in queste condizioni non possono chiedere a Dio aiuto più grande della grazia di costringere i nemici dell'anima ad uscire allo scoperto, per poterli affrontare e vincere.
Questo mi accadde quel giorno di tanti anni fa in cui, a Leinì, partecipai per la seconda volta al Darshan di Swami Roberto: in Lui scoprii il Divino Rivelatore di tutto ciò che si nascondeva nella mia anima, compresi quei nemici invisibili di cui non sospettavo neanche lontanamente l'esistenza.


QUELLO CHE MI PIACEREBBE PROPRIO SAPERE... :-)

“La lettura di tutti i buoni libri è come una conversazione con gli uomini migliori dei secoli passati... Conversare con uomini d'altri secoli è quasi lo stesso che viaggiare". (René Descartes)

Questa frase avrei potuto scriverla anch'io visto tutti i "viaggi" nei libri che mi sono fatto.
Quello che invece mi piacerebbe proprio sapere ;-)... è con chi conversa Swami Roberto... visto che Lui sa quello che non è scritto nei libri. :-)




UN GIORNO...

Un giorno mi ero inginocchiato sul pavimento per cercare il classico ago che mi era appena sfuggito dalle mani... ed improvvisamente mi trovai Swami inginocchiato accanto a me.
Mentre ridevamo per la situazione (io) e per la sorpresa riuscita (Swami)... un mio confratello ha scattato questa foto.
La riguardo oggi e... oltre a farmi sorridere... mi fa pensare ad una delle “grandezze” del Maestro:
saper anche "scendere" al piano dei suoi discepoli, per aiutarli a trovare quello che stanno cercando :-)



SEGNI DIVINI

Tra la miriade di sfaccettature che formano la dimensione della fede, io oggi osservo quella suggerita da un versetto di Giovanni che, durante la mia odierna rilettura di questa pagina del Vangelo, mi è apparso come la "fotografia" di una mentalità assai comune.
L'evangelista scrive che “Gesù rispose loro – cioè alla gente che Lo stava cercando – mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato pani a sazietà” (Gv 6,26).
E' facile constatare come non sia affatto fuori moda questa umana inclinazione... di coltivare una “fede” nella quale l' “interesse” nei confronti delle manifestazioni soprannaturali è legato non al "vedere" il messaggio in esse custodito... quanto invece al beneficio che è possibile ricavarne per soddisfare i propri bisogni materiali.
Per sottolineare questo fondamentale aspetto della realtà, l'evangelista Giovanni descrive l'opera di Gesù parlando non di “miracoli”, ma di “segni” (in greco semeion), usando cioè un termine che custodisce in sé una verità teologica fondamentale:
Il segno è infatti tale perché riveste il ruolo di una sorta di “indice” puntato in un'altra direzione, nel senso che la sua ragione di essere non è il fatto miracoloso in sé... che pure è ovviamente importante... quanto invece il significato spirituale che vi è custodito, e che il fedele è chiamato a comprendere orientando la sua attenzione a ciò che Dio vuole comunicargli.

Per non far parte dei destinatari della denuncia che il Cristo rivolge a quanti Lo cercano solo perché hanno “mangiato pani a sazietà” e aspirano unicamente a poterne mangiare ancora, e poi ancora... è dunque necessario saper compiere un fondamentale passaggio interiore:
Quello da una fede inizialmente legata al segno divino che ha contribuito ad attivarla...
ad una fede che è invece capace di andare oltre il beneficio materiale ricevuto, recependo il messaggio custodito nel segno stesso e quindi ricevendo anche il beneficio che più conta: quello spirituale.

Ebbene... questo brano del Vangelo mi fa oggi venire in mente alcune persone incontrate durante la mia vita religiosa nel monastero di Leinì, le quali... dopo aver conosciuto Swami Roberto ed essersi "saziate" con le grazie ricevute nelle loro vite, o nelle vite dei loro familiari... sono poi rimaste "sorde" al divino "linguaggio dei segni"

Allo stesso tempo, mi vengono però in mente anche molte altre persone che hanno invece saputo comprendere questo linguaggio, ed hanno così potuto costruire, nelle loro vite, l'evangelica fede "sulla roccia".
Sono proprio queste le persone che costituiscono le "pietre viventi" della mia Chiesa, Anima Universale, che è il "Segno divino" della mia vita.






AhAhAhL'EROE DELLA MIA INFANZIA

Come molti di voi già sapranno, pur essendo ormai leinicese di adozione sono cresciuto ed ho vissuto per tanti anni a Monteviale, un paesello di tradizione contadina adagiato su un colle a ridosso di Vicenza, nel quale ho avuto la fortuna di trascorrere la mia infanzia all'aria aperta, esplorando a più non posso i prati e i boschi della zona circostante il mio paese.
Così, una gran quantità di animali... domestici e non... ha sempre recitato un ruolo da protagonista nei miei pomeriggi post-scolastici, in un periodo in cui il mio "eroe" era Francesco di Assisi, il Santo che parlava con il lupo e predicava agli uccellini.
Noi bambini sentivamo Francesco tanto vicino, perché la sua storia ci insegnava ad amare le caprette, i cani... ed anche i ghiri e gli scoiattoli che incontravamo sui sentieri boschivi.
Tra tutti questi animali, io avevo una predilezione per i gatti, che occupavano un posto privilegiato nel mio cuore di bambino e continuano ad occuparlo anche oggi, che mi trovo a condividere la mia quotidianità con una tenera famigliola felina.

martin-pescatoreQuando incontro questi piccoli amici, mi imbatto puntualmente in un campionario di espressioni a dir poco sorprendenti: lo sguardo eloquente di chi ha qualcosa da farsi perdonare... gli occhi imploranti una razione supplementare di coccole... il fare baldanzoso di chi esibisce un trofeo di caccia... la contentezza di chi va "a fare la pappa" con le movenze scaltre di un giovinetto birichino.
Ma "il loro meglio" tutti lo danno quando si trovano vicini a Swami Roberto, al punto che in qualcuno di quei momenti si fa fatica a capire se sono gatti... o bambini.
Sovente vedo Swami stabilire con loro una comunicazione che inizialmente mi sembrava addirittura "innaturale", finantoché non ho capito che... invece... rientra "semplicemente" in un ordine diverso, a me sconosciuto, con il quale Swami si relaziona al regno animale.
Per fare soltanto un esempio tra i tanti, ho ancora davanti agli occhi quanto accadde il 16 giugno del 2001 quando... in coincidenza con la partenza dei Ramia per una missione umanitaria in India (in quell'occasione consegnammo 45 quintali di generi di prima necessità raccolti dalle famiglie di Anima Universale in favore dei terremotati), accadde un fatto che mi lasciò esterrefatto:
Un Martin Pescatore... (volatile rarissimo in Italia e "guarda caso" diffuso nella regione del Gujarat, in cui si stavano recando i miei confratelli Ramia)... d'improvviso sbucò dal cielo per posarsi sulle mani di Swami Roberto. Restò accovacciato come fosse in un nido, tutto il tempo necessario affinché ramia Osvaldo andasse a prendere la macchina fotografica e potesse scattare questa memorabile fotografia.

A distanza di tempo da questo e altri fatti analoghi, posso proprio dire che il mio incontro con Swami ha sortito anche l'effetto di stravolgere i canoni sui quali si basava il mio rapporto con i nostri fratelli animali, al punto che ora riesco a guardarli con occhi completamente diversi.
Ed oggi, in un giorno dedicato a loro (visto che San Francesco è il protettore degli animali), io ringrazio Swami di avermi mostrato tangibilmente cosa significa amare gli animali e dialogare con loro alla maniera divina, come il poverello di Assisi già aveva chiaramente insegnato.
Certo, spesso mi trovo a vivere il rammarico di non riuscire a riconoscere gran parte del linguaggio sottile con cui Swami si relaziona agli esseri che vivono nelle forme di vita più semplici... come per esempio anche le stesse piante... ma poi il mio animo gioisce quando riesco almeno a cogliere alcune delle reazioni più evidenti con cui gli alberi a volte gli rispondono, con fiori e profumi.



QUANDO ERO BAMBINO...

Quando ero bambino, come tutti i bambini, fantasticavo un mondo magico.
Mi immaginavo come Merlino.
Poi la realtà prese il sopravvento e ... addio fantasia. Oggi, incredibilmente, dall' "alto" della mia età adulta posso vivere nella realtà quella che era la mia fantasia di bambino: ho incontrato la magia... con Swami Roberto vedo accadere cose che soltanto nei film si possono vedere.

...Per esempio, anche questa foto è magica : l'ho vista colorarsi in maniera differente, con gli occhi più o meno aperti... o rivolti in direzioni diverse. D'altronde... Swami ha "dimestichezza" con la luce :-)



UNA PAGINA CHE VIVE: CASERIN

Sulle "ali" della preghiera celebrata questa mattina nel Tempio, l'angelo Rafael continua a "volare" nei miei pensieri e li conduce verso il Libro di Tobia, che racconta il suo "ingresso" nell'Antico Testamento.
Si tratta di pagine bibliche riccamente intessute di simboli legati ai nomi dei protagonisti, il primo dei quali, il padre Tobi [dalla radice ebraica tôb, che significa “bello” e “buono”, e qui sta per “Jhwh (Yahweh) è buono”] è l'oggetto dell'azione della Provvidenza divina, che mette alla prova i buoni ma poi risponde alle loro preghiere donando nuove opportunità di felicità.
Poi c'è il demone asmodeo... (il cui nome significa “colui che fa perire”, e rappresenta il demone della distruzione, dell'ira, della discordia e della vendetta)... che è sconfitto dall'intervento del protagonista dell'intero libro, l'inviato di Dio, che prima si presenta in incognito con il nome Azaria, che significa “Il Signore aiuta”, e poi... alla fine del racconto... si rivela essere l'angelo Rafael... dalla radice ebraica rafa, che significa “guarire”... per cui il nome Rafa-el significa “Dio guarisce”. Infatti è lui che, per conto di Dio, è il portatore della guarigione della cecità di Tobi, che così "riavrà la vista e vedrà la luce" (Tob.11,8).
Questo miracolo avviene "di fronte a Ninive" (Tob.11,1), in Mesopotamia, "nei pressi di" una località che... pur trovandosi nel cuore di un racconto biblico che mette particolarmente in risalto il significato dei nomi... ha un nome che non si capisce bene da dove salti fuori:
Scritto in svariate forme nelle differenti edizioni bibliche... CASERIN, KASERIN, KASRI e altre ancora... sembra trattarsi del nome di una città "fantasma" che gli studiosi non riescono ad identificare.

Un giorno... pensando al fatto che Ninive si trova in una regione all'interno dell'area di espansione della famiglia linguistica indo-iranica, alla quale appartiene il sanscrito, e considerando che numerose parole bibliche hanno una radice che trae origine proprio da questa lingua... un po' per gioco, e con l'angelo Rafael che volteggiava nei miei pensieri... ho assecondato l'idea che l'autore biblico non volesse indicare il nome di una città, bensì qualcos'altro.
Così, togliendo da Kaserin/Caserin le vocali, sono giunto alla radice sanscrita Ksr (che, guarda caso, "suona" come Csr, che è l'inizio del codice fiscaledi Swami Roberto Casarin ) ... contenuta nella parola ksira (che significa "latte")... che diventa poi KSIRIN  (che contiene latte") in una forma "assonante" con l'espressione biblica che detta le "coordinate" dell'evento miracoloso.
La questione si è fatta poi ulteriormente interessante nel momento in cui mi sono ricordato che nel cristianesimo il latte è il simbolo del nutrimento spirituale della Parola di Dio:
Pensando infatti al significato metaforico della vicenda di Tobi, e leggendo la sua "cecità" come "l'ignoranza spirituale" guarita dalla Luce Divina... anche Kaserin/Caserin ha acquistato per me un senso quale luogo pieno del "latte" della Parola di Dio, nel quale avviene il miracolo della "consapevolezza riconquistata" o... in altre parole... del "terzo occhio"che si apre.

Ecco... come non di rado mi capita quando mi accosto al Testo biblico... le pagine del Libro di Tobia mi proiettano verso la realtà concreta della mia vita spirituale, trascorsa "all'ascolto" di "un" Casarin che da tanti anni è il KSIRIN che mi "allatta" con la Parola di Dio, guarendo la mia cecità interiore.
Ebbene sì... oggi riconosco Azaria (il Signore aiuta)-Rafael (Dio guarisce)... vivo più che mai "nei pressi" di Swami, il KSIRIN della mia vita.



SUO CONTEMPORANEO

« Signore Gesù, ci sia concesso di diventare tuoi contemporanei, di vederti come e dove sei passato sulla terra e non nella deformazione di un vuoto e pallido ricordo ».*
Il celebre filosofo danese S.Kierkegaard parla qui del credente cristiano come di colui che deve saper vivere la propria fede al punto da farsi “contemporaneo” di Gesù... cioè come se appartenesse alla generazione di coloro che hanno condiviso il tempo dell'incarnazione terrena del Verbo divino.

Per lunghi anni del mio lontano passato, io avrei potuto intendere questa preghiera soltanto come un'utopia.

Invece... l'incontro con Swami Roberto ha fatto sì che questa realtà si compisse nella mia vita.
* P.S. - Tratto dal libro "Scuola di Cristianesimo", di S.Kierkegaard,



NEGLI OCCHI DI SWAMI...

Il poeta William Blake scriveva: "Vedere il mondo in un granello di sabbia, il firmamento in un fiore di campo, l'infinito nel cavo della mano e l'eternità in un'ora".
E io aggiungo: … e vedere Dio negli occhi di Swami, in ogni secondo della mia vita.





IL SOPRANNATURALE... "COLTO SUL FATTO"

La trascendenza di Dio e il mondo di quaggiù sarebbero rimaste per me due dimensioni distanti, se in Swami non avessi “colto sul fatto” il Soprannaturale in azione, e il Divino Amore personificato.
E' guardando a Lui che vedo l'orizzonte dell'Oltre, che fa incontrare il “Cielo” e la “terra” della mia vita.


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